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IN EVIDENZA

  • Si barrica in casa dopo avere accoltellato moglie e figli, il bimbo è in gravi condizioni

    L’uomo, che ha accoltellato moglie e figli, li ha fatti uscire di casa dopo averli aggrediti. Il più piccolo, un bambino di sette anni, è stato trasferito in gravi condizioni all’ospedale di Palermo. Uomo si barrica in casa con moglie e figli – Nanopress.itLa moglie è ricoverata all’ospedale di Sciacca. La donna non è in pericolo di vita. Si barrica in casa dopo avere accoltellato moglie e figliUn uomo di 35 anni di Cianciana, Agrigento, ha aggredito con un coltello la moglie e i due figli, il più piccolo dei quali è ricoverato in gravi condizioni all’ospedale dei bambini di Palermo. L’uomo, di professione meccanico, si è barricato all’interno della sua abitazione dopo averli fatti uscire da casa. La tragedia è avvenuta in un appartamento di via Puccini.Il piccolo, un bambino di 7 anni, è stato raggiunto da alcuni fendenti all’addome. La moglie, anche lei rimasta ferita, è stata ricoverata nell’ospedale di Sciacca. La donna non è in pericolo di vita. All’aggressione non è riuscita a sfuggire neppure l’altra figlia della coppia, ricoverata all’ospedale di Palermo.Sul posto sono giunti i carabinieri e i vigili del fuoco per convincere l’uomo a non compiere altri gesti folli. LEGGI TUTTO

  • Sì a guerra e atomica per l’86% dei russi. Ecco il Paese di Putin

    Sei russi su sette (l’86,6% del campione intervistato) sostengono in principio un’eventuale aggressione militare di Mosca a Paesi dell’Unione Europea. Non solo: i tre quarti degli intervistati non sono contrari nemmeno all’impiego da parte della Russia di armi nucleari. Lo rivela un sondaggio pubblicato da Active Group, un gruppo di ricerca ucraino. Il campione è stato consultato tenendo conto delle leggi restrittive russe che obbligano a usare la dicitura «operazione speciale» al posto di «guerra» e a definire «nazisti» le forze militari difensive ucraine.«L’impressione generale che abbiamo ricavato dall’indagine spiega Andriy Eremenko, che ha fondato Active Group nel 2011 è che i russi che hanno accettato di rispondere alle nostre domande dimostrino aggressività non solo verso l’Ucraina, ma anche nei confronti dell’Ue». I tre quarti del campione approverebbero l’eventuale estensione dell’attuale «operazione speciale in Ucraina» a ulteriori Paesi, e indicano nella Polonia il bersaglio preferito. L’idea di recuperare con la forza l’impero sovietico perduto nel 1991 con la fine dell’Urss sembra sorridere alla maggioranza dei russi: oltre alla Polonia (indicata dal 75,5% degli intervistati), essi vorrebbero vedere i loro soldati nella veste di invasori e occupanti nelle tre Repubbliche baltiche (41%), in Bulgaria, Romania, Ungheria e nella ex Cecoslovacchia (39,6%). Ma anche la Georgia (32,4%) e la Moldavia (28,8%) dovrebbero «tornare alla madrepatria», mentre meno del 5% si azzarda ad approvare un attacco anche a Paesi dell’Europa occidentale. La gran parte dei russi, dunque, pensa che i Paesi dell’Europa orientale che hanno scelto ormai 30 anni fa di sfuggire al dominio russo e di far parte della comunità occidentale si trovino in una specie di libertà vigilata, e che sarebbe pieno diritto della Russia rimetterli a forza sotto il proprio tallone. Solo il 17,6% del campione ha preferito non rispondere alle domande sull’estensione della «influenza militare russa» all’estero, e un insignificante 1,4% ha risposto che la Russia non dovrebbe espandersi: assai meno comunque di quanti sostengono l’opportunità di aggredire gli stessi Stati Uniti (4,6%), mentre c’è perfino un nocciolo duro di guerrafondai assoluti che asseconderebbe un tentativo di Putin di mettere sotto controllo il mondo intero (12,5%). Un secolo di ossessiva propaganda anti occidentale fatto salvo l’intervallo degli anni Novanta ha lasciato segni indelebili nell’opinione pubblica russa, anche se bisogna ricordare che Putin soffoca la libera informazione e inculca un’ideologia nazional-imperiale che ha ormai perfino riabilitato la sanguinaria figura di Stalin, presentato anche nelle scuole come artefice della grandezza nazionale. Senza poi dimenticare l’esistenza, soprattutto tra i giovani e i residenti nelle grandi città, di una coraggiosa minoranza chiaramente ostile al regime ma messa in condizione di non «disturbare il Manovratore» (vedi il destino di Aleksei Navalny). Ma l’aspetto più impressionante riguarda l’accettazione dell’arma nucleare per aggredire i Paesi vicini «se Putin avesse informazioni sul loro possibile uso contro la Russia»: dal 40,3% arriva un sì incondizionato, dal 34,3% una disponibilità parziale e solo dal 25,4% un no secco. Siamo ridotti a sperare che i vertici del regime siano più responsabili dei loro sudditi. LEGGI TUTTO

  • Caso Todde, Governo contro il ricorso della Sardegna sulla decadenza della governatrice

    Ascolta la versione audio dell’articolo1′ di letturaIl 28 febbraio la Regione Sardegna aveva ufficializzato il ricorso alla Corte costituzionale per conflitto di attribuzioni tra poteri dello Stato, in merito la decadenza della presidente Alessandra Todde per irregolarità nel rendiconto delle spese della campagna per il voto del febbraio 2024. La delibera era arrivata a seguito della mozione del Consiglio regionale che impegnava la governatrice a sollevare appunto il conflitto di attribuzioni con lo Stato.A un mese di distanza è arrivata la contromossa del Governo: il Consiglio dei ministri del 28 marzo, su proposta del ministro per gli affari regionali e le autonomie Roberto Calderoli, ha deliberato di resistere nel giudizio per conflitto di attribuzione proposto, ai sensi dell’articolo 134 della Costituzione, dalla regione Sardegna contro lo Stato e, per esso, il presidente del Consiglio dei ministri, il Collegio regionale di garanzia elettorale presso la Corte d’appello di Cagliari e il ministero della giustizia per l’annullamento dell’ordinanza-ingiunzione del 20 dicembre 2024, depositata in data 3 gennaio 2025, di decadenza di Todde.Loading…Intanto si dovrà attendere il 22 maggio per capire il destino della legislatura in Sardegna. Per quel giorno è stata fissata dal collegio della prima sezione civile del tribunale ordinario di Cagliari la data della prossima udienza sul ricorso presentato dai legali della governatrice contro l’ordinanza ingiunzione di decadenza emessa dal collegio di garanzia elettorale della Corte d’appello del capoluogo che ha portato anche a una sanzione a carico della presidente di 40mila euro. LEGGI TUTTO

  • M5S in piazza contro il riarmo, c’è la delegazione del Pd (senza Schlein)

    Ascolta la versione audio dell’articolo3′ di letturaI Cinque Stella portano in piazza il popolo anti-riarmo. Dalle 13 da Piazza Vittorio partirà il corteo con alla testa i giovani del Movimento, almeno 200, e si dirigerà verso i Fori Imperiali dove è stato allestito il palco. In arrivo – fanno sapere da Campo Marzio – oltre 100 pullman da tutta Italia, in 500 arriveranno in treno dal nord, altri in aereo dalla Sardegna e schiereranno le bandiere del Movimento ma anche quella della pace. In corteo con M5S ci sarà anche una delegazione del Pd. L’annuncio è arrivato alla vigilia dalla leader dem: ci sono convergenze e differenze nella visione tra i due partiti, ha detto Elly Schlein, ma «con il M5S governiamo in molte regioni e città, e quando un nostro alleato va in piazza al netto delle nostre differenze noi diamo attenzione ed ascolto, perché siamo testardamente unitari».I dem nella delegazioneNon ci sarà lei in prima persona ma in rappresentanza dei dem il capogruppo in Senato Francesco Boccia e il responsabile organizzazione Igor Taruffi e ancora Marco Furfaro, Annalisa Corrado, Antonio Misiani, Emiliano Fossi, Cecilia D’Elia, Cristina Tajani, Marco Sarracino, Susanna Camusso, Sandro Ruotolo. Nessuno, chiaramente, dell’area riformista. Non ci sarà Schlein ma l’adesione è comunque – fa sapere Conte a strettissimo giro dall’annuncio – una scelta apprezzata e che gli è stata anticipata in una telefonata dalla segretaria. Del resto se le posizioni in politica estera sono diversificate, almeno sul fronte economico, la convergenza sembra più alla portata. Data anche la consapevolezza, nei due partiti, della necessità di mostrarsi come alternativa in un momento di difficoltà del governo dopo la scure dei dazi trumpiani. «Questa destra – sottolinea Schlein – non è imbattibile e noi la battiamo non se li inseguiamo sul loro terreno, ma se li trasciniamo dove non vogliono stare: il terreno sociale, quello economico, su cui non stanno dando risposte. Faremo tutte le discussioni interne che dobbiamo fare – è il richiamo ai suoi – ma non perdiamo di vista l’obiettivo che è battere questa destra: abbiamo una responsabilità di continuare ad alimentare l’alternativa».Loading…Gli interventi dal palcoUn’alternativa della quale anche M5S vede un nucleo nella piazza «di popolo» che ha organizzato. «Domani mettiamo il primo grande mattone per un progetto di governo», sottolinea Conte al Tg1. Sul palco oltre a lui una trentina di interventi. Ci saranno i tre capigruppo M5S di Camera e Senato e al Parlamento Europeo e i vicepresidenti del partito e anche l’ex presidente della Camera Roberto Fico e la governatrice della Sardegna Alessandra Todde. Previsti gli interventi di Angelo Bonelli e Nicola Fratoianni e Maurizio Acerbo e dell’eurodeputato belga del Partito del Lavoro Marc Botenga. Oltre ai politici si alterneranno sul palco anche esponenti di altri mondi, ci sarà l’economista statunitense Jeffrey Sachs ma anche Marco Travaglio, il professor Alessandro Barbero, Tomaso Montanari e il divulgatore Mario Tozzi, Massimo Wertmüller, Barbara Spinelli e Saskia Terzani, figlia di Tiziano. Da capire se alla fine si farà vedere la TikToker Rita De Crescenzo che aveva fatto un appello alla partecipazione al corteo e salita agli onori delle cronache per l’’invasione’ della località sciistica di Roccaraso.Fronte comune sul fecreto sicurezzaIntanto il centrosinistra si ritrova insieme al presidio al Pantheon contro il nuovo decreto sicurezza. A fianco degli studenti ci sono esponenti di Pd, M5S, Avs e +Europa, non Iv e Azione. Nello stesso giorno della manifestazione pentastellata, però, +Europa sarà impegnata in banchetti per il referendum sulla cittadinanza mentre il giorno successivo, anche per cortesia istituzionale, ci saranno le piazza per l’Europa promosse dai sindaci di Bologna e Firenze. E poi, esaurite le piazze arriverà in Parlamento un banco di prova con le mozioni sul riarmo di M5S, Avs e Azione. LEGGI TUTTO

  • Il giorno dei dazi: ecco come Meloni si prepara a trattare con Trump

    Ascolta la versione audio dell’articolo4′ di letturaOramai è questione di ore. Il presidente Usa Donald Trump annuncerà i nuovi dazi alle 16 locali (le 22 in Italia) nel giardino delle rose alla Casa Bianca. La stretta sulle tariffe doganali sarà immediatamente operativa. L’Italia si prepara all’impatto. La prospettiva di una guerra commerciale tra Europa e Stati Uniti preoccupa, e non poco, il governo di Giorgia Meloni. La premier si prepara a trattare. L’invito a tutti i suoi interlocutori è sempre lo stesso: «Bisogna evitare di alimentare un’escalation di dazi contro dazi, perché tutti ne farebbero le spese». Il Made in Italy, dall’alimentare ai farmaci, è particolarmente esposto.La visita di J.D.Vance in Italia a Pasqua Un canale di dialogo con gli Stati Uniti potrebbe svilupparsi a metà mese. Il vicepresidente degli Stati Uniti, J.D. Vance, ha in programma una visita a Roma e ha chiesto un incontro con la presidente del Consiglio Giorgia Meloni. Secondo l’agenzia Bloomberg, l’ambasciata statunitense a Roma ha comunicato al Ministero degli Affari Esteri italiano i piani del vice di Trump. «I piani sono in evoluzione e potrebbero cambiare prima di essere finalizzati», ha detto un funzionario Usa. Il programma provvisorio prevede che Vance sia a Roma dal 18 al 20 aprile (nel ponte di Pasqua) e i diplomatici statunitensi hanno chiesto alle loro controparti italiane di coordinare un incontro con la Meloni. Al momento da Palazzo Chigi non arrivano indicazioni, ma gli uffici – secondo quanto si apprende – sono al lavoro per organizzare l’incontro. Nella maggioranza e all’interno dello stesso esecutivo, la speranza è che l’eventuale faccia a faccia tra Vance e Meloni produca risultati e conduca a una “exit strategy” non troppo dolorosa per le aziende italiane.Loading…Niente eccezioni da parte degli UsaLa speranza, coltivata a lungo ai piani alti del governo, che gli Usa potessero fare eccezioni si è infranta sulla realtà. Qualche speranza di esenzioni sul vino ancora resiste. «Magari Trump colpisce solo lo champagne…», prova a scherzare un meloniano, mal celando la consapevolezza diffusa nell’esecutivo che le tariffe saranno per tutti e pesanti. Una volta valutato l’effettivo impatto sull’economia, si potrà provare poi a cambiare lo scenario trattando con l’Amministrazione americana, è la convinzione di Meloni, puntando su dialogo e diplomazia. Non in modo bilaterale, come auspicava la Lega, ma in una cornice europea. In quest’ottica, due elementi vengono letti dai suoi fedelissimi come aperture di credito: il placet della commissione Ue alle modifiche sui Cpr in Albania e, prima ancora, l’intervista di sabato al Corriere della Sera, in cui von der Leyen ha riconosciuto alla premier «un ruolo molto importante a livello europeo», definendo «positivo» il fatto che abbia «un rapporto diretto» con Trump. Le ultime parole della leader tedesca, che ha preannunciato la dura risposta europea, sono invece andate di traverso a Matteo Salvini. «Aprire guerre commerciali con gli Usa – ha sottolineato – è una scelta infelice, non fa l’interesse di nessuno». L’altro vicepremier, Antonio Tajani, ha chiarito che «non dobbiamo piegare la testa, ma neanche essere antiamericani». E che «l’Italia non può fare da sé, è competenza Ue, i dazi li fa l’Europa». Fra FI e Lega, per quanto la tregua stia reggendo, è sempre gelo. Le tensioni degli ultimi mesi rischiano di lasciare cicatrici sul governo, dove si registra anche un crescente fastidio di Meloni sulle puntualizzazioni leghiste in materia di politica estera. Così in un momento decisamente delicato, l’orizzonte del governo sembra ridursi alla primavera 2026, secondo i ragionamenti sempre più insistenti che si fanno in maggioranza. Al di là delle rassicurazioni di Salvini («Arriveremo al 2027, si metta l’anima in pace chiunque»), e degli azzurri che fanno spallucce («Noi non creiamo alcun rischio»), la convinzione diffusa nella coalizione è che ci si debba far trovar pronti per le elezioni anche fra un anno. Con l’auspicio che un centrodestra ancora più forte in Parlamento possa anche gestire la successiva partita per l’elezione del Capo dello Stato, nel 2029.I dazi spaventano anche RegioniIntanto le Regioni esprimono preoccupazione per le ricadute che i dazi Usa avranno sui territori. A partire da quelle governate dalla Lega. Il presidente della Conferenza delle Regioni, Massimiliano Fedriga, si è detto «preoccupato» e ha sottolineato come sia «importante che a livello nazionale ed europeo si intavoli subito una negoziazione con l’amministrazione statunitense. I dazi non fanno bene all’Europa e non fanno bene agli Stati Uniti». Sulla stessa scia il presidente del Veneto, Luca Zaia, che ha parlato di «un giorno cruciale per l’economia mondiale. I dazi saranno il terzo cigno nero in cinque anni, dopo la pandemia e le guerre in Ucraina e Israele. L’Italia faccia valere il proprio rapporto privilegiato con gli Usa. Ho voluto approfondire i rischi che correrebbe l’economia veneta con i dazi americani, e i dati sono impressionanti: riguardo al vino, una bottiglia veneta su 5 vendute all’estero è acquistata da partner commerciali statunitensi. Si comprende facilmente quale effetto disastroso possano avere dei dazi del 20% sul fatturato delle aziende venete e italiane, perché l’export verso gli Usa vale al nostro Paese quasi 65 miliardi». Gli stessi timori sono stati espressi dal presidente della Provincia autonoma di Trento, Maurizio Fugatti, sempre in quota Lega: «I dazi preoccupano le nostre aziende esportatrici. In Trentino si sente molto il rischio di un effetto negativo. Serve una presa di coscienza a livello europeo». In Trentino i settori più a rischio sono l’agroalimentare e l’automotive. Gli Usa sono il secondo mercato estero, 12% del totale, con 620 milioni di euro di esportazioni nel 2023. Il presidente della Campania Vincenzo De Luca promette un’analisi «per capire quali sono i prodotti che possono avere il danno maggiore: sicuramente l’agroalimentare, le produzioni agricole, il settore farmaceutico, la moda». Il governatore della Toscana Eugenio Giani, con una regione che ha un export verso gli Usa superiore ai 9 miliardi di euro, ha stigmatizzato quelli che ha definito «gli sbagli che l’amministrazione Trump sta facendo nel cambiare l’opinione che a livello mondiale noi oggi abbiamo degli Usa». Il presidente della Regione Basilicata, Vito Bardi (Forza Italia) ha condiviso «la posizione del governo italiano, del vicepresidente Tajani e del Ppe: il protezionismo non è la risposta alla competizione globale. I dazi rischiano di danneggiare filiere strategiche per il nostro territorio senza produrre benefici reali per nessuno». LEGGI TUTTO

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