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L’Upb rivede al ribasso le previsioni di crescita del Pil per l’Italia: 0,7% nel 2024, 0,8% nel 2025 e 0,9% nel 2026
Ascolta la versione audio dell’articolo2′ di letturaL’economia che ristagna e l’aumento delle tensioni internazionali portano l’Upb, l’Ufficio parlamentare di bilancio, a rivedere al ribasso le previsioni per l’Italia rispetto alla validazione del quadro macroeconomico del PSB (ottobre 2024). Le valutazioni del Servizio analisi macroeconomica dell’Upb sono elaborate attraverso propri modelli e panel sia sulle tendenze globali che sui dati nazionali preliminari dell’ultimo trimestre 2024 e primo scorcio del 2025.In particolare, l’Upb aggiorna le previsioni sul Pil dell’Italia, la cui crescita si sarebbe attestata per il 2024 allo 0,7 per cento e poi si rafforzerebbe in misura modesta nel 2025 e nel 2026, rispettivamente allo 0,8 e 0,9 per cento. Il quadro macroeconomico dell’economia italiana si conferma soggetto a rischi, complessivamente orientati al ribasso.Loading…Previsioni di crescita lievemente inferiori rispetto a quelle di autunnoLe nuove previsioni sulla crescita dell’economia italiana sono lievemente inferiori a quelle realizzate in autunno, per la validazione del quadro macroeconomico del Piano strutturale di bilancio di medio termine. Mentre le revisioni per lo scorso anno riflettono il trascinamento statistico dei nuovi dati dell’Istat sul 2023, le revisioni sul 2025-26 sono prevalentemente ascrivibili al deterioramento delle proiezioni sugli scambi internazionali e all’aumento del prezzo del gas.Nel 2025 il Pil accelera: 0,8 per centoL’anno scorso il Pil sarebbe aumentato dello 0,7 per cento nei dati annuali (in diffusione il 3 marzo), oltre due decimi in più rispetto a quanto emerso dalle serie trimestrali già pubblicate dall’Istat. Per il 2025 si prevede una lieve accelerazione, allo 0,8 per cento, con l’attività economica che dovrebbe rafforzarsi gradualmente nel corso dei trimestri grazie soprattutto alle componenti interne della domanda. Nel 2026 la dinamica del Pil dovrebbe consolidarsi ancora marginalmente, allo 0,9 per cento, ipotizzando che non si acuiscano i conflitti e le guerre commerciali in corso, oltre alla prosecuzione della normalizzazione della politica monetaria. Le previsioni incorporano il profilo di spesa relativo ai programmi di investimento del Pnrr, che tuttavia potrebbero essere oggetto di revisione, con particolare riguardo alle tempistiche.Per quanto riguarda la variazione del deflatore del prodotto interno lordo (rilevante per la finanza pubblica in quanto concorre a determinare i valori nominali), si prevede una sostanziale stabilizzazione nell’orizzonte di previsione appena sopra al due per cento, pressoché in linea con le attese degli altri istituti. Nell’interpretare i confronti è importante considerare l’eterogeneità delle variabili esogene internazionali, in particolare di quelle energetiche alla luce della fiammata registrata a inizio anno, nonché delle stime sulla finanza pubblica e il trattamento statistico della variabile prevista (grezza o corretta per il calendario). LEGGI TUTTO
Lavoro, ecco la strategia di Schlein tra Jobs act, Cgil e tour di ascolto delle imprese
Ascolta la versione audio dell’articolo4′ di letturaNon solo quel che resta del renziano Jobs act, già fortemente ridimensionato negli anni dalla Corte costituzionale, con Elly Schlein che sostiene i quattro referendum abrogativi promossi dalla Cgil di Maurizio Landini e mezzo Pd contrario a partecipare a una campagna per cancellare una riforma allora votata da tutto il partito (Da Lorenzo Guerini a Graziano Delrio, dai liberal di Libertà Eguale Stefano Ceccanti, Enrico Morando e Giorgio Tonini alle ex capogruppo Debora Serracchiani e Simona Malpezzi, dall’unico rappresentante della minoranza in segreteria Alessandro Alfieri all’ex ministra Marianna Madia: già in molti hanno dichiarato che in primavera non ritireranno le schede sul Jobs act e voteranno solo sulla cittadinanza). Il nuovo fronte caldo del Pd sui temi economici e del lavoro si è aperto proprio in queste ore, con la discussione in Aula a Montecitorio della proposta di legge di iniziativa popolare per la partecipazione dei lavoratori al caitale d’impresa promossa dalla Cisl e dal suo leader in scadenza Luigi Sbarra (il suo mandato finisce il 12 febbraio) e fortemente osteggiata dalla Cgil di Landini in nome del benaltrismo.Il nuovo fronte dei riformisti dem: non possiamo votare contro la partecipazione dei lavoratoriIn assemblea del gruppo, in vista del voto previsto la prossima settimana, è ancora Guerini a dare battaglia: «La partecipazione dei lavoratori è un principio e un obiettivo importante che finalmente può trovare una prima affermazione grazie alla legge di iniziativa popolare proposta dalla Cisl che ho sottoscritto anche io alcuni mesi fa – è il Guerini pensiero – A onor del vero il testo uscito dalla commissione, come evidenziato dai membri del Pd, è stato significativamente modificato e annacquato rispetto alla proposta originaria. Ma non possiamo votare contro». Con Guerini, contro la tesi del voto contrario sostenuta da Arturo Scotto e Cecilia Guerra (entrambi provenienti da Articolo 1), si sono schierati tra gli altri l’ex sindaco di Bologna Virginio Merola, Anna Ascani, Simona Bonafé e Andrea De Maria. L’astensione potrebbe infine essere un compromesso, se Schlein vorrà evitare una spaccatura, ma il tema è comunque cartina di tornasole delle forti divisioni che attraversano il maggior partito d’opposizione, dal lavoro alla politica internazionale.Loading…Il j’accuse di minoranza e cattolici: troppo schiacciati sulla CgilUn Pd troppo schiacciato sulle posizioni “ultrasinistre” di Landini? Poco attento ai “penultimi” ossia alla classe media impoverita, come ha denunciato l’ex premier ed ex commissario Ue Paolo Gentiloni, che per il suo ritorno in campo ha scelto non a caso la platea orvietana dei riformisti di Libertà Eguale? E, soprattutto, un Pd poco attento alle ragioni del mondo produttivo del Nord? Sono queste le accuse della minoranza del Pd, e non solo: da Romano Prodi ai cattolici democratici riuniti il 18 gennaio scorso da Delrio a Milano, fino allo stesso Dario Franceschini che pure ha sostenuto Schlein nella sua corsa alle primarie contro Stefano Bonaccini, in molti mettono ormai in dubbio che con la proposta politica schleiniana si possano vincere le prossime elezioni.La strategia di Schlein della «riconnessione sentimentale»Dietro le scelte sul Jobs act e sulla Pdl per la partecipazione dei lavoratori al capitale d’imoresa c’è senz’altro, come ha spiegato il fedelissimo di Schlein in segreteria Marco Sarracino, la volontà di ricostituire l’asse storico con la Cgil allentatosi nella stagione renziana, quando il Pd guardava piuttosto alla Cisl: «Sui temi economici e sociali Schlein ha registrato non solo un avanzamento elettorale ma anche una riconnessione sentimentale con mondi che ci avevano abbandonato –. Nella stagione del Jobs act rompemmo non solo con il sindacato (e qui si intende appunto la Cgil, ndr) , ma anche con il mondo della scuola e con chi votò per il referendum sulle trivelle… Fu uno dei punti più bassi della storia politica».La risposta: un tour tra le imprese del Nord con Orlando (e Misiani)Riconnessione sentimentale con il sindacato rosso, dunque. Ma che ci sia bisogno di riconnettersi almeno in parte anche con chi il lavoro lo produce è esigenza ben presente alla segretaria “movimentista”. Che ha risposto a modo suo, ossia affidando già a fine anno la missione di fare una proposta di politica industriale al leader storico della sinistra dem ed ex ministro Andrea Orlando, appena dimessosi dal Parlamento per ricoprire la carica di consigliere regionale dopo essere stato battuto in Liguria dal centrodestra di Marco Bucci. E per la “riconnessione sentimentale” si parte subito, da metà febbraio, con un tour in tandem con il responsabile economico del partito Antonio Misiani (della stessa corrente di Orlando) nelle regioni del Nord produttivo: prima Veneto, poi Emilia Romagna e Lombardia. Un tour che vuole evocare quello fortunato fatto da Pier Luigi Bersani ed Enrico Letta nel 2006 prima della seconda vittoria di Romano Prodi. Intanto Orlando ha già incontrato il presidente di Confindustria Emanuele Orsini e nei prossimi giorni incontrerà la presidente Ance Federica Brancaccio. LEGGI TUTTO
Meloni ai penalisti: carriere separate per giusto processo. Anm: sconcerta ipotesi di togliere polizia giudiziaria a pm
Ascolta la versione audio dell’articolo3′ di lettura«La riforma costituzionale sulla giustizia punta a raggiungere un obiettivo di sistema e che finora il sistema non ha raggiunto. L’art. 111 della Costituzione ci dice che “il giusto processo” è quello che si “svolge nel contraddittorio tra le parti, in condizioni di parità, davanti a giudice terzo e imparziale”. Il giusto processo si attua, in contradditorio, davanti ad un giudice che non deve solo essere terzo, ma che deve anche apparire terzo». Lo ha detto la premier Giorgia Meloni, nell’incontro con l’Unione Camere penali a Palazzo Chigi: “È esattamente ciò che intendiamo fare noi con questa riforma, che prevede la separazione fra chi accusa e chi giudica e che punta a garantire una vera parità processuale fra accusa e difesa».Penalisti dopo incontro con Meloni: vada avanti con la riforma«Abbiamo fatto un incontro molto approfondito toccando tutti i temi che riguardano la riforma costituzionale della separazione delle carriere, abbiamo evidentemente invitato il governo ad andare avanti senza tentennamenti sulla via di questa riforma fondamentale, che restituisce ai cittadini il giusto processo attraverso l’istituzione finalmente di quel giudice terzo che è scritto nella nostra Costituzione all’articolo 111 ma di fatto non è mai stato realizzato». Così il presidente dell’Unione delle camere penali, Francesco Petrelli, dopo l’incontro a Palazzo Chigi con la premier.Loading…L’incontro con l’Associazione nazionale magistrati è previsto per le ore 15,30. Sarà l’occasione per affrontare il tema legato alla riforma della giustizia (provvedimento ora al Senato dopo l’approvazione delle Camere a gennaio) che prevede la separazione delle carriere tra magistrati requirenti e giudicanti (e due distinti organi di autogoverno).Si chiede chiarezza sul togliere polizia giudiziaria ai pmPotrà essere l’occasione giusta per fare chiarezza sulla presunta intenzione del ministro della Giustizia Carlo Nordio di togliere ai pm la guida della polizia giudiziaria per le inchieste. «Magari è una cosa priva di fondamento – commenta Cesare Parodi, presidente dell’Anm – ma se non fosse così ci preoccuperebbe ancora di più perché dà concretezza a quelli che erano i nostri timori. Ma mi chiedo: gli avvocati che difendono le garanzie dei cittadini su questa prospettiva del ministro, se è vera, non hanno nulla da dire? Va bene a tutti o siamo solo noi ad essere perplessi oppure la classe forense qualche motivo di preoccupazione dovrebbe averlo? Non lo so, ma io mi aspetto che gli avvocati – se la cosa fosse confermata – qualcosa dicano perché il tema non è affatto secondario».L’ipotesi del Ministro della Giustizia di togliere il controllo dei pm sulla polizia giudiziaria risulterebbe un provvedimento anticostituzionale: «Ho sentito molti colleghi e sono un misto tra stupiti e sconcertati: questa indicazione, così generica, sembrerebbe in palese contrasto con una norma della Costituzione che non è oggetto della riforma ovvero l’articolo 109 la quale dice che l’autorità giudiziaria dispone direttamente della polizia giudiziaria». Così il presidente Cesare Parodi, durante un intervista, ha mostrato il suo timore riguardo l’intenzione del ministro della Giustizia Carlo Nordio di togliere ai pm la guida della polizia giudiziaria per le inchieste. «Se ne parlerò domani con Meloni? Non è un tema previsto ma – spiega – è talmente delicato che mi augurerei un chiarimento, perché tutti i colleghi se lo aspettano. Non era previsto nella riforma e avvalora la nostra tesi sul problema della separazione delle carriere». LEGGI TUTTO
Autovelox, sanatoria congelata. Cosa può succedere ora
Ascolta la versione audio dell’articolo2′ di letturaDoveva essere destinato a mettere ordine nella giungla di multe e ricorsi, mostrando ai Comuni la strada da seguire. E invece il decreto del ministero dei Trasporti sugli autovelox annunciato venerdì scorso, è stato sospeso dallo stesso Mit “su indicazione” diretta di Matteo Salvini. Sul testo, in fase di tramissione a Bruxelles, “sono necessari ulteriori approfondimenti”, ha spiegato il dicastero.Il decreto sospeso: omologati gli autovelox approvati dal 2017, spenti gli altriIl decreto stabilisce che, a partire da luglio, gli autovelox approvati dal 2017 in poi – già conformi alle nuove norme di taratura – debbano essere considerati automaticamente omologati, senza ulteriori passaggi burocratici. Tutti gli altri, quelli più datati, devono invece essere spenti fino al completamento del processo di omologazione.Loading…I rischi della disattivazioneUna norma transitoria ma che, come spiegato dall’Asaps, l’Associazione sostenitori e amici della Polizia stradale, «in piena estate e con l’esodo degli italiani per le vacanze, porterebbe alla disattivazione della stragrande maggioranza degli apparati di controllo velocità, compresi i Tutor 1.0 e 2.0 sulle autostrade, perchè approvati prima dell’agosto 2017, data di entrata in vigore del decreto ministeriale 282, individuato come spartiacque per l’omologazione d’ufficio degli autovelox». La conseguenza, aggiunge l’associazione chiedendo un nuovo provvedimento urgente, «sarebbe stata una sorta di ’liberi tutti’, considerato come troppo spesso l’alta velocità sia la causa principale degli scontri tra veicoli e delle fuoriuscite autonome». Insomma, con una distribuzione degli apparecchi più o meno vecchi a macchia di leopardo, il provvedimento pone da un lato un limite definitivo ai ricorsi contro le multe dei rilevatori più recenti, dall’altro provoca però lo spegnimento di moltissimi autovelox più vecchi che regolano ancora la circolazione stradale in po’ in tutta Italia.Cosa accadrà oraPer capire perché si arrivati al decreto, bisogna fare un passo induetro. Tutto è cambiato nel 2024 quando è arrivato in Cassazione un ricorso di un automobilista che sottolineava la mancanza di omologazione. Gli Ermellini hanno stabilito che senza omologazione la multa è da considerarsi nulla, anche se l’autovelox era approvato. Lo stesso principio è stato ribadito, poi, da altre due ordinanze della Suprema corte. È arrivata così una pioggia di centinaia di ricorsi a prefetti e giudici di pace. Tanto che alcuni Comuni hanno deciso di spegnere gli autovelox. Malgrado, a gennaio scorso, il Viminale abbia inviato ai prefetti una circolare in cui, richiamando un parere ricevuto dall’Avvocatura dello Stato, spiega come rappresentare in sede di giudizio «la piena omogeneità tra le due procedure, di omologazione e di approvazione». Ora che il decreto del Mit è stato sospeso non resta che apettare le mosse del governo, che può modificarlo, proporlo di nuovo o accantonarlo per sempre. Intanto, gli automobilisti multati potranno continuare a inviare ricorsi sostenendo la mancata omologazione.Ci saranno a breve novità sugli autovelox?Ad ogni modo, come stabilito da un decreto del 2024, entro il prossimo 12 giugno i misuratori di velocità dovranno essere preceduti da cartelli ad una distanza compresa tra 1 e 4 chilometri, a seconda del tipo di strada. Poi, la taratura dei dispositivi dovrà essere annuale e certificata. Infine, niente autovelox dove vigono bassi limiti di velocità (sotto i 50 km/h nei centri abitati). I dispositivi in funzione dovranno essere adeguati, altrimenti andranno spenti. LEGGI TUTTO
Morto Aldo Tortorella, il partigiano «Alessio» che fu parlamentare e dirigente comunista
Ascolta la versione audio dell’articolo1′ di letturaÈ morto Aldo Tortorella, partigiano della Resistenza, deputato del Partito comunista italiano, a lungo punto di riferimento a Sinistra, anche se le sue posizioni erano spesso controcorrente. «Con infinito dolore annuncio la scomparsa del carissimo Aldo Tortorella, il partigiano Alessio, parlamentare, intellettuale di straordinaria levatura, un punto di riferimento per tutta l’Anpi e per tutte le antifasciste e gli antifascisti. Un compagno», annuncia il presidente nazionale dell’Anpi, Gianfranco Pagliarulo.Era nato a Napoli nel luglio del 1926, si legge anche sul sito web del Manifesto, dove si ricorda che Tortorella «partecipò giovanissimo alla Resistenza, i fascisti lo catturarono ma lui riuscì a fuggire. Giornalista, ha cominciato nelle pagine di Genova dell’Unità ed è stato negli anni Settanta direttore dell’edizione nazionale. Parlamentare per molti anni, responsabile nazionale della cultura per il Pci, è stato nella segreteria di Berlinguer. Contrario alla svolta di Occhetto, è rimasto nel Pds e poi Ds che ha lasciato nel 1998 al tempo del governo D’Alema e della guerra del Kosovo. Ha fondato e diretto negli ultimi 25 anni l’Associazione per il Rinnovamento della Sinistra. Con il Manifesto e il gruppo delle sue fondatrici e fondatori, in particolare con Rossana Rossanda come racconta lui stesso nel pezzo a lei dedicato tratto dallo speciale per il centenario, ha sempre avuto un rapporto stretto di confronto, critiche e discussioni serrate».Loading… LEGGI TUTTO
POLITICA
Meloni invia lettera al Papa: “Stato e Chiesa distinti ma crescono insieme”
Polizze anti-calamità, via libera della Camera al decreto: le novità per i contratti assicurativi delle imprese
Referendum, per cosa si vota e come sono schierati i partiti
Codice della Strada, sostanze stupefacenti: circolare sui nuovi criteri per i test