IN EVIDENZA
Rai, la maggioranza trova l’accordo sulle nomine per i Tg
Ascolta la versione audio dell’articolo2′ di letturaSi è chiuso il cerchio sulle nomine Rai. Quello appena trascorso è risultato come un weekend decisivo con la maggioranza che ha raggiunto un accordo. Dopo una lunghissima gestazione le nomine dovrebbero così arrivare ed essere approvate in Cda nella seduta fissata per giovedì prossimo, 20 marzo.Paolo Petrecca (vicino a Fratelli d’Italia) lascerà RaiNews24 per approdare alla direzione di Rai Sport mentre al suo posto, alla guida del canale all news arriverà Federico Zurzolo (in quota Forza Italia). In due testate verranno nominati gli attuali responsabili ad interim e cioè Roberto Pacchetti alla Tgr (in quota Lega) e Pierluca Terzulli al Tg3 (vicino ai Dem). Inoltre a luglio, quando Francesco Pionati andrà in pensione, gli succederà alla guida del Giornale Radio Nicola Rao (vicino a Fdi), attuale direttore della Comunicazione ed ex direttore del Tg2.Loading…Le nomine non dovrebbero però limitarsi alle testate: a Rai Italia, infatti, Maria Rita Grieco (quota Forza Italia), attuale vicedirettrice del Tg1, dovrebbe prendere il posto di Fabrizio Ferragni, andato in pensione al fine febbraio; Andrea Sassano, attuale direttore di Rai Teche, dovrebbe andare alla direzione Radiofonia, attualmente affidata in via transitoria a Flavio Mucciante; mentre Stefano Coletta, attuale direttore Distribuzione e responsabile ad interim della Direzione Offerta Estero, dovrebbe andare a guidare la nuova Direzione Coordinamento Generi (ma non è chiaro se la direzione sarà istituita contestualmente alla nomina o se verranno fatti due passaggi, prima la creazione della direzione e poi la nomina).Queste ultime nomine, quando saranno effettive, lasceranno scoperte alcune direzioni (come Teche e Distribuzione, ad esempio), quindi è probabile che nelle prossime settimane ne verranno effettuate delle altre. Nel frattempo continua l’attesa per capire come e quando terminerà lo stallo sulla nomina del presidente. La maggioranza ha finora fatto quadrato su Simona Agnes, in quota Forza Italia. L’opposizione vorrebbe procedere per bocciare la candidatura, e la maggioranza per questo fa mancare il numero legale, prolungando i tempi, in attesa di trovare i due voti che le mancano per ottenere i necessari due terzi dei consensi. LEGGI TUTTO
Abu Mazen in Israele da Gantz. Hamas: “Tradisce l’Intifada”
È vecchia di dieci anni l’ultima visita amichevole di Abu Mazen in Israele: l’indirizzo quella volta era la residenza di Benjamin Netanayhu, in Rehov Balfour, e i sorrisi di Sarah a Mahmoud Abbas di nuovo invadono i teleschermi, in memoria. Invece, non esistono immagini dell’incontro nella casa di Rosh Haayin del ministro della Difesa israeliano Benny Gantz con il presidente palestinese. Gantz lo ha ricevuto alle 20,30 di martedì per due ore, con pochi intimi politici e tecnici. È stato un incontro importante? Si sono dette cose serie? Perché ha avuto luogo? Di sicuro gli ha dato molto importanza Hamas, Ismail Hanyie ha attaccato a testa bassa lo sgarro disgustoso dicendo che Abu Mazen «tradisce l’Intifada»; e per spiegare come si fa invece, dopo poche ore ha sparato oltre il confine a casaccio ferendo un civile e suscitando la reazione dell’esercito, che ha risposto e ferito tre persone.Hamas ha voluto rubare la scena al leader 87enne, ma per ora è lui che ha spiazzato l’opinione pubblica palestinese e israeliana che in questi giorni si era abituata al ritmo serrato di attentati a fuoco, coltelli, auto. Otto in due settimane, di cui due mortali. Il clima si è surriscaldato: gli attacchi palestinesi, come per esempio quello in due riprese, ai santuari come la tomba di Giuseppe, nei Territori, si alternavano alle risposte dei residenti dei territori infuriati. Gli attacchi con le pietre si erano moltiplicati, le reazioni israeliane sono andate oltre i limiti di legge. Insomma, un clima iper eccitato, quasi una nuova Intifada che ha preoccupato anche Abu Mazen: ogni situazione estrema è pane per i denti di Hamas, come si è visto nella guerra di maggio. Abu Mazen non ha interesse allo scontro generale: un paio di settimane fa due israeliani entrati per sbaglio a Ramallah sono stati sottratti al linciaggio dalla polizia palestinese.Come calmare il terreno? L’incontro ha trattato di questo: Abu Mazen, si sussurra, ha ribadito la sua intenzione di non arrivare a scontri fatali, di evitare l’escalation, di tenere saldo l’accordo di sicurezza che tante volte lo ha salvato da Hamas. Per gestire la situazione, ha ottenuto mezzi economici e facilitazioni, oltre a più controllo dei settler. Ha ottenuto più permessi di lavoro, più ingressi in Israele, il transfer di 100 milioni di shekel (25 milioni di dollari circa) delle tasse che Israele raccoglie, la legalizzazione dello status di 6mila cittadini del West Bank e di 3.500 di Gaza e altre «misure di fiducia».È già successo con gli accordi Abramo, che le misure pratiche, lo scambio, siano portatrici di buone speranze. Ma lo sfondo qui è Abu Mazen, un leader che, anche se certo, a differenza di Arafat, non tenta di affogare nel sangue Israele, pure dà prova da sempre di inimicizia inguaribile: è lui l’inventore delle peggiori forme di delegittimazione dello Stato Ebraico, che irrora di prensili falsità come quella dello «stato di apartheid» o della «illegalità internazionale» o della «pulizia etnica». Il suo passato di negatore della Shoah si mescola all’erogazione milionaria di stipendi per i terroristi, al sostegno degli shahid dai testi scolastici alla santificazione dei terroristi suicidi. È difficile crederlo un partner.La destra, all’interno dello stesso governo di Gantz, critica aspramente il suo ministro che ha «aperto la casa» a un nemico dichiarato, la sinistra, sempre dentro il governo, lo loda. E Bennett dice che non sapeva nulla dell’incontro. Ma è difficile crederlo. Gantz ha obiettivi condivisibili dall’attuale governo: sicurezza interna e simpatia americana. Biden ci tiene a riaprire il dialogo palestinese, mentre in questi giorni decide sulla trattativa con l’Iran degli ayatollah atomici. LEGGI TUTTO
Auto aziendali, vulnerabili, bonus frigo: via libera della Camera alla fiducia sul decreto bollette. Ecco le novità
Riduzione del costo dell’energia per le impresePreviste misure di riduzione del costo dell’energia per le imprese: da un lato, si dispone la destinazione, per il 2025, di 600 milioni di euro per il finanziamento Fondo per la transizione energetica nel settore industriale. Dall’altro, si prevede un’agevolazione per la fornitura di energia elettrica per i clienti non domestici in bassa tensione con potenza disponibile superiore a 16,5 kW, rappresentata dall’azzeramento per un semestre della parte della componente ASOS (la componente degli oneri generali di sistema a sostegno delle energie da fonti rinnovabili).Dall’aumento gettito Iva dal prezzo del gas sostegno ai vulnerabiliL’eventuale maggior gettito Iva derivante dall’aumento del prezzo del gas è destinato a misure di sostegno per le famiglie e le microimprese vulnerabili al fine di contenere il maggior onere da queste sostenuto per la fornitura di gas naturale ed energia elettrica derivante dall’aumento del prezzo internazionale del gas naturale sul costo finale di tali prodotti.Salvaguardia per le auto aziendaliApprovato, con un emendamento dei relatori, il salvagente per le auto aziendali: i veicoli ordinati entro il 31 dicembre 2024 e «concessi in uso promiscuo dal primo gennaio 2025 al 30 giugno 2025», saranno esclusi dal nuovo sistema di tassazione dei fringe benefit introdotto dalla manovra.Piscine, un contributo per il costo dell’energiaArrivano, su sollecitazione di Forza Italia, anche 10 milioni in più nel 2025 «per l’erogazione di contributi a fondo perduto» per ridurre il costo dell’energia di impianti natatori e piscine energivori gestiti da associazioni e società sportive iscritte nel registro nazionale delle attività sportive dilettantistiche.Offerte più trasparentiCon lo scopo di aumentare la trasparenza e la confrontabilità delle offerte di energia elettrica e di gas ai clienti finali domestici sul mercato libero, in maniera da consentire un’agevole leggibilità delle offerte e dei contratti, saranno previsti documenti tipo dei quali i fornitori di energia elettrica e gas sono tenuti ad avvalersi ridotti e semplificati i componenti dei corrispettivi applicabili nei contratti al dettaglio di energia elettrica e gas. Si prevede il ricorso ai poteri sanzionatori di Arera. LEGGI TUTTO
Legato con una catena, lasciato senza acqua né cibo: il cane Bruce non ce l’ha fatta
A condividere il drammatico epilogo è stata una delle volontarie che ha tentato di strappare il cucciolo da un destino inesorabile. Legato con una catena, lasciato senza acqua né cibo: il cane Bruce non ce l’ha fatta – Nanopress.it (Foto di Teresa Salsano)Per più di un mese, Bruce è stato accudito, coccolato e nutrito, ma il suo cuore non ha retto. Le condizioni dell’animale erano troppo precarie, perché riuscisse a riprendersi.Legato con una catena e denutrito: il cane Bruce non ce l’ha fattaHa lottato con tutte le sue forze, ma le condizioni in cui era stato ritrovato erano troppo gravi perché riuscisse a farcela. Dopo poco più di un mese da quando i volontari del Canile di Cava de’ Tirreni lo hanno preso in carico, il cane Bruce non ce l’ha fatta. Il mastino era tenuto legato con una catena, senza acqua né cibo.Alcuni residenti di San Valentino Torio (Salerno), dove l’animale viveva con il padrone, hanno segnalato la vicenda. Il canile di Cava de’ Tirreni lo ha prontamente accolto, ma nonostante l’amore e le cure, il mastino non ce l’ha fatta. Sulla pagina Facebook del canile sono state condivise le foto delle condizioni terribili in cui è stato trovato l’animale, ridotto ormai a uno scheletro quando i volontari lo hanno salvato. Poi, nei giorni scorsi, una di loro ha condiviso la notizia che mai avrebbe voluto dare. Il cuore di Bruce non ha retto.Troppo gravi le condizioni in cui versava l’animale, che – nonostante la stazza – era ormai ridotto pelle e ossa. Al momento non è stato reso noto se il padrone dell’animale sia stato individuato e/o denunciato. In Italia, esistono diverse normative che vietano il maltrattamento degli animali. La Legge n. 189 del luglio 2004 dispone il divieto di maltrattamento degli animali e punisce anche l’impiego degli stessi in combattimenti clandestini o competizioni non autorizzate. Inoltre, la Legge n. 281 del 14 agosto 1991 stabilisce disposizioni quadro per gli animali di affezione e prevenzione del randagismo. Chiunque commetta atti di crudeltà verso gli animali domestici o d’affezione può essere punito con pene che vanno fino a 18 mesi di reclusione. LEGGI TUTTO
La missione impossibile di Elly Schlein
Ascolta la versione audio dell’articolo3′ di letturaElly Schlein ha un grosso problema tra le mani. Il suo rapporto con il M5s appartiene alla categoria delle missioni impossibili. Nelle democrazie caratterizzate da sistemi multipartitici e da governi di coalizione i rapporti tra i partiti sono il risultato di un delicato equilibrio tra competizione e collaborazione. I partiti competono per ottenere più voti ma devono collaborare per vincere e andare al governo. In Italia oggi la collaborazione è resa ancora più necessaria dal fatto che il sistema elettorale vigente richiede un accordo tra i partiti affini prima del voto. Come è noto, è la presenza dei collegi uninominali a “imporre” questo vincolo. Nelle elezioni del 2022 la coalizione della Meloni ha ottenuto la maggioranza di seggi sia alla Camera che al Senato con il 43% dei voti. È successo perché la divisione tra Pd e M5s le ha consentito di vincere la bellezza dell’80% di seggi uninominali.L’accordo è condizione necessariaSenza un accordo tra Pd e M5s questo succederà di nuovo nel 2027. Probabilmente non basterà questo accordo per vincere, ma è una condizione necessaria. Sono tutte cose che Elly Schlein sa benissimo. La lezione del 2022 è stata capita. Il problema è che per fare un accordo bisogna essere in due. La domanda cruciale quindi è se il M5s vuole l’accordo o no. Certo, se il Pd fosse disposto a fare un passo indietro e cedere a Conte, la leadership della coalizione il problema sarebbe risolto. Ma non crediamo proprio che, pur di puntare a vincere, il Pd sia disposto a pagare questo prezzo. E allora? Di fronte al rifiuto del Pd di mettere in discussione la leadership della coalizione il M5s ha due opzioni: competere a tutto campo per prendere più voti o collaborare per vincere e andare eventualmente al governo.Loading…A Conte vincere interessa meno che competereNon possediamo la sfera di cristallo ma l’impressione che si ricava dal comportamento del M5s da molti mesi a questa parte è che a Conte vincere interessa meno che competere. Anzi sembra che non gli interessi affatto. Il suo obiettivo non è vincere in una coalizione in cui il M5s è un partner minore, ma riprendersi i voti che il Pd gli ha sottratto. E per raggiungere questo obiettivo deve necessariamente differenziarsi dal vicino accentuando le differenze su temi cruciali, come per esempio la politica estera. Cosa che puntualmente Conte sta facendo e continuerà a fare nella convinzione, non infondata, che questo gli porti voti. E allora, come fa il Pd a collaborare con qualcuno che non vuole vincere ma vuole cambiare a tutti i costi i rapporti di forza all’interno dello schieramento cui appartiene?Cosa dicono i sondaggiI sondaggi ci dicono che oggi il Pd è all’incirca al 22% e il M5s al 14%. Questa differenza non basta a stabilizzare il rapporto tra i due partiti. Conte pensa che non sia una differenza incolmabile. E in ogni caso anche se non fosse colmata ora potrebbe esserlo domani, a patto di sfruttare il vantaggio di stare alla opposizione. Più o meno è quello che ha fatto la Meloni a suo tempo. Non tutti i partiti puntano ad andare al governo sempre e comunque. Se questo obiettivo preclude la difesa del proprio elettorato o la conquista di nuovi elettori non è detto che sia perseguito nel breve termine. Questo sembra il caso del M5s. Qualcuno potrebbe obiettare che alla fine, cioè in prossimità del voto nel 2027, Conte farà comunque l’accordo con il Pd dopo essersi differenziato fino all’ultimo momento. Forse sì, forse no. Potrebbe però essere una illusione rischiosa che tiene la Schlein sulla corda fino al momento in cui non avrà alcuna vera alternativa.La situazione a destraE a destra? La situazione è diversa perché lì c’è un partito al 27%, con il suo leader a Palazzo Chigi, e tutti gli altri molto lontani. Ma anche nella coalizione della Meloni competizione e collaborazione convivono. Le posizioni di Salvini in politica estera e riarmo non sono quelle della Meloni. Per di più al congresso del suo partito ha parlato apertamente di una Lega che vuole diventare il primo partito della coalizione. Ma questa voglia di competere passa in secondo piano rispetto alla voglia di vincere. La destra è più abile nel gestire competizione e collaborazione. Lì tutti vogliono in primis vincere e governare. Non è così a sinistra. E per la Schlein questo è un grosso problema per cui non ha ancora trovato la soluzione. LEGGI TUTTO