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La manifestazione pro Europa a Roma, Serra: piazza con idee diverse è scandalo ma si chiama democrazia
Ascolta la versione audio dell’articolo2′ di letturaHa preso il via sulle note dell’inno alla gioia la manifestazione a piazza del Popolo per l’Europa, lanciata da Michele Serra. «Siamo in tanti perché siamo popolo», le prime parole del giornalista dal palco. Migliaia di bandiere dell’Ue a fare da cornice all’iniziativa, ativisti, «europeisti» ma anche tanti parlamentari presenti nel cuore della Capitale. In cielo sventolano anche le bandiere della pace insieme a quelle di Ucraina e Georgia. Tanti gli slogan pro-Europa ma anche contro la politica del riarmo.«Non può che essere così una piazza europea»«Siamo in tanti e siamo diversi, e non può che essere così una piazza europea. In un mondo in frantumi una piazza che unisce persone con idee diverse è uno scandalo, e questo scandalo si chiama democrazia, non è molto di moda ma è la democrazia”, aggiunge Serra aprendo la manifestazione. «Abbiamo queste due parole preziose tra le mani, pace e libertà, ma non sappiamo bene come usarle senza che cadano a terra, e si rompano, e ci restino solo i cocci. Questa piazza non ha risposte, ma ha ben chiare le domande. Questa piazza è un punto interrogativo di colore blu. Noi siamo la domanda che consegniamo a noi stessi, a chi ci governa, a chi ci rappresenta nel Parlamento italiano e in quello europeo. Chi si illude di avere le risposte in tasca, e sa come si fa la guerra, e sa come si fa la pace, oggi non è qui».Loading…«La politica serve a sentirsi meno soli»«Ai politici presenti in piazza – prosegue Serra – che ringrazio di cuore, e a quelli che non ci sono, che rispetto, ho solo un piccolo rilievo da muovere. Siete troppo intelligenti. Cercate, per favore, di essere un poco più stupidi, come questa piazza che non ha fatto calcoli, che non sa esattamente che cosa si deve fare, ma cerca di farlo lo stesso. Cercate, per favore, di parlarvi e addirittura di ascoltarvi. Noi siamo qui, oggi, perché la nostra solitudine e le nostre speranze ci impedivano di restarcene in casa. Ci hanno spinto a uscire di casa, e a ritrovarci qui. Insieme. La ripeto perché è la più europea delle parole: insieme. Forse stasera ci sentiremo un poco meno confusi. Forse, ancora più confusi. Di sicuro, ci sentiremo un po’ meno soli. A questo dovrebbe servire la politica: a sentirsi meno soli».Gualtieri: Europa sia più popolare non populista«La salvezza non sta nella forza bruta delle armi ma nella costruzione di rapporti umani», è scritto su uno striscione sorretto da due donne. «Per andare avanti ed essere più unita l’Europa deve essere più popolare non populista. Le città siano protagoniste di questo processo». Così il sindaco di Roma, Roberto Gualtieri, nel suo intervento alla manifestazione di piazza del Popolo in rappresentanza delle decine dei primi cittadini che hanno aderito. «Come italiani ci sentiamo cittadini europei e sentiamo con il cuore ancora prima che con la mente che in questo mondo senza l’Europa sono in gioco i nostri diritti – ha aggiunto -. Serve un deciso salto in avanti verso un’unione europea più forte, unita e solidale che ci faccia sentire più sicuri e più liberi». L’Europa «sia portatrice di pace. Abbiamo una grande sfida di fronte, non possiamo più rimandare, non possiamo più procedere a piccoli passi. Abbiamo bisogno di scelte coraggiose». LEGGI TUTTO
Caso Santanché, ecco cos’è la mozione di sfiducia: in 40 anni falliti 79 tentativi su 80
Ascolta la versione audio dell’articolo3′ di letturaIl tentativo del M5s di sfiduciare il ministro del Turismo, Daniela Santanché per le vicende giudiziarie legate al “caso Visibilia” è al centro dell’agenda parlamentare. Ma per l’esponente di Fdi non è un inedito: le due mozioni di sfiducia individuale presentate alla Camera e al Senato, con primi firmatari, rispettivamente, Francesco Silvestri e Stefano Patuanelli, seguono quelle dei due stessi esponenti dei Cinque stelle, finite sotto i riflettori nell’aprile e nel luglio del 2024: entrambe respinte dai due rami del Parlamento. Così come quasi tutte le altre 75 che dall’ormai lontano 1983 (all’alba della nona legislatura) ai giorni nostri sono transitate per le Aule di Montecitorio e Palazzo Madama. L’unica mozione ad arrivare sostanzialmente a segno delle 80 messe nero su bianco negli ultimi 40 anni (di cui meno della metà effettivamente votate) è stata quella approvata nel 1995 da un Parlamento scosso da “Mani pulite” che aveva come destinatario l’allora ministro della Giustizia dell’esecutivo Dini, Filippo Mancuso, che, tra l’altro, aveva lanciato più di un’accusa nei confronti del capo dello Stato dell’epoca, Oscar Luigi Scalfaro. Ma allora per quale motivo, alla luce di questi risultati, i gruppi parlamentari provano a utilizzare questa carta? Perché quasi tutti i partiti ritengono che la mozione di sfiducia individuale sia di fatto uno strumento con un peso politico rilevante. Che per la prima volta fece la sua comparsa sulle scene parlamentari nel 1984, in piena prima Repubblica, quando alcuni esponenti di opposizione presentarono una richiesta di dimissioni dell’allora ministro degli Esteri, Giulio Andreotti, per il suo presunto coinvolgimento nel “caso Sindona”.Che cos’è la mozione di sfiduciaLa nostra Costituzione prevede che un governo, una volta nominato dal presidente della Repubblica, per entrare operativamente in carica deve prima presentarsi alle Camere per ottenere la loro fiducia. Che, come prevede l’articolo 94 della Carta, può anche essere revocata facendo leva su una mozione di sfiducia, con il risultato di costringere l’esecutivo a dimettersi. La Costituzione non prevede esplicitamente che possa essere sfiduciato un singolo membro del governo, ma nemmeno esclude questa possibilità. E, non a caso, il regolamento della Camera dispone che per le mozioni di sfiducia rivolte a un singolo ministro debba essere applicata la stessa disciplina di quelle riguardanti l’intero governo.Loading…Andreotti, il primo ministro a rischio sfiduciaNel 1984, durante la nona legislatura, si è manifestata per la prima volta una richiesta di sfiducia individuale nei confronti di Giulio Andreotti, all’epoca ministro degli Esteri nel governo Craxi, per un presunto coinvolgimento nel caso Sindona. Eravamo anche nel pieno della prima Repubblica. Ma bisogna attendere l’inizio della cosiddetta seconda Repubblica per vedere la sola mozione di sfiducia approvata, almeno finora: quella che nel 1995, ancora sull’onda dell’inchiesta “Mani pulite”, ha interessato Filippo Mancuso, ministro della Giustizia dell’esecutivo Dini.Prima della pronuncia su Santanché, 36 mozioni votate in oltre 40 anniIn oltre 40 anni, dalla nona legislatura (cominciata nel luglio 1983) a quella in corso (la diciannovesima), si sono materializzate 80 mozioni di sfiducia individuale, comprese le ultime due nei confronti del ministro Santanché, ma fin qui non più di 36 sono state effettivamente discusse e votate in Aula. Nell’attuale legislatura alle quattro presentate dal M5s nei due rami del Parlamento nei confronti di Santanché, va aggiunta quella relativa al ministro delle Infrastrutture, e vicepremier, Matteo Salvini, che è arrivata in Aula a Montecitorio nella primavera del 2024, con la prima firma di Matteo Richetti (Az),e che è stata poi respinta.I voti nelle ultime quattro legislatureGuardando in particolare alle ultime quattro legislature, partendo quindi dalla sedicesima (cominciata nell’aprile 2008), emerge che le mozioni di sfiducia discusse e votate fino a questo momento sono state in tutto 23. In questo periodo oltre a Santanché altri membri di governo sono stati investiti da più di una mozione di sfiducia: gli ex ministri Alfonso Bonafede, Angelino Alfano, Danilo Toninelli e Sandro Bondi. L’unico esponente con tre mozioni di sfiducia a proprio carico è Roberto Speranza, ministro della Salute nel periodo della pandemia nel governo “Conte 2” e nell’esecutivo guidato da Mario Draghi. E nel caso di Speranza queste tre mozioni sono state discusse e votate nello stesso giorno: a presentarle sono stati Gianluigi Paragone (Misto-Italexit, ex M5s), Mattia Crucioli (Misto-L’alternativa, ex M5s) e Luca Ciriani (Fdi), che attualmente nell’esecutivo Meloni ricopre l’incarico di ministro per i Rapporti con il Parlamento. Sempre nell’arco delle ultime quattro legislature sono stati due i governi al centro di mozioni di sfiducia, sempre respinte: il IV governo Berlusconi nel 2010 e l’esecutivo Renzi nel 2016. LEGGI TUTTO
Detto e contraddetto, lo scontro sul riarmo
Ascolta la versione audio dell’articolo5′ di letturaIl piano di difesa europea da 800 miliardi annunciato dalla presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen fa discutere. “ReArm Europe” – un nome che non piace – vorrebbe mobilitare miliardi per la difesa: da una parte per sostenere Kiev e dall’altra per «affrontare la necessità a lungo termine di assumersi una responsabilità molto maggiore per la sicurezza europea». Un piano che divide non solo le opposizioni, ma anche la maggioranza. Da una parte è alta tensione fra Gentiloni ed Elly Schlein, dall’altra frena il leader della Lega Salvini che evita affondi. Parla, invece, il ministro dell’Economia, il leghista Giorgetti, che dice con chiarezza «no a piani frettolosi». La premier Giorgia Meloni nomina il riarmo al termine del Consiglio europeo straordinario di Bruxelles. Su X Carlo Calenda, leader di Azione, disegna un piano cartesiano in cui l’asse delle ascisse è il “sostegno esercito europeo” e l’asse delle ordinate è il “sostegno Ucraina”. In basso ci sono le facce di Giuseppe Conte, Nicola Fratoianni e Angelo Bonelli, Roberto Gualtieri, Matteo Salvini, Andrea Orlando, Elly Schlein e Matteo Renzi, in alto la sua e quelle di Paolo Gentiloni, Pina Picierno, Antonio Tajani e Riccardo Magi. Ecco in Detto & contraddetto le opinioni a confronto.Meloni: riarmo non è la parola più adatta«Credo che la parola riarmo non sia quella più adatta a descrivere quello che stiamo facendo. Il concetto di difesa e sicurezza oggi riguarda tantissimi domini della vita quotidiana dei cittadini e non semplicemente essere dotati di adeguate armi, che è un tema. Ma c’è il tema delle materie prime, della cybersicurezza, delle infrastrutture critiche e tantissimi domini di cui dobbiamo occuparci quotidianamente. Quindi forse stiamo dando messaggi ai cittadini che non sono chiarissimi e bisogna chiarire quel che stiamo facendo»Loading…Giorgia Meloni, presidente del Consiglio, 6 marzo 2025Schlein: siamo contrari al riarmo dei 27 Stato europei«Non è accettabile prendere i fondi per la coesione sociale e territoriale per dirottarli sulla difesa. Noi siamo favorevoli alla difesa comune, siamo contrari al riarmo dei 27 stati europei. Sono due cose diverse. Contestiamo a questo piano che le proposte che fa agevolano la spesa nazionale in difesa, che non produce difesa comune europea. Che è quello che oggi serve»Elly Schlein, segretaria Pd, 6 marzo 2025 LEGGI TUTTO
JD Vance da Meloni a Palazzo Chigi: «Con lei negoziato sui dazi anche con l’Ue»
Ascolta la versione audio dell’articolo4′ di letturaAll’indomani della visita a Donald Trump di Giorgia Meloni – incoronata dal New York Times come «una dei pochi leader europei graditi a Donald Trump» – JD Vance atterra a Roma alle 8 del mattino con la moglie Usha e i tre figli, accolto a Ciampino nell’area riservata al 31esimo Stormo dell’Aeronautica Militare da Irene Castagnoli, diplomatica del ministero degli Esteri, dall’incaricato d’affari dell’ambasciata degli Stati Uniti in Italia, Shawn Crowley, e dal comandante del 31simo Stormo Marco Angori. Imponenti le misure di sicurezza, con tiratori scelti, unità cinofile e la sorveglianza dal cielo affidata a un elicottero della Polizia.L’ottimismo sui negoziati tra Russia e UcrainaPoco prima delle 13 l’incontro con la premier a Palazzo Chigi preceduto da brevissime dichiarazioni pubbliche, senza interpreti, a causa di un piccolo imprevisto organizzativo. «Stiamo conducendo importanti negoziati commerciali non solo tra l’Italia e gli Stati Uniti, ma con l’intera Unione Europea. Ne abbiamo parlato molto ieri e oggi proseguiremo queste conversazioni», annuncia Vance, sulla scia della promessa di Trump a Meloni di incontrare (forse) anche i vertici dell’Unione. E aggiunge: «Abbiamo alcune questioni da affrontare: aggiornerò la premier sui negoziati tra Russia e Ucraina, già in passato ne avevamo parlato, abbiamo un senso di positività e ottimismo sul fatto che possiamo sperare di portare a termine questa guerra brutale».Loading…Vance non manca di dirsi «ispirato da Roma»: «Questo è un posto che è stato costruito da persone che amavano l’umanità e amavano Dio: le strade, i palazzi, il panorama meraviglioso innalzano veramente lo spirito umano”.Meloni: rafforzeremo cooperazione, Italia partner affidabile«Sono onorata di accogliere a Palazzo Chigi il vicepresidente degli Stati Uniti JD Vance che non vedo da un sacco di tempo… “I’ve been missing you”», dice con una punta di umorismo la premier italiana. «Abbiamo avuto un fantastico incontro ieri a Washington» e «sicuramente Italia e Stati Uniti sono determinati a rafforzare la loro cooperazione. Noi crediamo che l’Italia possa essere un partner estremamente importante e affidabile in Europa e nel Mediterraneo per gli Stati Uniti d’America e sicuramente c’è un rapporto privilegiato tra noi del quale io vado molto orgogliosa».La premier si prende tutta la scenaIl clima è disteso, lo spazio del confronto con la stampa ridotto al minimo indispensabile. E tatticamente limitato al faccia a faccia Meloni-Vance, senza allargare ai vicepremier Antonio Tajani e Matteo Salvini che il vicepresidente americano vedrà dopo aver pranzato tutti insieme a Palazzo Chigi. Duplice l’obiettivo: evitare slabbrature, buchi in un ordito tessuto quasi maniacalmente, e ribadire che la leadership è una sola. Quella di Meloni. LEGGI TUTTO
Elezioni comunali a Bolzano, Andriollo e Corrarati al ballottaggio il 18 maggio
Si andrà al ballottaggio, il 18 maggio, a Bolzano, per le elezioni comunali. La sfida a due sarà tra l’assessore comunale uscente, Juri Andriollo, e Claudio Corrarati, per molti anni a capo del Cna altoatesino. Questo il risultato del voto del 4 maggio (RIVEDI LE NOTIZIE DELLA GIORNATA ELETTORALE) che ha visto Andriollo, candidato del centrosinistra, raccogliere il 27,3% delle preferenze. Mentre Corrarati, sostenuto dal centrodestra, ha ottenuto il 36,3%. Le regole prevedono che, nel caso in cui nessuno dei candidati ottenga il 50%+1 dei voti validi, si tenga un ballottaggio: per questo si tornerà alle urne domenica 18 maggio a Bolzano, dalle ore 7 alle 22.
Andriollo: “Convinti di poter vincere”
“Siamo convinti di poter vincere il ballottaggio. Cercheremo di aggregare e convincere l’elettorato, portando più partecipazione al voto. Il risultato del Pd è in risultato buono, considerando che non sono in lista e non viene considerato il mio seggio”, il commento sui risultati del candidato sindaco Andriollo.
Corrarati: “Risultato storico”
“Dobbiamo anzitutto ringraziare i bolzanini per questo grande risultato che ci attesta per la prima volta da vent’anni in netto vantaggio come coalizione di centrodestra. Se i dati si confermeranno su questa linea di tendenza, si tratterà di un risultato storico, che esprime la volontà di cambiamento dei bolzanini e che si potrà concretizzare definitivamente il 18 maggio grazie al loro voto”, spiega, in una nota, Corrarati. LEGGI TUTTO
POLITICA
Meloni invia lettera al Papa: “Stato e Chiesa distinti ma crescono insieme”
Polizze anti-calamità, via libera della Camera al decreto: le novità per i contratti assicurativi delle imprese
Referendum, per cosa si vota e come sono schierati i partiti
Codice della Strada, sostanze stupefacenti: circolare sui nuovi criteri per i test