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  • Autovelox, sanatoria congelata. Cosa può succedere ora

    Ascolta la versione audio dell’articolo2′ di letturaDoveva essere destinato a mettere ordine nella giungla di multe e ricorsi, mostrando ai Comuni la strada da seguire. E invece il decreto del ministero dei Trasporti sugli autovelox annunciato venerdì scorso, è stato sospeso dallo stesso Mit “su indicazione” diretta di Matteo Salvini. Sul testo, in fase di tramissione a Bruxelles, “sono necessari ulteriori approfondimenti”, ha spiegato il dicastero.Il decreto sospeso: omologati gli autovelox approvati dal 2017, spenti gli altriIl decreto stabilisce che, a partire da luglio, gli autovelox approvati dal 2017 in poi – già conformi alle nuove norme di taratura – debbano essere considerati automaticamente omologati, senza ulteriori passaggi burocratici. Tutti gli altri, quelli più datati, devono invece essere spenti fino al completamento del processo di omologazione.Loading…I rischi della disattivazioneUna norma transitoria ma che, come spiegato dall’Asaps, l’Associazione sostenitori e amici della Polizia stradale, «in piena estate e con l’esodo degli italiani per le vacanze, porterebbe alla disattivazione della stragrande maggioranza degli apparati di controllo velocità, compresi i Tutor 1.0 e 2.0 sulle autostrade, perchè approvati prima dell’agosto 2017, data di entrata in vigore del decreto ministeriale 282, individuato come spartiacque per l’omologazione d’ufficio degli autovelox». La conseguenza, aggiunge l’associazione chiedendo un nuovo provvedimento urgente, «sarebbe stata una sorta di ’liberi tutti’, considerato come troppo spesso l’alta velocità sia la causa principale degli scontri tra veicoli e delle fuoriuscite autonome». Insomma, con una distribuzione degli apparecchi più o meno vecchi a macchia di leopardo, il provvedimento pone da un lato un limite definitivo ai ricorsi contro le multe dei rilevatori più recenti, dall’altro provoca però lo spegnimento di moltissimi autovelox più vecchi che regolano ancora la circolazione stradale in po’ in tutta Italia.Cosa accadrà oraPer capire perché si arrivati al decreto, bisogna fare un passo induetro. Tutto è cambiato nel 2024 quando è arrivato in Cassazione un ricorso di un automobilista che sottolineava la mancanza di omologazione. Gli Ermellini hanno stabilito che senza omologazione la multa è da considerarsi nulla, anche se l’autovelox era approvato. Lo stesso principio è stato ribadito, poi, da altre due ordinanze della Suprema corte. È arrivata così una pioggia di centinaia di ricorsi a prefetti e giudici di pace. Tanto che alcuni Comuni hanno deciso di spegnere gli autovelox. Malgrado, a gennaio scorso, il Viminale abbia inviato ai prefetti una circolare in cui, richiamando un parere ricevuto dall’Avvocatura dello Stato, spiega come rappresentare in sede di giudizio «la piena omogeneità tra le due procedure, di omologazione e di approvazione». Ora che il decreto del Mit è stato sospeso non resta che apettare le mosse del governo, che può modificarlo, proporlo di nuovo o accantonarlo per sempre. Intanto, gli automobilisti multati potranno continuare a inviare ricorsi sostenendo la mancata omologazione.Ci saranno a breve novità sugli autovelox?Ad ogni modo, come stabilito da un decreto del 2024, entro il prossimo 12 giugno i misuratori di velocità dovranno essere preceduti da cartelli ad una distanza compresa tra 1 e 4 chilometri, a seconda del tipo di strada. Poi, la taratura dei dispositivi dovrà essere annuale e certificata. Infine, niente autovelox dove vigono bassi limiti di velocità (sotto i 50 km/h nei centri abitati). I dispositivi in funzione dovranno essere adeguati, altrimenti andranno spenti. LEGGI TUTTO

  • Omicidio Sofia Stefani, il gip: «Giampiero Gualandi voleva ucciderla, ha simulato l’incidente»

    Secondo il giudice per le indagini preliminari, Giampiero Gualandi avrebbe volontariamente ucciso l’ex vigilessa Sofia Stefani, con cui pare avesse una relazione extraconiugale, che andava avanti da diversi mesi. Sofia Stefani, il gip: «Giampiero Gualandi voleva ucciderla» – Nanopress.itDalle prime indagini sarebbe emerso che la vittima non volesse troncare il rapporto, cosa che invece desiderava fare Gualandi, come confermato i messaggi inviati dall’ex comandante dei vigili alla donna. Il giorno del delitto risultano quindici telefonate partite dal cellulare della vittima verso quello di Gualandi. Secondo il gip, che ha confermato la detenzione per l’ex capo dei vigili urbani, esiste una spiccata pericolosità sociale e il rischio di reiterazione del reato da parte dell’indagato. Omicidio Sofia Stefani, secondo il gip Gualandi voleva ucciderlaNessun incidente. Secondo la ricostruzione fatta dal giudice Domenico Truppa, quando Sofia Stefani e Giampiero Gualandi si sono chiusi in stanza al comando della polizia locale di Anzola, lo scorso 16 maggio, l’uomo aveva già in mente l’omicidio. La discussione tra i due, tra cui pare ci fosse una relazione sentimentale che andava avanti da alcuni mesi, sarebbe stata scatenata dalla volontà della vittima di continuare la storia, mentre Gualandi era esasperato e logorato dalla presenza della donna nella sua vita, tanto da voler chiudere tutti i ponti con lei. A confermarlo i messaggi scoperti sul cellulare dell’uomo.Secondo il gip, che ha confermato la detenzione per l’ex capo dei vigili urbani, esiste una spiccata pericolosità sociale e il rischio di reiterazione del reato da parte dell’indagato. La ricostruzione del delittoStando a quanto ricostruito finora, Gualandi avrebbe pianificato l’azione omicida. Quella mattina ha ritirato la pistola dall’armeria e recuperato la scatola per la pulizia, predisponendo una linea di difesa. Quando Sofia Stefani è arrivata in ufficio, Gualandi l’ha uccisa e ha raccontato che il colpo era partito per sbaglio. A quel punto ha allertato il 118, per chiedereI messaggi tra i due nei giorni precedenti al delitto avrebbero confermato le intenzioni di Gualandi. La mattina in cui l’ex vigilessa è stata uccisa, dal cellulare della vittima sono state effettuate quindici chiamate a quello dell’indagato. Gualandi avrebbe premuto il grilletto per “chiudere definitivamente i conti con una persona che lo ossessionava da alcuni mesi in maniera incessante”. Intanto, mentre prende il via l’esame autoptico sul corpo della vittima, il legale di Giampiero Gualandi ha già annunciato che, la prossima settimana, verrà depositato il ricorso al Tribunale del Riesame per chiedere la scarcerazione del suo assistito o la misura degli arresti domiciliari. LEGGI TUTTO

  • Studentessa denuncia abusi in classe, professore a giudizio

    La vicenda risale al febbraio del 2022, quando la vittima – 15 anni all’epoca dei fatti – sarebbe stata avvicinata di spalle dal docente, mentre si trovava nell’aula di disegno. Studentessa denuncia abusi in classe, prof a giudizio – Nanopress.itL’indagato aveva negato ogni addebito. Studentessa 15enne denuncia abusi in classeUn abuso, durante le ore di lezione, quello denunciato da una studentessa di 15 anni a carico di un professore ultrasessantenne di un istituto superiore del Ravennate. La studentessa ha riferito di essere stata avvicinata di spalle dal docente, mentre si trovava da sola nell’aula di disegno. I fatti risalgono al febbraio del 2022.La vittima dei presunti abusi ha denunciato l’accaduto ai familiari e agli altri docenti. A quel punto è partita la segnalazione da parte del dirigente scolastico e il caso è passato dalla Procura in Questura. Altre studentesse, ascoltate dagli agenti, avrebbero confermato alcuni atteggiamenti ambigui del docente.Il processo a carico dell’indagato prenderà il via a metà settembre, ma il professore ha respinto ogni accusa, negando di aver abusato della sua alunna.LEGGI ANCHE  — > Abusi sui bambini dell’asilo, il pm chiede 9 anni per un maestro di religione LEGGI TUTTO

  • La tua auto si avvia senza chiavi? Come evitare che te la rubino

    Anche se dotate di tecnologie di ultima generazione, le nuove auto risultano decisamente più vulnerabili ai furti rispetto al recente passato.Ad oggi, infatti, l’elettronica è l’elemento principale dei veicoli più moderni e ad essa ci si appoggia per connettere i vari sistemi integrati. Tuttavia proprio il punto di forza delle nuove tecnologie può divenire, al contempo, anche l’anello debole per quanto concerne la questione sicurezza, specie per i modelli dotati di accensione e apertura di portiere keyless. È sufficiente, ad esempio, un semplice scanner di frequenze del costo di poche decine di euro per riuscire a rilevare il codice prodotto dalle chiavi elettroniche e farlo acquisire a un piccolo ripetitore che consentirà di aprire l’auto senza neppure la necessità di scassinare la serratura, sempre che si tratti di un modello che ne è ancora dotato.Il pericolo furti ha spinto varie case automobilistiche a effettuare specifici test per verificare l’efficacia dei propri sistemi di sicurezza. Stando a uno studio condotto negli Stati Uniti sarebbero sufficienti dai 5 secondi a un minuto per scardinare le difese tecnologiche di nuova generazione. La prova effettuata su 35 vetture da parte del National insurance crime bureau ha condotto a numeri non proprio confortanti: ben 19 auto sono state aperte e 18 messe addirittura in moto.Se si parla poi di sistemi di sicurezza basati sul controllo via app tramite smartphone, le cose peggiorano ulteriormente. In primis c’è il rischio di smarrimento o furto del cellulare, che comporta di conseguenza anche una grave falla nella sicurezza della propria auto: non è difficile, infatti, hackerare il profilo del proprietario e quindi sostituirsi a esso alla guida del mezzo.In sostanza si può affermare che i nuovi ladri d’auto devono essere necessariamente esperti di tecnologia. Non più, dunque, vetri rotti, serrature scassinate o ricerca dei fili d’accensione del mezzo sotto il cruscotto, bensì un vero e proprio lavoro da hacker, col veicolo che viene violato senza compiere alcuno sforzo fisico e senza danni.Come difendersiPer poter arginare il problema si possono adottare delle soluzioni “fai da te”, a partire dal luogo in cui si sceglie di conservare le chiavi del mezzo. Sempre meglio tenerle ben distanti da porte e finestre (cosicché il codice sia difficilmente captabile dall’esterno), e meglio ancora riporle all’interno di scatole di metallo. Esistono anche dei sacchetti speciali, acquistabili online, che isolano le chiavi riproducendo un sistema simile a quello della gabbia di Faraday.C’è addirittura chi propone un ritorno ai vecchi sistemi di sicurezza caserecci, come le catene con lucchetto da avvolgere attorno al volante o gli storici bloccasterzo: questi ultimi, ben visibili dal finestrino, potrebbero scoraggiare chi è alla ricerca di una preda facile. LEGGI TUTTO

  • Codice della Strada, sostanze stupefacenti: circolare sui nuovi criteri per i test

    Una circolare datata 11 aprile 2025 fa chiarezza su un particolare aspetto legato al recente codice della strada, approvato lo scorso novembre dal parlamento italiano. Inviata, nello specifico, dai ministeri dell’Interno e della Salute alle prefetture e alle forze dell’ordine, la circolare in questione ha fatto maggior luce sulle sanzioni prese in considerazione per chi fa uso di sostanze stupefacenti a prescindere dagli effetti sulla capacità di guida. Dopo l’entrata in vigore del codice, questo specifico aspetto era stato contestato da diverse associazioni ed esperti di diritto. Adesso, la circolare in questione ha, di fatto, sconfessato la versione precedente e chiarito che quel principio non ha valore. Infatti, affinchè una persona sia punibile per guida sotto l’effetto di sostanze stupefacenti occorre “una correlazione temporale tra l’assunzione e la guida, che si concretizza in una perdurante influenza della sostanza stupefacente o psicotropa in grado di esercitare effetti negativi sull’abilità alla guida”. 

    La verifica necessaria

    La riforma così come approvata, sostanzialmente, aveva tolto le parole “stato di alterazione psico-fisica” dalle regole e dalle sanzioni legate alla guida dopo aver assunto sostanze stupefacenti. Inizialmente, era sufficiente un test positivo, persino a distanza di giorni o settimane dopo l’assunzione delle stesse sostanze, per far scattare la sanzione e, di conseguenza, far sospendere la patente di chi contravveniva alle regole. La circolare, dunque, specifica che per far scattare una sanzione nei confronti di chi guida dopo l’assunzione di sostanze stupefacenti, è necessario appurare dettagliatamente che la sostanza in questione “produca ancora i suoi effetti nell’organismo durante la guida”. Il documento rileva che la nuova norma, “diversamente dalla precedente formulazione, punisce la guida dopo aver assunto sostanze stupefacenti o psicotrope, a prescindere da un effettivo stato di alterazione psicofisica”. L’elemento caratterizzante, richiamato nella locuzione “dopo aver assunto”, aggiunge, “è costituito dallo stretto collegamento tra l’assunzione della sostanza e la guida del veicolo”. Occorre così provare, si legge ancora nella circolare, “che la sostanza stupefacente o psicotropa sia stata assunta in un periodo di tempo prossimo alla guida del veicolo, tale da far presumere che la sostanza produca ancora i suoi effetti nell’organismo durante la guida”. A questo scopo, “la presenza dei principi attivi delle sostanze stupefacenti o psicotrope deve essere determinata esclusivamente attraverso analisi di campioni ematici o di fluido del cavo orale del conducente, le uniche matrici biologiche nelle quali la presenza di molecole o metaboliti attivi costituisce indice di una persistente attività della sostanza, in grado di influire negativamente sulla guida”. Di fatto, dicono i ministeri, serve proprio certificare che la sostanza stupefacente sia stata assunta in un lasso temporale definito strettamente “prossimo” al momento in cui ci si è messi al volante. In definitiva, la circolare ha voluto ristabilire il criterio legato allo stato di alterazione psico-fisica, in un primo momento non contemplato.
    Le analisi
    Come verificare questo stato di alterazione? “La presenza di sostanze stupefacenti o psicotrope e/o loro metaboliti nelle urine, sulla base di evidenze scientifiche – prosegue il testo di Interno e Salute – non può essere indicativa di una intossicazione in atto, ma può rappresentare il presupposto per l’accertamento della sussistenza delle condizioni psicofisiche richieste per il mantenimento” della patente. La procedura spetta alle forze dell’ordine che eseguono i controlli su strada. Infatti, la persona controllata deve essere sottoposta ad un test salivare che, se risulta positivo, impone il prelievo di due campioni di saliva che devono essere conservati a 4 gradi, ed inviati ad un laboratorio di tossicologia forense. Qui, attraverso una analisi definita “di conferma” si può effettivamente certificare la violazione del codice che scatta qualora anche questa tipologia di analisi confermi la positività. LEGGI TUTTO

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