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Da Vance ai colloqui sul nucleare, Roma diventa il crocevia della geopolitica mondiale
Ascolta la versione audio dell’articolo3′ di letturaRoma questo fine settimana sarà un importante snodo della geopolitica internazionale. Con due appuntamenti di primo piano. Venerdì la visita del vice presidente americano JD Vance. E sabato il secondo round dei negoziati Usa-Iran sul nucleare previstiprobabilmente nella sede dell’ambasciata dell’Oman.L’incontro di Vance con MeloniRoma si prepara agli eventi delle festività di Pasqua che coincideranno quest’anno con la visita del vicepresidente americano JD Vance. Pronto il piano sicurezza per i prossimi giorni, particolarmente impegnativi sotto il profilo dell’ordine pubblico. Con tiratori scelti, no fly zone, bonifiche, chiusure di strade e filtraggi con metal detector. Il vicepresidente degli Stati Uniti, accompagnato dalla moglie Usha, atterrerà la mattina di venerdì a Ciampino. Poi ci saranno i primi appuntamenti istituzionali. La sua agenda, come quella della second lady, resta blindata per motivi di sicurezza ma la Casa Bianca ha fatto sapere che è in calendario un incontro con la premier Giorgia Meloni (di ritorno dall’incontro con Donald Trump alla Casa Bianca), in programma venerdì a ora di pranzo a Palazzo Chigi. Nella tre giorni vedrà, inoltre, il segretario di stato Vaticano, il cardinale Pietro Parolin. Scontato, inoltre, che nel corso della visita nella Capitale Vance e signora approfittino delle bellezze artistiche, a partire dal Colosseo.Loading…A Roma il secondo round dei negoziati sul nucleare iranianoDopo annunci e smentite iraniane, il dado è tratto: si svolgerà sabato a Roma il secondo round dei negoziati indiretti tra l’inviato Usa Steve Witkoff e il ministro degli Esteri iraniano Abbas Araghchi sul nucleare. A dare la conferma la tv di stato iraniana che spiega che sarà «il ministero degli Esteri dell’Oman ad ospitare i colloqui», probabilmente all’ambasciata nella capitale. Era stato proprio Araghchi a riportare il negoziato a Muscat (capitale dell’Oman) nonostante le parti avessero concordato in un primo momento di vedersi a Roma alla vigilia di Pasqua. Una retromarcia che, secondo alcuni media iraniani, derivava dalla riluttanza di Teheran a tenere i colloqui mentre nella capitale italiana era presente anche il vicepresidente Usa JD Vance. E infatti la decisione sul cambio di sede viene definita dal portavoce del ministero degli Esteri, Esmail Baghaei, come «una mossa che potrebbe essere considerata una mancanza di serietà e buona volontà» mentre «siamo ancora nella fase di sperimentazione». Il ministro degli esteri Antonio Tajani aveva confermato sin da subito la disponibilità del governo italiano ad ospitare i colloqui a Roma: «L’Italia vuole semplicemente essere un ponte di pace, non abbiamo ambizioni di nessun tipo», aveva spiegato Tajani.Le difficoltà del negoziatoIl primo incontro tra Witkoff e Araghchi, che si erano scambiati dieci messaggi attraverso il ministro degli Esteri omanita Badr Albusaidi, si era chiuso senza alcun reale passo avanti, nonostante alla fine dei colloqui indiretti a Muscat una settimana fa c’era stato un brevissimo faccia a faccia, un primo contatto diretto dopo molto tempo. E anche il nuovo round negoziale parte con linee rosse ben demarcate da entrambi le parti e in un clima di diffidenza reciproca. «Siamo pronti a costruire fiducia rispetto a possibili preoccupazioni riguardo al nostro programma nucleare ma la questione dell’arricchimento dell’uranio non è negoziabile», ha chiarito Araghchi. In un’intervista a Fox News, Witkoff ha lasciato intendere che l’obiettivo degli Usa è impedire agli ayatollah di dotarsi dell’arma nucleare, tollerando tuttavia un certo margine di arricchimento dell’uranio (al 3,67% come prevedeva l’accordo Jpcoa del 2015 poi abbandonato da Trump, contro l’attuale 60%). LEGGI TUTTO
Mattarella: «Mai più Auschwitz, simbolo incancellabile della barbarie»
Ascolta la versione audio dell’articolo4′ di lettura«Sono di ritorno da Auschwitz dove ho partecipato – insieme a capi di Stato e rappresentanti nazionali provenienti da ogni parte d’Europa, dall’Australia, oltre che, naturalmente, da Israele – alla cerimonia che ricorda l’ottantesimo anniversario dell’apertura dei cancelli del più grande campo di sterminio che la storia ricordi. Luogo di morte per antonomasia, simbolo tetro e incancellabile, testimonianza dell’abomino di cui è capace l’essere umano quando abbandona il diritto, la tolleranza, il rispetto e si incammina sulla strada dell’odio, della guerra, del razzismo, della propria dignità, della barbarie». Lo ha detto il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, alla celebrazione del ’Giorno della memoria’ al Quirinale.E ancora «Auschwitz, con le recinzioni elettrificate, le minacciose torrette, le camere a gas, le ciminiere, i crematori…Le crudeli selezioni, le percosse, la fame, il gelo, la paura, i criminali esperimenti medici…Auschwitz provoca sempre infinito orrore, scuote le nostre coscienze, le nostre convinzioni. Genera angoscia, turbamento, interrogativi laceranti. Non si va, non vi si può andare, come se fosse solo un memoriale di un’epoca passata, un sito storico oggi trasformato in un monumento alle vittime di tanta sofferenza. Da Auschwitz – smisurato cimitero senza tombe – si torna ogni volta sconvolti. Perché Auschwitz è il ”non luogo” per eccellenza, una nebulosa, dove le coordinate spaziali si smarriscono e il tempo si ferma. Non è una parentesi, per quanto orribile. Alberga nel fondo dell’animo dell’uomo. E’ un monito insuperabile e, insieme, una tentazione che sovente affiora».Loading…Mattarella: tempi violenti, rinnovare il patto tra i popoli Poi ha aggiunto: ieri ad Auschwitz «abbiamo vissuto un evento storico, di straordinaria importanza, che tesse insieme, in un’unica tela, passato e futuro, memoria e responsabilità di oggi. Un evento che ha espresso anche il significato di rinnovare un patto tra le nazioni e i popoli che, in tempi difficili come quelli che stiamo attraversando, in cui la violenza, l’aggressione, l’inimicizia, la guerra sembrano voler prendere il sopravvento, accende una speranza»«La peste si è spenta ma l’infezione serpeggia» Il capo dello Stato ha inoltre ammonito: «Anche con la definitiva sconfitta del nazifascismo in Europa, con la ripresa delle democrazie, le ferite non si sono mai del tutto rimarginate. Era arrivata la liberazione. Ma ombre, parole e fantasmi continuarono – e continuano – a generare inquietudine. Sosteneva in quegli anni Primo Levi: “Auschwitz è fuori di noi, ma è intorno a noi. La peste si è spenta, ma l’infezione serpeggia”. Cominciava un’era di libertà e di solidarietà, ma il suo avvio era accompagnato da non piena consapevolezza degli orrori più perversi degli anni della guerra, da dubbi sulle prime notizie, talvolta da incredulità rispetto a quanto era avvenuto nei campi nazisti. Lo sa bene chi è sopravvissuto a quella tragica e disumana esperienza». «Insulti a Segre reati gravi, vanno perseguiti»Poi, dopo aver ricordato che Auschwitz è «la conseguenza diretta delle leggi razziste, ignominiosamente emanate anche in Italia dal regime fascista e della furia antiebraica nazista, di cui il regime fascista e la Repubblica di Salò furono complici e collaboratori, fino alla “soluzione finale”», rivolto ai sopravvissuti e ai familiari delle vittime ha aggiunto: «La sofferenza vostra e dei vostri cari, così come il sacrificio dei tanti caduti per la libertà, hanno plasmato lo spirito e la forma della nostra Costituzione, che è nata – e vive – per cancellare i principi, le azioni, le parole d’ordine del cupo dominio nazifascista, di cui il sanguinoso conflitto mondiale e i campi di sterminio furono gli esiti crudeli e inevitabili». E ancora: «E’ doloroso e inaccettabile che vi siano ignobili insulti razzisti alla senatrice Segre, su quei social media che sono nati come espressione di libertà e che rischiano invece, sovente, di diventare strumento di violenza e di negazione di diritti. Occorre mettervi un argine. Sono reati gravi, che vanno perseguiti a tutela della libertà e della giustizia» LEGGI TUTTO
Atto dovuto, carte al tribunale dei ministri
Ascolta la versione audio dell’articolo2′ di letturaLa premier Giorgia Meloni finisce sotto inchiesta per l’affaire Osema Almasri, il generale libico ricercato dalla Corte penale internazionale dell’Aja per crimini contro l’umanità nel carcere di Mitiga (Tripoli). Sotto accusa ci sono anche l’Autorità delegata alla sicurezza della Repubblica, Alfredo Mantovano, il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi e il Guardasigilli Carlo Nordio. Nei loro confronti sono ipotizzati i reati di favoreggiamento personale, in riferimento al mancato arresto del militare, e il peculato, connesso al rimpatrio del libico con volo di Stato.L’iscrizione nel registro degli indagati – conseguenza obbligatoria dopo la denuncia presentata dall’avvocato Luigi Li Gotti, ex sottosegretario alla Giustizia col Governo Prodi II – rappresenta un atto dovuto per la Procura di Roma, tanto che contestualmente alla notifica dell’avviso di garanzia il procuratore capo Francesco Lo Voi si è spogliato del procedimento e ha inviato gli atti al Tribunale dei ministri, competente in caso di reati commessi da esponenti di Governo nell’esercizio delle loro funzioni.Loading…Sarà ora questo collegio (tre magistrati ordinari) a dover trovare riscontro alla denuncia e chiarire tutta la vicenda. Iniziata il 18 gennaio scorso a Torino, quando la Digos ha arrestato Almasri – in viaggio da dodici giorni tra Inghilterra, Belgio, Germania e come ultima tappa l’Italia – sulla base di un atto d’accusa diramato lo stesso giorno dalla Corte dell’Aya e contestualmente rilanciato con una Red notices dell’Interpol.Stando alle procedure, l’arresto compiuto dalla Digos era stato irregolare, in quanto per essere eseguito doveva avere l’impulso della Procura generale di Roma (competente in questi casi) allertata preventivamente dal ministero della Giustizia. E qui nasce il nodo. Secondo via Arenula il 18 gennaio non era arrivato nulla dall’Aya. L’aspetto che potrebbe avere risvolti penali, però, è che neanche nei giorni successivi, il 20 gennaio, il Ministero ha mandato comunicazioni alla Procura generale, col risultato che il 21 la Corte d’Appello ha dovuto rimettere in libertà Almasri (si veda l’articolo a destra).L’altro tema che dovrà essere affrontato è il rimpatrio del militare per «urgenti ragioni di sicurezza», ha spiegato il ministro Piantedosi, considerata «la pericolosità del soggetto». Il problema è che Almasri, sotto accusa per crimini contro l’umanità, omicidio, violenze sessuali plurime e stupro di guerra nelle carceri libiche, è avvenuto attraverso l’utilizzo di un volo di Stato. Si pensi che, secondo le ricostruzioni, il Falcon battente bandiera italiana è atterrato intorno alle 11 del 21 gennaio scorso all’aeroporto Caselle di Torino, mentre la decisione di rimettere in libertà Almasri è giunta solo nel pomeriggio. LEGGI TUTTO
La classifica delle città italiane in cui è più facile trovare lavoro
Uno dei tanti problemi che caratterizzano la penisola italiana è proprio la questione lavorativa. L’Italia, infatti, sicuramente non è il Paese europeo con la miglior nomea in termini di opportunità in tal senso. Va precisato, che il deficit occupazionale non è costante; al contrario, esso si verifica maggiormente in determinate zone della penisola. Vediamo dunque la classifica delle città italiane in cui è più facile trovare lavoro. Operaio di 33 anni muore schiacciato da un macchinario – Nanopress.itLa classifica è stata stilata di seguito a uno studio condotto dalla Fondazione Aidp – Lavoro e Sostenibilità, in collaborazione con Isfort. In testa alla graduatoria troviamo Milano, seguita da diverse città del Nord. La capitale, anche quest’anno non è riuscita a salire sul podio.La classifica delle città italiane più “vive” lavorativamenteUno studio depositato oggi presso il Comune di Napoli – condotto dalla Fondazione Aidp – Lavoro e Sostenibilità, in collaborazione con Isfort – ha permesso di classificare le città con maggiori opportunità lavorative all’interno del nostro Paese. Ad aggiudicarsi il podio vi sono tre città nordiche: tra queste Milano, la quale si conquista il primo posto, a seguire Bergamo, Padova, Trieste e Trento. Persone in cerca di lavoro – Nanopress.itIn sesta posizione troviamo, invece, Cagliari, seguita da Udine, Monza e Modena. La graduatoria rappresenta chiaramente la disparità territoriale tra Nord e Sud. Infatti nelle prime 40 posizioni vi sono ben 17 città del nord-est, 14 del nord-ovest e sei del centro. Solo tre sono, invece, le città del Sud e delle Isole.Roma – pur avendo subito un miglioramento rispetto agli anni precedenti – si classifica al 25esimo posto. Napoli, invece, non rientra all’interno della classifica.I criteri utilizzati all’interno dello studioLo studio messo in atto dalla Fondazione Aidp si basa su una serie di criteri volti a fornire un quadro generale delle condizioni lavorative all’interno delle varie città. I fattori presi in considerazione per stilare la classifica sono stati: dal lato interno, le retribuzioni, l’ambiente di lavoro e le opportunità professionali. Mentre da quello esterno, l’ambito dei trasporti, la vivibilità ambientale, i servizi digitali, di sicurezza e quelli per garantire un corretto godimento del tempo libero.Ampiamente presi in considerazione anche gli aspetti economici, come i redditi destinati ai servizi di cittadinanza (offerta formativa, sanità ecc..).“Questo rapporto fotografa il divario del Paese soprattutto dal punto di vista economico, ma se guardiamo nel dettaglio i vari indicatori vediamo un Sud dinamico, che sta crescendo dal punto di vista infrastrutturale e di contributo alla crescita del Paese che va attentamente considerato”. Afferma, come riportato da Fanpage, il sindaco di Napoli Gaetano Manfredi. LEGGI TUTTO
Edicole, diversificare per non sparire: la proposta Verini punta sull’utilità sociale
Ascolta la versione audio dell’articolo2′ di letturaNegli ultimi tempi l’Italia ha perso migliaia di edicole, «soprattutto nei centri più sperduti e più marginali, nelle aree interne, ma anche nelle città». Si pensi che a Roma, «solo nel primo municipio hanno chiuso in questi anni 50 edicole». C’è anche questo bilancio – drammatico per chi considera le rivendite «un presidio anche sociale» oltre che «un contributo alla libertà di informazione» – all’origine di una proposta di legge dem appena presentata al Senato.Le misure salva edicoleIl dem Walter Verini, che della proposta di legge è il primo firmatario, riassume a Parlamento24 le possibili misure “salva edicole”, dalla defiscalizzazione di tasse e contributi previdenziali per gli edicolanti alla riduzione (o azzeramento) di una lunga serie di tasse locali che oggi gravano su queste particolari strutture di vendita capillare «ma con un ruolo di utilità sociale», dalla Tari alle tariffe comunali.Loading…La diversificazione delle attività e i contributi alla distribuzioneUno degli aspetti qualificanti della proposta di legge Verini riguarda la diversificazione delle attività delle edicole, per esempio come punto di contatto con i cittadini per conto delle amministrazioni locali: «Perché non mettere in rete le edicole con gli uffici comunali da cui arriva un certificato che consente ai cittadini di ritiralo senza andare lontano?». Tra le misure pro-edicole proposte da Verini anche l’introduzione di contributi per i distributori, «perché spesso portare dei giornali in luoghi lontani, sia nelle città e sia nelle aree più disagiate costa, costa in carburante, in benzina, in lavoro e magari per vendere cinque copie, dieci copie» in località difficile di raggiungere.Una battaglia che non deve avere bandierine politicheL’auspicio, conclude Verini, è che la sua proposta di legge attivi un dibattito per salvare le edicole aiutandole a superare la crisi che le caratterizza: «L’ho presentata io, ma davvero vuole essere molto aperta ai contributi di tutti. È una battaglia che non deve avere bandierine partitiche». LEGGI TUTTO