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È stata scoperta una rete di antiche città in Amazzonia, abitata quando in Europa c’era l’Impero Romano
Caricamento playerUn gruppo di archeologi guidati dal francese Stéphen Rostain ha scoperto i resti di una serie di antiche città nella foresta amazzonica dell’Ecuador, grazie a una tecnologia di telerilevamento basata sul laser e a indagini sul campo. L’articolo scientifico che documenta la scoperta, pubblicato sulla rivista Science, spiega che queste città furono abitate circa tra il 500 a.C. e un periodo compreso tra il 300 e il 600 d.C., più o meno quando in Europa c’era l’Impero Romano.
Appartenevano al cosiddetto popolo Upano, così chiamato dal nome di un fiume che scorre in una regione collinare ai piedi delle Ande: è la più antica società umana amazzonica mai scoperta e studiata. Questi insediamenti infatti hanno almeno mille anni in più dei più antichi trovati in precedenza nell’Amazzonia.
Rostain è un archeologo esperto di antiche civiltà amazzoniche precolombiane, cioè che vivevano in America prima che ci arrivasse Cristoforo Colombo nel 1492, ed è un ricercatore del Centre national de la recherche scientifique (CNRS), l’analogo francese del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR) italiano. Aveva iniziato a studiare alcune montagnole del tipo che solitamente nasconde resti di antiche costruzioni nella valle dell’Upano una trentina d’anni fa, ma per molto tempo lui e i suoi colleghi si erano limitati a studiare due siti principali, Sangay e Kilamope, dove sono stati trovati manufatti di ceramica dipinta e incisa.
Le sue scoperte si sono estese dopo che nel 2015 l’Istituto nazionale per il patrimonio culturale dell’Ecuador realizzò una mappatura aerea della valle dell’Upano con un LIDAR, uno strumento che permette di misurare la distanza di oggetti e superfici attraverso impulsi laser e che per questo può essere usato per rilevare la presenza di strutture umane nascoste in una fitta foresta. Grazie alle informazioni ottenute in questo modo gli archeologi si sono accorti che i siti a loro noti erano collegati ad altri, fino ad allora sconosciuti, attraverso una rete di strade. Complessivamente sono stati trovati cinque grandi insediamenti e dieci più piccoli in una zona di 300 chilometri quadrati. Le strade più grandi misuravano 10 metri di larghezza e si allungavano fino a 20 chilometri.
La copertina di Science del 12 gennaio 2024, dedicata alla scoperta della rete di antiche città scoperta in Amazzonia
Sono state trovate le tracce di campi coltivati a mais, patate e manioca (un altro tubero), canali, abitazioni e costruzioni per cerimonie religiose, entrambe realizzate con mattoni di fango, l’unico materiale da costruzione reperibile nella regione. Il gruppo di Rostain ha stimato che nella rete di centri potessero vivere almeno 10mila persone, forse fino a 30mila nei periodi di picco demografico. Sarebbe una popolazione numericamente simile a quella che abitava Londra in epoca romana e capace di organizzare il lavoro in maniera complessa, avendo potuto realizzare una rete urbana di questa estensione.
La scoperta è una ulteriore conferma del fatto che le popolazioni della foresta amazzonica non vissero sempre in piccoli gruppi più o meno nomadi, come si pensava in passato, ma che nella regione si svilupparono anche altri tipi di società prima dell’arrivo degli europei. LEGGI TUTTOSisto: parere Cassazione rischia di diventare politico
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Fontana: Nato chiamata a prova di maturità
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Denatalità, senza politiche perdiamo il 9% del Pil. Bonetti: «Agire subito»
Ascolta la versione audio dell’articolo3′ di lettura«La situazione è a dir poco drammatica: l’indice di fertilità è dell’1,2, tra più i bassi d’Europa e tra i più bassi a livello mondiale. Siamo scesi sotto i 400mila nati a fronte di più di 500mila nel 2013. Avanti così e il rapporto tra la popolazione in età lavorativa e quella in età non lavorativa, che oggi è di 3 a 2, sarà di 1 a 1 nel 2050. E, come ha sottolineato Bankitalia con Andrea Brandolini, se i tassi di partecipazione al lavoro restassero quelli attuali il Pil calerebbe di 9 punti percentuali in 25 anni».La presidente di Azione Elena Bonetti, eletta a febbraio scorso con voto unanime presidente della Commissione parlamentare di inchiesta sugli “effetti economici e sociali derivanti dalla transizione demografica in atto”, rilancia l’allarme contro il declino demografico dopo che si è chiuso, con Bankitalia, il primo importante ciclo di audizioni che ha visto tra i protagonisti anche il Cnel e l’Istat. «Il quadro che emerge richiede urgentemente l’intervento di politiche pubbliche nel breve, nel medio e nel lungo periodo – dice -: queste prime audizioni hanno messo in evidenza che il nostro Paese si trova in una condizione di non sostenibilità economica e sociale per una duplicità di presenza di effetti: da un lato il calo delle nascite, dall’altro lato una longevità della popolazione che in sé è un fatto positivo ma che provoca potenzialmente un aumento della spesa pubblica per l’assistenza sociosanitaria e le pensioni. Il compito della commissione da me presieduta è intanto dare una sistematicità a questi dati. Va poi introdotta anche una prospettiva di valutazione delle politiche pubbliche».Loading…La propostaBonetti insiste molto sulla necessità di introdurre principi di valutazione di impatto ex ante, in fieri ed ex post delle politiche pubbliche contro il declino demografico già nella legge di revisione della contabilità dello Stato. Le politiche su questo fronte, infatti, hanno giocoforza effetto nel lungo periodo: anche se aumentasse improvvisamente la fertilità, come ha sottolineato Bankitalia in audizione, bisognerebbe attendere circa 25 anni per vedere i primi impatti sul mercato del lavoro. «Da qui la necessità di investire sulla formazione continua dei lavoratori per aumentare la produttività e di attivare politiche migratorie più legate alle esigenze delle imprese. Tutti gli auditi hanno sottolineato che l’immigrazione, qualificata e formata, è indispensabile per la sostenibilità del sistema. Ma il nodo principale resta quello delle donne», ricorda Bonetti.«Servono politiche di incentivi che portino ad un aumento della capacità salariale delle donne»Anche Bankitalia ha sottolineato che almeno dagli anni Ottanta sono proprio le lavoratrici a fare più figli: aumentare un tasso di partecipazione femminile che ora è poco sopra il 50% resta la priorità, soprattutto al Sud. Ma non basta fermarsi alla partecipazione, avverte Bonetti. «Oggi avere un figlio ha di fatto un effetto di penalizzazione salariale e troppo spesso anche di abbandono del lavoro – dice -. Per questo bisogna insistere su politiche di incentivi che portino ad un aumento della capacità salariale delle donne, della loro promozione di carriera. Ma occorre anche promuovere servizi territoriali che rendano del tutto compatibile la scelta di maternità accanto a quella lavorativa. A partire dagli asili nido, che rischiano di essere un obiettivo mancato del Pnrr. Bankitalia ha anche ricordato che noi dobbiamo crescere nella gestione paritaria a livello familiare: dare solo alle donne congedi per rimanere a casa ha un effetto negativo sulle donne e, mi permetto di dire, anche sui costi delle imprese».Insomma, agire presto è la parola d’ordine, di fronte alla prospettiva di recessione delineata da Bankitalia. «Non ce lo possiamo permettere», conclude Bonetti. LEGGI TUTTO
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È stata scoperta una rete di antiche città in Amazzonia, abitata quando in Europa c’era l’Impero Romano
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Appartenevano al cosiddetto popolo Upano, così chiamato dal nome di un fiume che scorre in una regione collinare ai piedi delle Ande: è la più antica società umana amazzonica mai scoperta e studiata. Questi insediamenti infatti hanno almeno mille anni in più dei più antichi trovati in precedenza nell’Amazzonia.
Rostain è un archeologo esperto di antiche civiltà amazzoniche precolombiane, cioè che vivevano in America prima che ci arrivasse Cristoforo Colombo nel 1492, ed è un ricercatore del Centre national de la recherche scientifique (CNRS), l’analogo francese del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR) italiano. Aveva iniziato a studiare alcune montagnole del tipo che solitamente nasconde resti di antiche costruzioni nella valle dell’Upano una trentina d’anni fa, ma per molto tempo lui e i suoi colleghi si erano limitati a studiare due siti principali, Sangay e Kilamope, dove sono stati trovati manufatti di ceramica dipinta e incisa.
Le sue scoperte si sono estese dopo che nel 2015 l’Istituto nazionale per il patrimonio culturale dell’Ecuador realizzò una mappatura aerea della valle dell’Upano con un LIDAR, uno strumento che permette di misurare la distanza di oggetti e superfici attraverso impulsi laser e che per questo può essere usato per rilevare la presenza di strutture umane nascoste in una fitta foresta. Grazie alle informazioni ottenute in questo modo gli archeologi si sono accorti che i siti a loro noti erano collegati ad altri, fino ad allora sconosciuti, attraverso una rete di strade. Complessivamente sono stati trovati cinque grandi insediamenti e dieci più piccoli in una zona di 300 chilometri quadrati. Le strade più grandi misuravano 10 metri di larghezza e si allungavano fino a 20 chilometri.
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Sono state trovate le tracce di campi coltivati a mais, patate e manioca (un altro tubero), canali, abitazioni e costruzioni per cerimonie religiose, entrambe realizzate con mattoni di fango, l’unico materiale da costruzione reperibile nella regione. Il gruppo di Rostain ha stimato che nella rete di centri potessero vivere almeno 10mila persone, forse fino a 30mila nei periodi di picco demografico. Sarebbe una popolazione numericamente simile a quella che abitava Londra in epoca romana e capace di organizzare il lavoro in maniera complessa, avendo potuto realizzare una rete urbana di questa estensione.
La scoperta è una ulteriore conferma del fatto che le popolazioni della foresta amazzonica non vissero sempre in piccoli gruppi più o meno nomadi, come si pensava in passato, ma che nella regione si svilupparono anche altri tipi di società prima dell’arrivo degli europei. LEGGI TUTTO