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Edicole, diversificare per non sparire: la proposta Verini punta sull’utilità sociale
Ascolta la versione audio dell’articolo2′ di letturaNegli ultimi tempi l’Italia ha perso migliaia di edicole, «soprattutto nei centri più sperduti e più marginali, nelle aree interne, ma anche nelle città». Si pensi che a Roma, «solo nel primo municipio hanno chiuso in questi anni 50 edicole». C’è anche questo bilancio – drammatico per chi considera le rivendite «un presidio anche sociale» oltre che «un contributo alla libertà di informazione» – all’origine di una proposta di legge dem appena presentata al Senato.Le misure salva edicoleIl dem Walter Verini, che della proposta di legge è il primo firmatario, riassume a Parlamento24 le possibili misure “salva edicole”, dalla defiscalizzazione di tasse e contributi previdenziali per gli edicolanti alla riduzione (o azzeramento) di una lunga serie di tasse locali che oggi gravano su queste particolari strutture di vendita capillare «ma con un ruolo di utilità sociale», dalla Tari alle tariffe comunali.Loading…La diversificazione delle attività e i contributi alla distribuzioneUno degli aspetti qualificanti della proposta di legge Verini riguarda la diversificazione delle attività delle edicole, per esempio come punto di contatto con i cittadini per conto delle amministrazioni locali: «Perché non mettere in rete le edicole con gli uffici comunali da cui arriva un certificato che consente ai cittadini di ritiralo senza andare lontano?». Tra le misure pro-edicole proposte da Verini anche l’introduzione di contributi per i distributori, «perché spesso portare dei giornali in luoghi lontani, sia nelle città e sia nelle aree più disagiate costa, costa in carburante, in benzina, in lavoro e magari per vendere cinque copie, dieci copie» in località difficile di raggiungere.Una battaglia che non deve avere bandierine politicheL’auspicio, conclude Verini, è che la sua proposta di legge attivi un dibattito per salvare le edicole aiutandole a superare la crisi che le caratterizza: «L’ho presentata io, ma davvero vuole essere molto aperta ai contributi di tutti. È una battaglia che non deve avere bandierine partitiche». LEGGI TUTTO
Cinque giorni di lutto nazionale, polemica politica sul 25 aprile
Ieri il Cdm ha proclamato 5 giorni di lutto nazionale per la morte di Papa Francesco. Scoppia un caso sulle celebrazioni della Liberazione, che cade in uno dei giorni di lutto. “Tutte le cerimonie sono consentite, ma con sobrietà”, dice il ministro per la Protezione civile Musumeci. Sinistra in rivolta, Anpi conferma eventi. Il Pd replica che sospenderà tutte le iniziative programmate fino al 24, ma celebrerà la festa del 25 aprile. Il ministro poi puntualizza: “Nessun ostacolo”
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Il governo ha proclamato cinque giorni di lutto nazionale per la morte di Papa Francesco. La decisione è stata assunta ieri dal Cdm, ventiquattro ore dopo dopo la scomparsa di Bergoglio. Nell’esecutivo c’era chi spingeva per un lutto di tre giorni, in linea con quanto fu stabilito dopo la scomparsa di Giovanni Paolo II. Ma alla fine è prevalsa la linea più larga, perorata dalla premier Giorgia Meloni, che porterà il lutto fino a sabato 26 aprile, il giorno dei funerali del Pontefice. In questo modo il lutto interesserà anche la giornata del 25, cioè la festa della Liberazione. E questo ha causato una polemica con l’opposizione.
Le parole di Musumeci e le reazioni
“Il 25 aprile? Tutte le cerimonie sono consentite, con la sobrietà che la circostanza impone a ciascuno”, ha detto il ministro Musumeci al termine del Cdm di ieri. Parole che hanno scatenato dure reazioni. Il Pd annuncia seccamente che sospenderà le attività del partito solo per tre giorni, fino al 24. Avs punta il dito contro “l’allergia” di Palazzo Chigi “alla liberazione dal fascismo e dal nazismo”. I radicali parlano dell'”ennesimo sintomo di uno stato teocratico”. Nessun commento dal Movimento 5 stelle che però, è quanto filtra da ambienti di Campo Marzio, vogliono evitare polemiche politiche in un momento di lutto per il Papa confermando al contempo l’impegno a festeggiare il 25 aprile. Una polemica che potrebbe andare di pari passo – si teme in ambienti parlamentari – con l’omaggio della politica e delle istituzioni a Francesco che culminerà nelle commemorazioni ufficiali alla Camera (con la partecipazione della presidente del Consiglio) e sabato fermerà anche le partite di calcio.
Protesta delle opposizioni
“Non trovo giustificazione alle parole strampalate sulla sobrietà con cui celebrare il 25 aprile utilizzate da un ministro del governo Meloni”, attacca Nicola Fratoianni. “Voler sminuire il valore di ciò che rappresenta quel giorno utilizzando peraltro la scomparsa di una straordinaria personalità come Papa Francesco, non può passare sotto silenzio”. Il 25 aprile “non è una festa in discoteca o un happy hour, ma il giorno in cui si ricorda la liberazione dell’Italia dal nazifascismo, grazie alla resistenza che ci ha poi condotti alla democrazia”, rincara il collega di Avs, Angelo Bonelli che aggiunge: “Musumeci ha perso un’occasione per tacere”. Il segretario di Radicali Italiani, Filippo Blengino, invita i sindaci a “disobbedire, non dando seguito alle disposizioni di Palazzo Chigi e non esponendo le bandiere a mezz’asta”. Mentre Rifondazione Comunista promette che il 25 sarà in piazza “con ancora più forza, con ancora più rabbia, con ancora più speranza. A ricordare che l’Italia è nata dalla resistenza”. LEGGI TUTTOMosca attacca Mattarella: «Invenzioni blasfeme sulla Russia». Meloni: insulti che offendono l’Italia intera
Ascolta la versione audio dell’articolo3′ di lettura«Invenzioni blasfeme». Così la portavoce del ministero degli Esteri russo, Maria Zakharova, ha bollato le parole del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, che in un discorso all’università di Marsiglia la scorsa settimana aveva paragonato la Russia al Terzo Reich nazista per il suo attacco all’Ucraina. Lo riferisce la Tass. Parole che provocano la reazione indignata bipartisan del mondo politico. Mentre dal Quirinale filtra che il Presidente della Repubblica è assolutamente sereno e rimanda alla lettura del testo pronunciato a Marsiglia.Meloni: attacchi a Mattarella offesa a tutta la nazione «Gli insulti della portavoce del Ministero degli Esteri russo, che ha definito ”invenzioni blasfeme” le parole del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, offendono l’intera Nazione italiana, che il Capo dello Stato rappresenta. Esprimo la mia piena solidarietà, così come quella dell’intero Governo, al Presidente Mattarella, che da sempre sostiene con fermezza la condanna dell’aggressione perpetrata ai danni dell’Ucraina» ha affermato in una nota la premier Giorgia Meloni.Loading…Tajani: solidarietà a Mattarella,da Mosca parole offensive Dura anche la reazione della Farnesina. «Solidarietà al Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, per le parole offensive giunte da Mosca nei suoi confronti. Rinnovo, anche a nome di Forza Italia, la piena fiducia nell’operato del Capo dello Stato, riconosciuto da tutti un autorevole uomo di pace» ha scritto su X il vicepremier e ministro degli Esteri Antonio TajaniLa vicinanza dei presidenti delle Camere «Trovo inopportune e fuori luogo le dichiarazioni rilasciate dalla portavoce del ministero degli Esteri russo, Maria Zakharova. Al capo dello Stato Sergio Mattarella, custode dei valori della Repubblica e punto di riferimento della nazione, rinnovo la mia stima ed esprimo la vicinanza mia personale e del Senato» ha scritto sui social è il presidente del Senato Ignazio La Russa. A lui ha fatto eco il presidente della Camera dei deputati, Lorenzo Fontana, per il quale le parole di Mattarella «riflettono un forte impegno per la pace e per i principi di libertà e democrazia» ha dichiaratoSchlein: solidarietà a Mattarella per attacco di Mosca Vicinanza a Mattarella anche dall’opposizione. «Solidarietà al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, attaccato dal governo di Mosca per aver condannato con forza e senza mezzi termini l’aggressione della Russia contro l’Ucraina. La comunità democratica si riconosce pienamente nelle parole e nell’azione del Capo dello Stato, custode della Costituzione e della democrazia. A lui va la mia personale gratitudine e quella del Partito Democratico» ha dichiarato la segretaria del Pd Elly Schlein. LEGGI TUTTO
Caso Santanchè, da Ruggiero a Sangiuliano: ecco i 33 ministri che si sono dimessi dal 2001
Ascolta la versione audio dell’articolo4′ di letturaL’attuale premier, Giorgia Meloni, ha già accolto le dimissioni di un suo ministro: quelle di Gennaro Sangiuliano. Che a settembre 2024 ha lasciato l’incarico di responsabile della Cultura per l’esplosione del “caso Mario Rosaria Boccia”. L’uscita dall’esecutivo di Sangiuliano non è affatto un inedito. Negli ultimi 25 anni sono 33 i ministri che per motivi vari (giudiziari, politici o personali) hanno abbandonato il dicastero loro affidato. In altre parole, dal 2001 il 12% dei 278 ministri nominati dai presidenti del Consiglio che si sono succeduti a Palazzo Chigi ha concluso prematuramente l’esperienza di governo: da Renato Ruggiero e Claudio Scajola nel secondo esecutivo Berlusconi a, appunto, Sangiuliano passando per Federica Mogherini, Maria Carmela Lanzetta e Maurizio Lupi nell’esecutivo Renzi e Lorenzo Fioramonti nel “Conte 2”. Una percentuale che potrebbe subire un aggiornamento per l’evoluzione delle vicende giudiziarie, e anche politiche, legate al ministro del Turismo, Daniela Santanchè. Vicende che sono al centro in queste settimane delle mozioni di sfiducia, presentate dalle opposizioni, che sono in discussione in Parlamento.Il picco di dimissioni con il secondo governo BerlusconiIn carica dall’11 giugno 2001 fino al 23 aprile 2005 il secondo governo presieduto da Silvio Berlusconi lungo il cammino vide diversi ministri lasciare l’incarico per varie ragioni. A partire da quelli degli Esteri, Renato Ruggiero, dell’Interno, Claudio Scajola e dell’Economia Giulio Tremonti. A presentare le dimissioni furono anche il ministro della Funzione pubblica, Franco Frattini, nominato da Berlusconi alla Farnesina al posto di Ruggiero, Giuseppe Pisanu, che abbandonò il ministero dell’Attuazione del programma per subentrare a Scajola al Viminale, e l’allora leader della Lega, Umberto Bossi, che lasciò il ministero delle Riforme (dove fu sostituito da Roberto Calderoli) per il seggio di parlamentare europeo. Poi nel novembre 2024 toccò ancora Frattini abbandonare pure il ministero degli Esteri (dove approdò l’allora vicepremier e leader di An, Gianfranco Fini) per la designazione a nuovo Commissario Ue al posto di Rocco Buttiglione, che aveva rinunciato dopo le polemiche suscitate dai suoi interventi sulle coppie gay. Nel dicembre 2004 il ministro della Funzione Pubblica, Luigi Mazzella, che due anni prima aveva preso il posto di Frattini a Palazzo Vidoni, rassegnò le dimissioni e venne sostituito da Mario Baccini (Udc). Quattro mesi più tardi, nell’aprile 2005, tutta la delegazione dell’Udc si ritirò dal governo: oltre a Baccini, i ministri per i Rapporti con il Parlamento, Carlo Giovanardi, e per le Politiche comunitarie, Rocco Buttiglione, e il vicepremier Marco Follini.Loading…Le uscite dal “Berlusconi III” e dal “Berlusconi IV”Il terzo governo Berlusconi resta in carica dall’aprile 2005 al maggio del 2006. Ma già nel settembre del 2005 il ministro dell’Economia, Domenico Siniscalco (che nel secondo esecutivo Berlusconi aveva preso il posto di Tremonti) si dimette per tensioni sulle vicende del governatore della Banca d’Italia, Antonio Fazio; e sulla legge Finanziaria. Nel febbraio del 2006 si dimette anche il ministro delle Riforme Calderoli dopo le polemiche seguite alla t-shirt con le vignette danesi su Maometto che aveva mostrato in Tv. E ad annunciare le dimissioni nel marzo 2006 è anche il ministro della Salute Francesco Storace per la vicenda delle intercettazioni, dopo l’arresto di 16 persone che avrebbero spiato i suoi rivali Piero Marrazzo e Alessandra Mussolini prima delle elezioni regionali del 2005. Anche il quarto governo Berlusconi, operativo dal maggio 2008 al novembre 2011, non rimane immune dall’effetto dimissioni. Il primo a lasciare l’incarico nel 2010 è il ministro delle Regioni e per la coesione territoriale, Raffaele Fitto (all’epoca esponente Pdl). Nell’aprile 2010 il suo collega di partito Giancarlo Galan viene nominato ministro delle Politiche agricole, alimentari e forestali, a seguito delle dimissioni del leghista, Luca Zaia, eletto presidente della Regione Veneto. Lo stesso Galan annuncia le sue dimissioni nel marzo del 2011, quando va a ricoprire l’incarico di ministro dei Beni culturali, lasciato da Sandro Bondi (Pdl). Sempre nel 2010 Paolo Romani (Pdl) è nominato ministro dello Sviluppo Economico, sostituendo Berlusconi, che aveva mantenuto l’interim del dicastero dopo le dimissioni di Claudio Scajola nel maggio dello stesso anno. Il 2010 vede anche le dimissioni di Aldo Brancher, all’epoca ministro per la Sussidiarietà e il Decentramento. Nel 2011 arrivano anche quelle di Angelino Alfano da ministro della Giustizia dopo essere stato nominato segretario del Popolo della Libertà.Mastella lascia il secondo governo ProdiNel gennaio 2008, durante il secondo governo Prodi (in carica dal maggio 2006 al maggio 2008), l’allora ministro della Giustizia, e leader dell’Udeur, Clemente Mastella, lascia l’incarico per le accuse di concorso esterno in associazione a delinquere della procura di Santa Maria Capua Vetere (dalle quali è stato poi assolto nel 2017). Le dimissioni di Mastella hanno provocano l’uscita dalla maggioranza dell’Udeur, che si è rivela uno dei passaggi decisivi nella caduta dell’esecutivo sostenuto da una coalizione di centrosinistra.Quattro i ministri usciti dal governo RenziAd abbandonare il governo Renzi, in carica tra il 2014 e il 2016, sono stati quattro ministri. A cominciare da quello degli Esteri, Federica Mogherini (Pd), che dal novembre 2014 era stata chiamata a ricoprire il ruolo di Alto appresentante per la politica estera della Ue a Bruxelles. Ad annunciare le dimissioni è poi il ministro per gli Affari Regionali, Maria Carmela Lanzetta (Pd), in vista di un incarico nella giunta calabrese di Mario Oliverio. A seguito di vicende giudiziarie legate al cosiddetto scandalo Grandi Opere, che aveva coinvolto il dicastero delle Infrastrutture, l’allora ministro Maurizio Lupi (all’epoca Ncd) lascia l’incarico. Così come nell’aprile del 2016 il ministro per lo Sviluppo Economico, Federica Guidi, per le ricadute relative all’inchiesta Tempa Rossa. LEGGI TUTTO
Mattarella: violenza contro le donne è aggressione all’intera società
Ascolta la versione audio dell’articolo2′ di lettura«Particolare attenzione va ancora risposta nel fronteggiare la piaga – vergognosa e inaccettabile – della violenza contro le donne. Ogni femminicidio, ogni discriminazione, ogni maltrattamento, sono un’aggressione all’intera società. Occorre continuare con l’opera di repressione e di prevenzione. Ma, contemporaneamente, bisogna proseguire con un’azione educativa, a partire dalle generazioni più giovani, che promuova una cultura di effettiva parità sradicando stereotipi, pregiudizi e abitudini consolidate». E’ quanto scrive il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, in visita di Stato in Giappone, in un messaggio in occasione della Festa delle donne.Mattarella: da parità di genere benefici per collettività«In un momento delicato per la vita della comunità internazionale, desidero rivolgere» «un saluto e un pensiero di gratitudine a tutte le italiane e a tutte le donne che lavorano in Italia e contribuiscono al benessere nazionale. Abbiamo acquisito negli ultimi decenni piena consapevolezza che le politiche per la parità di genere, un diritto sancito dalla nostra Costituzione, non si sono risolte solamente in un vantaggio per le donne, ma hanno apportato benefici, ricchezza, frutti positivi per l’intera collettività» aggiunge, in occasione dell’8 marzo, il presidente della Repubblica.Loading…Donne non debbano scegliere tra famiglia e lavoroPer il Capo dello Stato un grande impegno «va perseguito per politiche familiari inclusive che favoriscano la libera determinazione: una donna non deve essere mai posta di fronte al dilemma di scegliere tra famiglia e professione»Colmare divari culturali e salariali«La promozione dei diritti va di pari passo con lo sviluppo civile ed economico delle società. Per questo motivo occorre impegnarsi ancora, con decisione e lungimiranza, per colmare quei divari – culturali, salariali, di istruzione, di sviluppo della carriera – che permangono in alcuni ambiti nazionali» conclude Mattarella per il quale «c’è bisogno, in questa grande battaglia di civiltà, del contributo di tutti, donne e uomini, che devono trasmettere – in tutti i contesti – una cultura del rispetto e lo sdegno e la riprovazione per parole e azioni discriminatorie e violente»Meloni: le donne sono il cuore pulsante della nostra società«Coraggiose, instancabili, determinate: le donne sono il cuore pulsante della nostra società. Ogni giorno, con forza, talento e dedizione, costruiscono, innovano e ispirano. Come Governo, il nostro impegno è garantire a ogni donna le opportunità per essere protagonista in ogni settore, senza ostacoli». Lo scrive la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, in un messaggio sui social in occasione dell’8 marzo. LEGGI TUTTO
Edicole, diversificare per non sparire: la proposta Verini punta sull’utilità sociale
Ascolta la versione audio dell’articolo2′ di letturaNegli ultimi tempi l’Italia ha perso migliaia di edicole, «soprattutto nei centri più sperduti e più marginali, nelle aree interne, ma anche nelle città». Si pensi che a Roma, «solo nel primo municipio hanno chiuso in questi anni 50 edicole». C’è anche questo bilancio – drammatico per chi considera le rivendite «un presidio anche sociale» oltre che «un contributo alla libertà di informazione» – all’origine di una proposta di legge dem appena presentata al Senato.Le misure salva edicoleIl dem Walter Verini, che della proposta di legge è il primo firmatario, riassume a Parlamento24 le possibili misure “salva edicole”, dalla defiscalizzazione di tasse e contributi previdenziali per gli edicolanti alla riduzione (o azzeramento) di una lunga serie di tasse locali che oggi gravano su queste particolari strutture di vendita capillare «ma con un ruolo di utilità sociale», dalla Tari alle tariffe comunali.Loading…La diversificazione delle attività e i contributi alla distribuzioneUno degli aspetti qualificanti della proposta di legge Verini riguarda la diversificazione delle attività delle edicole, per esempio come punto di contatto con i cittadini per conto delle amministrazioni locali: «Perché non mettere in rete le edicole con gli uffici comunali da cui arriva un certificato che consente ai cittadini di ritiralo senza andare lontano?». Tra le misure pro-edicole proposte da Verini anche l’introduzione di contributi per i distributori, «perché spesso portare dei giornali in luoghi lontani, sia nelle città e sia nelle aree più disagiate costa, costa in carburante, in benzina, in lavoro e magari per vendere cinque copie, dieci copie» in località difficile di raggiungere.Una battaglia che non deve avere bandierine politicheL’auspicio, conclude Verini, è che la sua proposta di legge attivi un dibattito per salvare le edicole aiutandole a superare la crisi che le caratterizza: «L’ho presentata io, ma davvero vuole essere molto aperta ai contributi di tutti. È una battaglia che non deve avere bandierine partitiche». LEGGI TUTTO
Cinque giorni di lutto nazionale, polemica politica sul 25 aprile
Ieri il Cdm ha proclamato 5 giorni di lutto nazionale per la morte di Papa Francesco. Scoppia un caso sulle celebrazioni della Liberazione, che cade in uno dei giorni di lutto. “Tutte le cerimonie sono consentite, ma con sobrietà”, dice il ministro per la Protezione civile Musumeci. Sinistra in rivolta, Anpi conferma eventi. Il Pd replica che sospenderà tutte le iniziative programmate fino al 24, ma celebrerà la festa del 25 aprile. Il ministro poi puntualizza: “Nessun ostacolo”
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Il governo ha proclamato cinque giorni di lutto nazionale per la morte di Papa Francesco. La decisione è stata assunta ieri dal Cdm, ventiquattro ore dopo dopo la scomparsa di Bergoglio. Nell’esecutivo c’era chi spingeva per un lutto di tre giorni, in linea con quanto fu stabilito dopo la scomparsa di Giovanni Paolo II. Ma alla fine è prevalsa la linea più larga, perorata dalla premier Giorgia Meloni, che porterà il lutto fino a sabato 26 aprile, il giorno dei funerali del Pontefice. In questo modo il lutto interesserà anche la giornata del 25, cioè la festa della Liberazione. E questo ha causato una polemica con l’opposizione.
Le parole di Musumeci e le reazioni
“Il 25 aprile? Tutte le cerimonie sono consentite, con la sobrietà che la circostanza impone a ciascuno”, ha detto il ministro Musumeci al termine del Cdm di ieri. Parole che hanno scatenato dure reazioni. Il Pd annuncia seccamente che sospenderà le attività del partito solo per tre giorni, fino al 24. Avs punta il dito contro “l’allergia” di Palazzo Chigi “alla liberazione dal fascismo e dal nazismo”. I radicali parlano dell'”ennesimo sintomo di uno stato teocratico”. Nessun commento dal Movimento 5 stelle che però, è quanto filtra da ambienti di Campo Marzio, vogliono evitare polemiche politiche in un momento di lutto per il Papa confermando al contempo l’impegno a festeggiare il 25 aprile. Una polemica che potrebbe andare di pari passo – si teme in ambienti parlamentari – con l’omaggio della politica e delle istituzioni a Francesco che culminerà nelle commemorazioni ufficiali alla Camera (con la partecipazione della presidente del Consiglio) e sabato fermerà anche le partite di calcio.
Protesta delle opposizioni
“Non trovo giustificazione alle parole strampalate sulla sobrietà con cui celebrare il 25 aprile utilizzate da un ministro del governo Meloni”, attacca Nicola Fratoianni. “Voler sminuire il valore di ciò che rappresenta quel giorno utilizzando peraltro la scomparsa di una straordinaria personalità come Papa Francesco, non può passare sotto silenzio”. Il 25 aprile “non è una festa in discoteca o un happy hour, ma il giorno in cui si ricorda la liberazione dell’Italia dal nazifascismo, grazie alla resistenza che ci ha poi condotti alla democrazia”, rincara il collega di Avs, Angelo Bonelli che aggiunge: “Musumeci ha perso un’occasione per tacere”. Il segretario di Radicali Italiani, Filippo Blengino, invita i sindaci a “disobbedire, non dando seguito alle disposizioni di Palazzo Chigi e non esponendo le bandiere a mezz’asta”. Mentre Rifondazione Comunista promette che il 25 sarà in piazza “con ancora più forza, con ancora più rabbia, con ancora più speranza. A ricordare che l’Italia è nata dalla resistenza”. LEGGI TUTTO