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“Si vis pacem, para bellum” cosa significa e che origini ha la frase pronunciata da Meloni
“Si vis pacem, para bellum”, “se vuoi la pace prepara la guerra” è una nota espressione latina, utilizzata tutt’oggi quando si parla di conflitti e di riarmo, per affermare che uno dei più efficaci strumenti per assicurare la pace è armarsi ed essere in grado di difendersi, così da scoraggiare eventuali nemici.
Ad averla citata, di recente, è stata la Presidente del Consiglio Giorgia Meloni, per spiegare il suo approccio alla difesa. “La pace è deterrenza, lo condividiamo. Se si hanno sistemi di sicurezza e di difesa solidi, si possono più facilmente evitare conflitti”, ha aggiunto durante le sue comunicazioni in Senato.
La sentenza è diventata, ormai, proverbiale sia in latino che nella sua traduzione italiana, sebbene non esistano sue attestazioni esatte nei classici. Il concetto, però, era ampiamente noto e diffuso, sia tra gli autori greci che latini.
I riferimenti latini e greci
Tucidide, storico ateniese di V sec. a.C., scriveva: “ἐκ πολέμου μὲν γὰρ εἰρήνη μᾶλλον βεβαιοῦται”, “dalla guerra spesso la pace esce rafforzata”.
In Cicerone – scrittore e oratore latino vissuto tra il 106 e il 43 a.C. – troviamo l’invito a fare la guerra, più che a prepararla. Nella settima Philippica, si legge: “Si pace frui volumus, bellum gerendum est; si bellum omittimus, pace numquam fruemur”, ovvero “se vogliamo godere della pace, bisogna fare la guerra; se rinunciamo alla guerra, non godremo mai della pace”.
È, però, con una citazione di Vegezio, scrittore latino di IV-V sec. d.C., che si trovano maggiori punti di contatto in termini di significato e di costruzione della frase. Nel terzo libro della sua Epitoma rei militaris, si legge: “Qui desiderat pacem, praeparet bellum”, “chi desidera la pace, prepari la guerra”.
L’intelligenza artificiale, ad esempio, attribuisce la locuzione divenuta proverbiale proprio a Vegezio, come sintesi del concetto da lui espresso.
La prima attestazione
La frase, così come la si è tramandata ad oggi, sembra trovare una prima attestazione in un testo del 1841. Si tratta di una lettera scritta dall’industriale e pensatore politico francese, Barthélemy-Prosper Enfantin, al generale Saint-Cyr Nugues: “Il famoso detto ‘si vis pacem, para bellum’, mi sembra molto meno veritiero per il XIX secolo del se vuoi la pace, prepara la pace”.
Erano gli anni della seconda campagna francese in Algeria contro l’emiro Abd al-kader e per Enfantin “le cause della guerra molto spesso si sarebbero potute evitare con una più ampia conoscenza del paese, delle sue risorse, dei costumi degli abitanti, del clima, dei luoghi e dei tempi buoni o cattivi, in una parola se lo avessimo studiato”, scrive.
Nelle Mémoires de Napoléon Bonaparte, di Louis Antoine Fauvelet de Bourrienne, del 1895, si legge: “Tutti conoscono il proverbio ‘Si vis pacem para bellum’. Se Bonaparte fosse stato un latinista, probabilmente l’avrebbe invertito e avrebbe detto ‘si vis bellum para pacem’ (ndr. se vuoi la guerra, prepara la pace)”. LEGGI TUTTOItalia-Albania, Bonelli: Governo non al di sopra della legge
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Elezioni comunali 2025: tutte le sfide per il sindaco nei capoluoghi al voto
Ascolta la versione audio dell’articoloDopo il test elettorale in Alto Adige (con la conferma del centrosinistra a Trento e la vittoria del centrodestra a Bolzano) sono un centinaio i comuni al voto domenica 25 maggio e lunedì 26 maggio. Quattro i capoluoghi, ossia Genova, Ravenna, Taranto e Matera. Un’altra mini tornata elettorale che comunque potrà dare, conclusi gli eventuali ballottaggi nei comuni più grandi che si svolgeranno in contemporanea con i referendum l’8 e 9 giugno, alcune importanti indicazioni ai partiti.A Genova la sfida di maggiore impatto nazionale. Una sfida apertissima e che ha il sapore di una possibile “rivincita” per il centrosinistra dopo le regionali ad ottobre scorso quando Marco Bucci ha battuto, per qualche migliaio di voti, Andrea Orlando confermando la guida della regione Liguria al centrodestra. Gli sfidanti sono il vicesindaco e assessore al Bilancio a Genova, Pietro Picciocchi, per il centrodestra e Silvia Salis per il centrosinistra. Piciocchi, classe ’77, avvocato, sei figli e due in affido, è stato l’uomo dietro la macchina di due giunte di Bucci: la sua candidatura è sostenuta da Fratelli d’Italia, Lega, Forza Italia, Noi Moderati, Udc e Nuovo Psi oltre a due liste civiche. Il centrosinistra al gran completo (dal M5s e Avs fino ai renziani di Italia Viva passando naturalmente per il Pd) ha raggiunto l’accordo su Salis, dopo alcune settimane di tensioni interne, soprattutto al Pd. Alla fine i dem hanno optato, anche grazie al lavoro di composizione messo in campo da Orlando, per una candidata civica. Salis, ex-atleta, è vicepresidente vicaria del Coni ed è sposata con il regista cinematografico Fausto Brizzi.Loading…Nel fortino rosso di Ravenna si vota per scegliere il sindaco che succederà a Michele de Pascale, che ha interrotto anzitempo il suo mandato per diventare presidente della Regione Emilia-Romagna. I favori del pronostico sono tutti per Alessandro Barattoni, 41 anni, segretario dal Pd ravennate dal 2017 e sostenuto da una coalizione in versione campo larghissimo, che sostanzialmente, ricalca quella che ha appoggiato de Pascale alle regionali. Al suo fianco ci sono le liste di Pd, Avs, M5s, la lista civica Ama Ravenna, Progetto Ravenna, un rassemblement formato da Iv, Azione, +Europa e Socialisti e la lista del Partito Repubblicano, che nella prima repubblica a Ravenna aveva il proprio feudo e che in città continua ad avere un certo peso. Il centrodestra è insolitamente diviso in tre. Fratelli d’Italia ha deciso di puntare su Nicola Grandi, assicuratore, 55 anni, consigliere uscente, che ha raccolto il sostegno di Forza Italia e della civica Viva Ravenna, ma non della Lega che ha invece deciso di puntare su Alvaro Ancisi. Ancisi ha 85 anni e dal 1966 siede sui banchi del consiglio comunale, quasi sempre all’opposizione. In area centrodestra c’è anche la storica lista civica La Pigna che torna a puntare sulla consigliera comunale Veronica Verlicchi.Scenario opposto a Matera. Qui il centrodestra è unito attorno ad Antonio Nicoletti mentre ben tre candidati (Roberto Cifarelli, Vincenzo Santochirico e Domenico Bennardi) sono in corsa per il centrosinistra, e senza neanche il simbolo del Pd. Pezzi di Italia Viva e Azione (in maniera più netta con una lista) corrono a fianco di Cifarelli, che è sostenuto da un totale di nove liste. Consigliere regionale del Pd (partito con cui è stato eletto tre volte nell’Assemblea lucana), ha vinto le primarie ’Open’, promosse da un gruppo di cento giovani e non riconosciute dai partiti. E il Pd – come già successo alle Comunali di Potenza della primavera 2024 – non ha presentato una lista con il proprio simbolo. L’ago della bilancia potrebbe essere rappresentato da Santochirico, avvocato, con un passato da assessore e presidente del Consiglio regionale con il Pd: indicato in un primo momento da un tavolo del centrosinistra, ha prima annunciato il ritiro dalla competizione elettorale per poi tornare sui suoi passi e presentarsi con “Progetto Comune”, con cui tenterà di spostare un po’ di voti del campo progressista-riformista. Bennardi, sindaco uscente del M5S, eletto nell’ottobre 2020, vuole la rivincita dopo essere decaduto nell’ottobre del 2024 in seguito alle dimissioni di 17 consiglieri comunali su 32.Situazione confusa da entrambi i lati, invece, a Taranto. Il centrosinistra, dopo la fine prematura dell’amministrazione guidata da Rinaldo Melucci – determinata dalle dimissioni simultanee di 17 consiglieri – prova a riconquistare la guida del Comune con Piero Bitetti, volto noto della politica locale. Ex presidente del Consiglio comunale, Bitetti può contare sull’appoggio del Pd e altre sette liste. Il Movimento 5 Stelle, invece, ha deciso di correre da solo, candidando la giornalista Annagrazia Angolano, affiancata dalla lista civica “Angolano sindaca”. Il centrodestra ufficiale, dopo la mancata convergenza su un candidato unico, ha puntato su Luca Lazzàro, ex presidente di Confagricoltura Puglia. Una candidatura costruita attorno alla figura di esperienza manageriale, ben vista dai vertici di FdI. Della coalizione fanno parte Fratelli d’Italia, Forza Italia, Partito Liberale e Noi Moderati. Francesco Tacente, avvocato 42enne, presidente dimissionario del Ctp (Consorzio trasporti provinciali) è sostenuto invece da un fronte civico che include anche esponenti della Lega, presenti con la dicitura “Prima Taranto”, senza però il simbolo ufficiale. Con lui altre sei liste. LEGGI TUTTO
Gli stranieri in Italia rimandano in patria 8,3 miliardi di euro
Ascolta la versione audio dell’articolo2′ di letturaSono lievemente aumentate nel 2024 le rimesse dei lavoratori stranieri in Italia verso i Paesi d’origine, passando da 8,24 a 8,29 miliardi di euro (importi rivalutati all’inflazione). Un quarto di questo flusso di denaro arriva da Roma (un miliardo) e Milano (911 milioni). In testa ai Paesi destinatari dei risparmi c’è il Bangladesh (1,4 miliardi), seguito dal Pakistan (600 milioni) e dal Marocco (575 milioni). Sono i risultati delle elaborazioni fornite al Sole 24 Ore del Lunedì dalla Fondazione Leone Moressa, basate sui dati della Banca d’Italia riferiti al 2024. Si tratta dei flussi di denaro verso l’estero che viaggiano con modalità tracciabili, attraverso banche, uffici postali, operatori di money transfer, operatori mobili. La Banca d’Italia ha elaborato un modello di valutazione per quantificare anche le rimesse “invisibili”, cioè il flusso di denaro che viaggia con modalità informali, ad esempio, sotto forma di contante portato direttamente da un viaggiatore o da una persona di sua fiducia, o tramite altre modalità non rilevate dai canali ufficiali. La Fondazione Moressa stima che per l’Italia questa quota di rimesse informali verso l’estero possa valere fra 1,2 e 3,7 miliardi, che andrebbero ad aggiungersi alle rimesse ufficiali.Un sostegno per le economie fragiliLe rimesse rappresentano una fonte primaria di sostentamento per le economie più fragili: le Nazioni Unite stimano che i migranti abbiano inviato nell’ultimo decennio 5mila miliardi di dollari verso Paesi a basso e medio reddito, superando l’aiuto pubblico allo sviluppo e raggiungendo gli investimenti diretti esteri. Fra gli obiettivi di sviluppo sostenibile del Millennio fissati dalle Nazioni Unite per il 2030 c’è anche la riduzione a meno del 3% dei costi di transazione delle rimesse dei migranti e l’eliminazione dei corridoi di rimesse con costi più alti del 5 per cento. L’obiettivo non è stato ancora pienamente raggiunto: a febbraio 2025 il costo medio di invio dall’Italia, per un importo di 150 euro, è del 3,97% (fonte Cespi).Loading…Bangladesh in testaIlBangladesh è il Paese che raccoglie il 17% delle rimesse dall’Italia, con un aumento del 19% rispetto al 2023. Potrebbe aver inciso, oltre all’aumento dei cittadini bengalesi residenti in Italia negli ultimi anni, anche l’estensione dal 2018 dell’obbligo di segnalazione delle rimesse a nuove categorie di operatori di money transfer specializzati nel trasferimento di denaro verso Paesi asiatici, come il Bangladesh, le Filippine e il Pakistan. Sarebbero aumentati, dunque, i trasferimenti rilevati e trasmessi alla Banca d’Italia per queste aree.Considerando che nel 2024 la popolazione straniera residente in Italia era di 5,3 milioni di persone, il valore pro-capite delle rimesse degli immigrati è di 131 euro mensili. Se si guarda alla provenienza, la Lombardia è la prima Regione (1,816 miliardi, un quinto delle rimesse totali), seguita dal Lazio (1,271 miliardi), dall’Emilia-Romagna (826 milioni) e dal Veneto (694 milioni). Un quarto delle rimesse dall’Italia proviene da Roma e Milano. Quasi il 60% dei 570 milioni di rimesse dirette verso le Filippine arriva da queste due Province. Dei 501 milioni partiti verso la Georgia, invece, quasi un quarto arriva da Napoli e Bari. LEGGI TUTTO
Mattarella convoca Consiglio supremo di difesa
Ascolta la versione audio dell’articolo1′ di lettura«Il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha convocato il Consiglio Supremo di Difesa, al Palazzo del Quirinale, per giovedì 8 maggio 2025 alle ore 17». Lo annuncia un comunicato del Quirinale. «L’ordine del giorno prevede le valutazioni sul Libro bianco della difesa europea, sulle infrastrutture strategiche nazionali, sull’adeguamento dello strumento militare e le prospettive per l’industria della difesa italiana. Inoltre, il Consiglio esaminerà l’evoluzione nelle principali aree di crisi con particolare riferimento ai conflitti in Ucraina e Medio Oriente e alle iniziative di pace in ambito internazionale ed europeo».Cosa è e quando si è riunitoIl Consiglio supremo di difesa è un organo istituito nel 1950, che si occupa di questioni legate alla sicurezza e difesa nazionale. È presieduto dal Presidente della Repubblica e include membri del governo, come il Presidente del Consiglio, i Ministri degli Esteri, Interno, Economia, Difesa e Sviluppo Economico, oltre al Capo di Stato Maggiore della Difesa.Loading…Il Consiglio era stato convocato l’ultima volta il 23 ottobre 2024, per discutere della crisi in Libano.Si era riunito anche il 21 maggio 2024 per la crisi umanitaria a Gaza. LEGGI TUTTO
“Si vis pacem, para bellum” cosa significa e che origini ha la frase pronunciata da Meloni
“Si vis pacem, para bellum”, “se vuoi la pace prepara la guerra” è una nota espressione latina, utilizzata tutt’oggi quando si parla di conflitti e di riarmo, per affermare che uno dei più efficaci strumenti per assicurare la pace è armarsi ed essere in grado di difendersi, così da scoraggiare eventuali nemici.
Ad averla citata, di recente, è stata la Presidente del Consiglio Giorgia Meloni, per spiegare il suo approccio alla difesa. “La pace è deterrenza, lo condividiamo. Se si hanno sistemi di sicurezza e di difesa solidi, si possono più facilmente evitare conflitti”, ha aggiunto durante le sue comunicazioni in Senato.
La sentenza è diventata, ormai, proverbiale sia in latino che nella sua traduzione italiana, sebbene non esistano sue attestazioni esatte nei classici. Il concetto, però, era ampiamente noto e diffuso, sia tra gli autori greci che latini.
I riferimenti latini e greci
Tucidide, storico ateniese di V sec. a.C., scriveva: “ἐκ πολέμου μὲν γὰρ εἰρήνη μᾶλλον βεβαιοῦται”, “dalla guerra spesso la pace esce rafforzata”.
In Cicerone – scrittore e oratore latino vissuto tra il 106 e il 43 a.C. – troviamo l’invito a fare la guerra, più che a prepararla. Nella settima Philippica, si legge: “Si pace frui volumus, bellum gerendum est; si bellum omittimus, pace numquam fruemur”, ovvero “se vogliamo godere della pace, bisogna fare la guerra; se rinunciamo alla guerra, non godremo mai della pace”.
È, però, con una citazione di Vegezio, scrittore latino di IV-V sec. d.C., che si trovano maggiori punti di contatto in termini di significato e di costruzione della frase. Nel terzo libro della sua Epitoma rei militaris, si legge: “Qui desiderat pacem, praeparet bellum”, “chi desidera la pace, prepari la guerra”.
L’intelligenza artificiale, ad esempio, attribuisce la locuzione divenuta proverbiale proprio a Vegezio, come sintesi del concetto da lui espresso.
La prima attestazione
La frase, così come la si è tramandata ad oggi, sembra trovare una prima attestazione in un testo del 1841. Si tratta di una lettera scritta dall’industriale e pensatore politico francese, Barthélemy-Prosper Enfantin, al generale Saint-Cyr Nugues: “Il famoso detto ‘si vis pacem, para bellum’, mi sembra molto meno veritiero per il XIX secolo del se vuoi la pace, prepara la pace”.
Erano gli anni della seconda campagna francese in Algeria contro l’emiro Abd al-kader e per Enfantin “le cause della guerra molto spesso si sarebbero potute evitare con una più ampia conoscenza del paese, delle sue risorse, dei costumi degli abitanti, del clima, dei luoghi e dei tempi buoni o cattivi, in una parola se lo avessimo studiato”, scrive.
Nelle Mémoires de Napoléon Bonaparte, di Louis Antoine Fauvelet de Bourrienne, del 1895, si legge: “Tutti conoscono il proverbio ‘Si vis pacem para bellum’. Se Bonaparte fosse stato un latinista, probabilmente l’avrebbe invertito e avrebbe detto ‘si vis bellum para pacem’ (ndr. se vuoi la guerra, prepara la pace)”. LEGGI TUTTOItalia-Albania, Bonelli: Governo non al di sopra della legge
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