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La missione impossibile di Elly Schlein
Ascolta la versione audio dell’articolo3′ di letturaElly Schlein ha un grosso problema tra le mani. Il suo rapporto con il M5s appartiene alla categoria delle missioni impossibili. Nelle democrazie caratterizzate da sistemi multipartitici e da governi di coalizione i rapporti tra i partiti sono il risultato di un delicato equilibrio tra competizione e collaborazione. I partiti competono per ottenere più voti ma devono collaborare per vincere e andare al governo. In Italia oggi la collaborazione è resa ancora più necessaria dal fatto che il sistema elettorale vigente richiede un accordo tra i partiti affini prima del voto. Come è noto, è la presenza dei collegi uninominali a “imporre” questo vincolo. Nelle elezioni del 2022 la coalizione della Meloni ha ottenuto la maggioranza di seggi sia alla Camera che al Senato con il 43% dei voti. È successo perché la divisione tra Pd e M5s le ha consentito di vincere la bellezza dell’80% di seggi uninominali.L’accordo è condizione necessariaSenza un accordo tra Pd e M5s questo succederà di nuovo nel 2027. Probabilmente non basterà questo accordo per vincere, ma è una condizione necessaria. Sono tutte cose che Elly Schlein sa benissimo. La lezione del 2022 è stata capita. Il problema è che per fare un accordo bisogna essere in due. La domanda cruciale quindi è se il M5s vuole l’accordo o no. Certo, se il Pd fosse disposto a fare un passo indietro e cedere a Conte, la leadership della coalizione il problema sarebbe risolto. Ma non crediamo proprio che, pur di puntare a vincere, il Pd sia disposto a pagare questo prezzo. E allora? Di fronte al rifiuto del Pd di mettere in discussione la leadership della coalizione il M5s ha due opzioni: competere a tutto campo per prendere più voti o collaborare per vincere e andare eventualmente al governo.Loading…A Conte vincere interessa meno che competereNon possediamo la sfera di cristallo ma l’impressione che si ricava dal comportamento del M5s da molti mesi a questa parte è che a Conte vincere interessa meno che competere. Anzi sembra che non gli interessi affatto. Il suo obiettivo non è vincere in una coalizione in cui il M5s è un partner minore, ma riprendersi i voti che il Pd gli ha sottratto. E per raggiungere questo obiettivo deve necessariamente differenziarsi dal vicino accentuando le differenze su temi cruciali, come per esempio la politica estera. Cosa che puntualmente Conte sta facendo e continuerà a fare nella convinzione, non infondata, che questo gli porti voti. E allora, come fa il Pd a collaborare con qualcuno che non vuole vincere ma vuole cambiare a tutti i costi i rapporti di forza all’interno dello schieramento cui appartiene?Cosa dicono i sondaggiI sondaggi ci dicono che oggi il Pd è all’incirca al 22% e il M5s al 14%. Questa differenza non basta a stabilizzare il rapporto tra i due partiti. Conte pensa che non sia una differenza incolmabile. E in ogni caso anche se non fosse colmata ora potrebbe esserlo domani, a patto di sfruttare il vantaggio di stare alla opposizione. Più o meno è quello che ha fatto la Meloni a suo tempo. Non tutti i partiti puntano ad andare al governo sempre e comunque. Se questo obiettivo preclude la difesa del proprio elettorato o la conquista di nuovi elettori non è detto che sia perseguito nel breve termine. Questo sembra il caso del M5s. Qualcuno potrebbe obiettare che alla fine, cioè in prossimità del voto nel 2027, Conte farà comunque l’accordo con il Pd dopo essersi differenziato fino all’ultimo momento. Forse sì, forse no. Potrebbe però essere una illusione rischiosa che tiene la Schlein sulla corda fino al momento in cui non avrà alcuna vera alternativa.La situazione a destraE a destra? La situazione è diversa perché lì c’è un partito al 27%, con il suo leader a Palazzo Chigi, e tutti gli altri molto lontani. Ma anche nella coalizione della Meloni competizione e collaborazione convivono. Le posizioni di Salvini in politica estera e riarmo non sono quelle della Meloni. Per di più al congresso del suo partito ha parlato apertamente di una Lega che vuole diventare il primo partito della coalizione. Ma questa voglia di competere passa in secondo piano rispetto alla voglia di vincere. La destra è più abile nel gestire competizione e collaborazione. Lì tutti vogliono in primis vincere e governare. Non è così a sinistra. E per la Schlein questo è un grosso problema per cui non ha ancora trovato la soluzione. LEGGI TUTTO
Referendum: si raggiungerà il quorum? Ecco cosa dicono i sondaggi
Ascolta la versione audio dell’articoloMancano poco più di due settimane ai referendum dell’8 e 9 giugno (in concomitanza con i ballottaggi delle elezioni amministrative) su cittadinanza e lavoro si avvicinano. Oltre al dimezzamento degli anni (da 10 a 5) per ottenere la cittadinanza, gli italiani saranno chiamati ad esprimersi su quattro quesiti sul lavoro che riguardano contratti precari, subappalti e licenziamenti, cancellando in quest’ultimo caso alcune norme del Jobs act.Il fattore partecipazioneTrattandosi di referendum abrogativi, la validità è legata alla partecipazione al voto della metà degli aventi diritto di voto, cosa che permette il raggiungimento del quorum. Come spesso è avvenuto negli ultimi anni, perciò, la domanda non è tanto se gli italiani siano favorevoli o contrari, ma se andranno o meno a votare. E gli ultimi sondaggi sul tema sono piuttosto pessimistici.Loading…Quorum lontanoLa rilevazione più recente (16 maggio) è quella effettuata da Demopolis: solo il 46% degli intervistati dichiara di essere a conoscenza dei referendum. Un altro 19% sa che ci saranno ma non sa so su che cosa si voti. E infine il 35% non ne ha sentito parlare. Solo il 30% degli italiani dice che andrà a votare, mentre il 56% dice di no. Anche considerando un 14% di indecisi, insomma, non ci sarebbero margini al momento per raggiungere il quorum del 50% più uno. La stima sull’affluenza al momento sarebbe tra il 31% e il 39%.Le posizioni dei partitiNella maggioranza (contraria al merito dei quesiti) prevale la linea dell’astensione, per far fallire il raggiungimento del quorum. Pd, M5s e Avs sono invece mobilitati per la partecipazione al voto e per il sì ai quesiti (con l’eccezione del M5s che sul referendum sulla cittadinanza ha lasciato libertà di voto). LEGGI TUTTO
Mattarella dimesso dall’ospedale torna al Quirinale
Ascolta la versione audio dell’articolo1′ di letturaIl presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, è stato dimesso dall’ospedale romano del Santo Spirito, dove nella serata di martedì 15 aprile era stato sottoposto ad un intervento per l’impianto di un pacemaker. L’operazione al cuore, hanno spiegato i sanitari al termine dell’intervento, era “programmato” ed è perfettamente riuscito.Il bollettino medico diffuso ieri, l’unico diramato dal Quirinale, ha confermato che l’intervento “è stato effettuato alle 20” del 15 aprile, “poi il presidente è rientrato nel reparto di cardiologia dove ha trascorso una notte tranquilla. Il capo dello Stato è totalmente asintomatico e in condizionicliniche stabili”. Il medico che ha preso in cura il capo dello Stato, Roberto Ricci primario di cardiologia dell’Ospedale Santo Spirito di Roma, è lo stesso che nel 2018 operò il Presidente Giorgio Napolitano. Mattarella è assistito anche dal suo medico personale Salvo Madonia, che lo seguirà nel periodo di riposo che seguirà le dimissioni dall’ospedale.Loading… LEGGI TUTTO
Caso Almasri, Nordio: riferirò in Parlamento. Le opposizioni chiedono le dimissioni
Caso Almasri, Nordio: riferirò in Parlamento. Le opposizioni chiedono le dimissioni | Video Sky TG24 LEGGI TUTTO
Referendum, per cosa si vota e come sono schierati i partiti
Ascolta la versione audio dell’articolo3′ di letturaManca un mese ai quattro referendum sul lavoro (promossi dalla Cgil) e a quello sulla cittadinanza (sponsorizzato tra gli altri da +Europa) dell’8-9 giugno. E i partiti iniziano a schierarsi. Nella maggioranza (contraria al merito dei quesiti) prevale la linea dell’astensione, per far fallire il raggiungimento del quorum. Pd, M5s e Avs sono invece mobilitati per la partecipazione al voto e per il sì ai quesiti (con l’eccezione del M5s che sul referendum sulla cittadinanza ha lasciato libertà di voto).Cosa chiedono i 5 cinque referendumI 5 referendum che hanno superato il vaglio della Corte Costituzionale, si svolgeranno l’8 e 9 giugno in occasione del secondo turno delle elezioni amministrative. Nel mirino c’è innanzitutto il Jobs act per il ripristino dell’articolo 18 e quindi del reintegro nei casi di licenziamento illegittimo per i lavoratori assunti dopo il 7 marzo 2015 (da quando sono entrate in vigore le norme del governo Renzi, che hanno introdotto il contratto a tutele crescenti); i contratti a termine per limitarne l’utilizzo a causali specifiche e temporanee; l’eliminazione del limite all’indennità per i lavoratori licenziati in modo ingiustificato nelle piccole aziende (l’obiettivo è aumentare le tutele per chi lavora in aziende con meno di 16 dipendenti); la responsabilità solidale delle aziende committenti negli appalti, in caso di infortunio e malattia professionale. L’altro quesito ammesso, proposto tra gli altri da +Europa, chiede di dimezzare da 10 a 5 anni la residenza in Italia degli extracomunitari maggiorenni per presentare la domanda di cittadinanza.Loading…Maggioranza per la linea dell’astensioneManca ancora una presa di posizione ufficiale di Fdi (così come della Lega), ma, in base ad alcune indiscrezioni circolate, i vertici di Fratelli d’Italia avrebbero indicato a deputati e senatori la linea dell’astensione sul voto referendario dell’8 e 9 giugno. Il leader di Forza Italia Antonio Tajani ha invece schierato chiaramente il partito. «Non so cosa dice FdI noi siamo per un astensionismo politico, non condividiamo la proposta referendaria». E la linea della non partecipazione al voto, secondo fonti del Carroccio, è quella scelta anche dalla Lega. Nella maggioranza, invece, a non seguire la linea dell’astensione è Noi Moderati, che però preannuncia 5 noSchlein schiera il Pd per cinque sì, ma riformisti su altra lineaLa segretaria del Pd Elly Schlein ha firmato per tutti i referendum. E ha schierato il partito a favore di 5 sì ai quesiti, compresi i 4 sul lavoro promossi dalla Cgil, tra cui quello sul Jobs Act. Ma consapevole dei mal di pancia dell’ala riformista del Pd, non ha chiesto abiure a chi non li ha firmati tutti e ha deciso in favore di tutti. Una sorta di libertà di coscienza, insomma, che alla minoranza tanto basta per veder garantita la sua agibilità politica. L’orientamento prevalente dei riformisti del Pd di Energia Popolare è di andare a votare, con l’indicazione di dire sì ai referendum sulla cittadinanza e a quello sulla responsabilità dell’impresa committente e di non votare gli altri tre sul lavoro.Conte: al referendum quattro sì per il lavoro Il leader del M5s Giuseppe Conte ha annunciato che ai referendum dell’8 e 9 giugno il M5s dirà 4 volte sì. Libertà di coscienza, invece, sul referendum cittadinanza. «Il Movimento 5 Stelle ha avviato il percorso dello Ius scholae – ha spiegato -. Riteniamo che sia il modo migliore per consentire l’acquisto della cittadinanza. Con la formazione scolastica c’è la possibilità di un’integrazione vera anche culturale, quindi è qualcosa di molto più concreto rispetto al dimezzamento puro e semplice dei termini attuali per l’acquisito della cittadinanza. Però abbiamo lasciato libertà di coscienza alla nostra comunità politica” LEGGI TUTTO
La missione impossibile di Elly Schlein
Ascolta la versione audio dell’articolo3′ di letturaElly Schlein ha un grosso problema tra le mani. Il suo rapporto con il M5s appartiene alla categoria delle missioni impossibili. Nelle democrazie caratterizzate da sistemi multipartitici e da governi di coalizione i rapporti tra i partiti sono il risultato di un delicato equilibrio tra competizione e collaborazione. I partiti competono per ottenere più voti ma devono collaborare per vincere e andare al governo. In Italia oggi la collaborazione è resa ancora più necessaria dal fatto che il sistema elettorale vigente richiede un accordo tra i partiti affini prima del voto. Come è noto, è la presenza dei collegi uninominali a “imporre” questo vincolo. Nelle elezioni del 2022 la coalizione della Meloni ha ottenuto la maggioranza di seggi sia alla Camera che al Senato con il 43% dei voti. È successo perché la divisione tra Pd e M5s le ha consentito di vincere la bellezza dell’80% di seggi uninominali.L’accordo è condizione necessariaSenza un accordo tra Pd e M5s questo succederà di nuovo nel 2027. Probabilmente non basterà questo accordo per vincere, ma è una condizione necessaria. Sono tutte cose che Elly Schlein sa benissimo. La lezione del 2022 è stata capita. Il problema è che per fare un accordo bisogna essere in due. La domanda cruciale quindi è se il M5s vuole l’accordo o no. Certo, se il Pd fosse disposto a fare un passo indietro e cedere a Conte, la leadership della coalizione il problema sarebbe risolto. Ma non crediamo proprio che, pur di puntare a vincere, il Pd sia disposto a pagare questo prezzo. E allora? Di fronte al rifiuto del Pd di mettere in discussione la leadership della coalizione il M5s ha due opzioni: competere a tutto campo per prendere più voti o collaborare per vincere e andare eventualmente al governo.Loading…A Conte vincere interessa meno che competereNon possediamo la sfera di cristallo ma l’impressione che si ricava dal comportamento del M5s da molti mesi a questa parte è che a Conte vincere interessa meno che competere. Anzi sembra che non gli interessi affatto. Il suo obiettivo non è vincere in una coalizione in cui il M5s è un partner minore, ma riprendersi i voti che il Pd gli ha sottratto. E per raggiungere questo obiettivo deve necessariamente differenziarsi dal vicino accentuando le differenze su temi cruciali, come per esempio la politica estera. Cosa che puntualmente Conte sta facendo e continuerà a fare nella convinzione, non infondata, che questo gli porti voti. E allora, come fa il Pd a collaborare con qualcuno che non vuole vincere ma vuole cambiare a tutti i costi i rapporti di forza all’interno dello schieramento cui appartiene?Cosa dicono i sondaggiI sondaggi ci dicono che oggi il Pd è all’incirca al 22% e il M5s al 14%. Questa differenza non basta a stabilizzare il rapporto tra i due partiti. Conte pensa che non sia una differenza incolmabile. E in ogni caso anche se non fosse colmata ora potrebbe esserlo domani, a patto di sfruttare il vantaggio di stare alla opposizione. Più o meno è quello che ha fatto la Meloni a suo tempo. Non tutti i partiti puntano ad andare al governo sempre e comunque. Se questo obiettivo preclude la difesa del proprio elettorato o la conquista di nuovi elettori non è detto che sia perseguito nel breve termine. Questo sembra il caso del M5s. Qualcuno potrebbe obiettare che alla fine, cioè in prossimità del voto nel 2027, Conte farà comunque l’accordo con il Pd dopo essersi differenziato fino all’ultimo momento. Forse sì, forse no. Potrebbe però essere una illusione rischiosa che tiene la Schlein sulla corda fino al momento in cui non avrà alcuna vera alternativa.La situazione a destraE a destra? La situazione è diversa perché lì c’è un partito al 27%, con il suo leader a Palazzo Chigi, e tutti gli altri molto lontani. Ma anche nella coalizione della Meloni competizione e collaborazione convivono. Le posizioni di Salvini in politica estera e riarmo non sono quelle della Meloni. Per di più al congresso del suo partito ha parlato apertamente di una Lega che vuole diventare il primo partito della coalizione. Ma questa voglia di competere passa in secondo piano rispetto alla voglia di vincere. La destra è più abile nel gestire competizione e collaborazione. Lì tutti vogliono in primis vincere e governare. Non è così a sinistra. E per la Schlein questo è un grosso problema per cui non ha ancora trovato la soluzione. LEGGI TUTTO
Referendum: si raggiungerà il quorum? Ecco cosa dicono i sondaggi
Ascolta la versione audio dell’articoloMancano poco più di due settimane ai referendum dell’8 e 9 giugno (in concomitanza con i ballottaggi delle elezioni amministrative) su cittadinanza e lavoro si avvicinano. Oltre al dimezzamento degli anni (da 10 a 5) per ottenere la cittadinanza, gli italiani saranno chiamati ad esprimersi su quattro quesiti sul lavoro che riguardano contratti precari, subappalti e licenziamenti, cancellando in quest’ultimo caso alcune norme del Jobs act.Il fattore partecipazioneTrattandosi di referendum abrogativi, la validità è legata alla partecipazione al voto della metà degli aventi diritto di voto, cosa che permette il raggiungimento del quorum. Come spesso è avvenuto negli ultimi anni, perciò, la domanda non è tanto se gli italiani siano favorevoli o contrari, ma se andranno o meno a votare. E gli ultimi sondaggi sul tema sono piuttosto pessimistici.Loading…Quorum lontanoLa rilevazione più recente (16 maggio) è quella effettuata da Demopolis: solo il 46% degli intervistati dichiara di essere a conoscenza dei referendum. Un altro 19% sa che ci saranno ma non sa so su che cosa si voti. E infine il 35% non ne ha sentito parlare. Solo il 30% degli italiani dice che andrà a votare, mentre il 56% dice di no. Anche considerando un 14% di indecisi, insomma, non ci sarebbero margini al momento per raggiungere il quorum del 50% più uno. La stima sull’affluenza al momento sarebbe tra il 31% e il 39%.Le posizioni dei partitiNella maggioranza (contraria al merito dei quesiti) prevale la linea dell’astensione, per far fallire il raggiungimento del quorum. Pd, M5s e Avs sono invece mobilitati per la partecipazione al voto e per il sì ai quesiti (con l’eccezione del M5s che sul referendum sulla cittadinanza ha lasciato libertà di voto). LEGGI TUTTO