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Palestina, le opposizioni chiedono sanzioni per Israele
Palestina, le opposizioni chiedono sanzioni per Israele | Video Sky TG24 LEGGI TUTTO
Regionali, le tensioni tra alleati pesano sui ritardi nelle candidature: ecco tutte le incognite
Ascolta la versione audio dell’articoloDa nord a sud: sono sette le sfide pronte ad accendere l’autunno della politica. L’alleanza tra Pd e M5s, dopo il via libera dello stesso Conte alla corsa del dem Matteo Ricci nelle Marche contro il governatore uscente di Fratelli d’Italia Francesco Acquaroli (nonostante l’inchiesta della Procura proprio su Ricci), non conosce più eccezioni. Ma a estate inoltrata, le due coalizioni di centrodestra e centrosinistra ancora non sono riuscite a definire tutte le intese. La Puglia è alle prese con Michele Emiliano che non ne vuole sapere di fare “un passo di lato” e con Antonio Decaro che, di conseguenza, non fa un passo avanti. In Calabria, che vota a inizio ottobre, non c’è ancora lo sfidante del governatore uscente Roberto Occhiuto. In Veneto si registra ancora il braccio di ferro tra Lega e Fratelli d’Italia su chi debba essere il successore di Luca Zaia. Che a sua volta tiene tutti col fiato sospeso sulla presentazione di una sua lista. A tutto questo si aggiunge poi la Toscana che, se registra l’accordo raggiunto per il sostegno di Eugenio Giani siglato da Pd e Movimento 5 stelle, vede il resto del fronte riformista (Azione, +Europa, Pri e Psi) spaccarsi e fallire l’intesa per una lista unica “del presidente”. Candidature da definire anche in Campania.Tenendo conto che per la Puglia e il Veneto (oltre alla Campania) mancano ancora le date del voto – ormai scontata per queste regioni la chiamata alle urne a fine novembre – particolarmente urgente appare la ricerca di una soluzione per la Calabria dove il 5 e 6 settembre scadono i termini per presentare liste e candidati.Loading…La partita del Veneto nel centrodestraLa partita principale si gioca in Veneto, tutta dentro il centrodestra. Se il campo progressista da tempo ha scelto Giovanni Manildo, il dopo-Zaia registra un estenuante braccio di ferro tra Lega e Fdi. Con il partito di Matteo Salvini che dà per scontato che tocchi alla Lega esprimere il successore di Zaia (non più candidabile), mentre quello di Meloni non manca di ricordare, come fa a cadenze regolari il coordinatore regionale Luca De Carlo, che «il Veneto è la regione in cui» Fdi ha ottenuto «i risultati migliori a livello nazionale». Cedere il passo, dunque, sarebbe da considerare «un atto di straordinaria generosità» per «un partito con il 37% verso un altro col 15%». L’unica via individuata per risolvere l’intera partita è il tavolo tra leader nazionali atteso solo a settembre.Il rebus Tridico in CalabriaIn Calabria si va alle urne il 5 e 6 ottobre. Manca ancora lo sfidante di Roberto Occhiuto (ricandidatosi dopo le impreviste dimissioni anticipate), in attesa che Pasquale Tridico – europarlamentare M5s – sciolga la riserva e decida se correre o meno. Per il centrosinistra calabrese si aprono dunque due strade: la prima, decisamente la più agevole, vede Tridico dare la sua disponibilità con la coalizione a convergere rapidamente su di lui chiudendo a cascata tutti gli altri dossier. Decisamente più tortuoso e di difficile lettura il percorso che vedrebbe Tridico tirarsi indietro. Perchè se su di lui i dem non farebbero obiezioni, di altri candidati pentastellati non sembra vogliano sentir parlare.Intesa Pd-M5s in ToscanaIn Toscana si vota il 12 e 13 di ottobre. Anche qui percorso a ostacoli per il centrosinistra che alla fine ha confermato Eugenio Giani. E di lunedì 18 agosto l’ok all’intesa Pd-M5s. Il centrodestra sembra aver scelto il sindaco di Pistoia Alessandro Tomasi, rinviando però l’annuncio ufficiale alla chiusura della partita veneta. – LEGGI TUTTO
Referendum, quesito per quesito cosa cambia se vince il sì
Ascolta la versione audio dell’articoloDomenica 8 giugno e lunedì 9 giugno i cittadini italiani sono chiamati a esprimersi sui cinque referendum approvati a gennaio dalla Corte Costituzionale. Quattro – proposti dalla Cgil – riguardano il tema del lavoro, e in particolare l’abrogazione di alcune parti del Jobs Act. Un quesito, invece, è sul tema della cittadinanza, ed è stato proposto da +Europa. Se non si raggiunge il quorum (50%+1 degli aventi diritto) il referendum non è valido. Ma cosa succede se si dovesse raggiungere il quorum con una vittoria dei sì?Contratti a tutele crescenti e licenziamentiIl primo quesito (scheda verde) propone l’abrogazione delle norme del decreto attuativo del Jobs act (Dlgs 23 del 2015) che ha introdotto il contratto a tutele crescenti che, in caso di licenziamento illegittimo, ha ridotto notevolmente la possibilità di essere reintegrati nel posto di lavoro per i lavoratori assunti dopo il 7 marzo 2015 nelle imprese con oltre 15 dipendenti. Il pagamento di un indennizzo sostituisce il reintegro. se vince il sì viene abrogato il Dlgs n. 23/2015 e si torna alla disciplina contenuta nella legge Fornero del 2012 che ha modificato l’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori. Per i licenziamenti ingiustificati sanzionati con l’indennizzo, il limite minimo dell’articolo 18 modificato dalla legge Fornero è di 12 mensilità, più alto delle 6 mensilità del Jobs act, ma il limite massimo è più basso essendo pari a 24 mensilità contro le attuali 36 mensilità. Nei licenziamenti collettivi, se vengono violati i criteri di scelta, anche gli assunti dopo il 7 marzo del 2015 avrebbero diritto al reintegro.Loading…Licenziamenti e indennità nelle PmiIl secondo quesito referendario (scheda arancione) propone di abolire il limite massimo dell’indennizzo previsto dalla legge numero 604 del 1966, modificata dalla legge n.108/1990 per i lavoratori delle cosiddette “piccole imprese” che hanno fino a 15 dipendenti. Il referendum, eliminando il tetto massimo delle sei mensilità, permette al giudice di stabilire un’indennità superiore. Se vince il sì verrebbe meno la soglia massima di indennizzo fissata dalla legge, resterebbe solo la soglia minima di 2,5 mensilità e l’entità dell’indennizzo nelle piccole imprese sarebbe affidata al giudice che potrà, nella definizione del quantum, considerare elementi come l’anzianità di servizio, il numero di dipendenti, le dimensioni dell’impresa.Contratti a termineIl terzo referendum (scheda grigia) riguarda i contratti a termine. Nel quesito promosso dalla Cgil si chiede l’abrogazione delle norme che hanno liberalizzato il contratto a tempo determinato, proponendo l’introduzione di una causale specifica legale per i contratti a tempo determinato di durata inferiore ai dodici mesi. Se vincesse il “sì” l’obbligo della causale per i contratti di lavoro di durata superiore all’anno verrebbe esteso a tutti i contratti a termine, anche fino a 12 mesi. Per stipulare un contratto a termine, di qualunque durata, sarebbe necessario ricorrere all’unica causale legale prevista che è la sostituzione di lavoratori assenti, o alle previsioni dei contratti collettivi. In presenza di un picco di attività non si potrebbe assumere con contratto a termine, a meno che non sia una fattispecie prevista dal contratto collettivo. Da notare che le causali erano state abrogate per i primi 12 mesi perché avevano fatto lievitare il contenzioso.Sicurezza sul lavoroIl quarto quesito riguarda gli appalti (scheda rossa). Si chiede l’abrogazione delle norme che escludono la responsabilità solidale dell’impresa committente per il risarcimento dei danni in caso di infortuni conseguenza dei rischi specifici propri dell’attività delle imprese appaltatrici o subappaltatrici. Il referendum propone l’abrogazione dell’articolo 26, comma 4 del Testo Unico in materia di salute e sicurezza sul lavoro (Dlgs 81/2008). In caso di vittoria del “sì” al referendum, l’impresa committente sarebbe chiamata a rispondere in solido anche per il risarcimento dei danni in caso di infortuni conseguenza dei rischi specifici propri dell’attività delle imprese appaltatrici o subappaltatrici LEGGI TUTTO
Dazi, Tajani: accordo sostenibile, servono sostegni alle imprese. Oggi l’incontro alla Farnesina
Ascolta la versione audio dell’articoloL’opposizione va all’attacco del governo sull’intesa raggiunta tra Stati Uniti e Unione europea sui dazi. Ma per il ministro degli Esteri Antonio Tajani si tratta di un «accordo che chiude una stagione di incertezza e impedisce una guerra commerciale. Poi – aggiunge – bisognerà vedere nei dettagli i vantaggi e gli svantaggi e la conclusione dell’accordo settore per settore. I dazi non sono mai un elemento positivo, ma i dazi al 15% sono una percentuale assolutamente sostenibile da parte del sistema dell’italia e dell’Ue. Noi abbiamo sempre sostenuto il lavoro della Commissione Ue e siamo ben lieti che abbia fatto il suo dovere».Tajani: i sostegni alle imprese vanno assolutamente datiPer il leader di Forza Italia «i sostegni alle imprese vanno assolutamente dati» e ha annunciato una riunione che si terrà nel pomeriggio del 28 luglio alla Farnesina «con tutti i rappresentanti del mondo imprenditoriale per parlare di dazi, informare le imprese e sapere da loro cosa serve per sostenerle e applicare il piano di azione dell’export».Loading…Tajani: manovra correttiva? Prima capire effetti reali Una manovra correttiva a causa dei dazi? «Ancora non sappiamo l’effetto reale…» ha risposto il vicepremier azzurro. A suo avviso ora «bisogna parlare del rapporto euro-dollaro. Questo è il nodo da affrontare e continuo a chiedere un intervento della Bce» per «ridurre ancora il costo del denaro. Siamo al 2% si può arrivare anche a zero. E si può pensare al quantitative easing» per «avere più denaro in circolazione». Per Tajani insomma, serve «ridurre la forza dell’euro e rendere più competitivi i nostri prodotti» e poi «fare un tesoretto utile per politica industriale, sanità e sicurezza».Schlein: non è buon accordo ma resa a Trump“Quello raggiunto dall’UE con Trump non è un buon accordo come sostiene il governo Meloni. Ha i tratti di una resa alle imposizioni americane, dovuta al fatto che il governo italiano insieme ad altri governi nazionalisti totalmente subalterni a Trump, hanno spinto per una linea morbida e accondiscendente che ha minato l’unità europea e indebolito la posizione negoziale dell’UE” commenta la segretaria del Pd Elly Schlein. Che aggiunge: “Il 15% di dazi senza alcuna reciprocità sulla stragrande maggioranza dei prodotti italiani, unito alla svalutazione del dollaro, porterà a danni da stimare attentamente ma secondo le prime stime superiori ai 20 miliardi di export e a oltre centomila posti di lavoro a rischio. A questo aggiungiamo l’impegno per maggiori acquisti europei di energia e di armamenti in USA pari a 750 miliardi, più 600 miliardi di investimenti delle imprese europee in USA”.Renzi: resa incondizionata dell’UeDi diversa opinione gli esponenti della minoranza: «L’accordo tra Stati Uniti ed Europa sui dazi – scandisce Matteo Renzi – non è un accordo: è la resa incondizionata dell’Europa al sovranismo di Trump. La verità è che i sovranisti fanno male al mondo. E se oggi il governo americano festeggia, accordi coloniali di questo genere porteranno sul medio periodo gli Stati Uniti a perdere la propria forza morale ed economica. Con il piano Marshall l’America ha guidato il mondo per decenni, con le tariffe l’America fa del male innanzitutto ai propri alleati europei». Per il leader di Italia viva «il sovranismo fa male all’Italia, fa male all’economia, fa male alla libertà. E sul medio periodo persino agli americani». LEGGI TUTTO
Vitalizi, oggi alla Camera la decisione sul ricorso degli ex deputati
Ascolta la versione audio dell’articoloÈ prevista per la riunione della camera di consiglio del Collegio d’appello di Montecitorio sul taglio dei vitalizi che dovrà esaminare il ricorso di circa 900 ex deputati che chiedono di rivedere la delibera del 2018 voluta dall’allora presidente di Montecitorio ed esponente del Movimento 5 Stelle Roberto Fico che ha tagliato gli assegni.Sentenza in arrivoLa sentenza del collegio (vale a dire il tribunale di secondo grado interno alla Camera, composto anch’esso da cinque deputati ma che ha un ruolo giurisdizionale e non politico) potrebbe arrivare già la prossima settimana. A presiedere l’organismo, vale a dire il tribunale di secondo grado interno alla Camera, è Ylenia Lucaselli (FdI).Loading…Mercoledì 2 luglio si era svolta la prima, lunga udienza che aveva visto sfilare gli avvocati dei ricorrenti: sono ex deputati anagraficamente più giovani di quelli più anziani di età che nel 2022 hanno beneficiato di una sentenza che di fatto ha azzerato per loro la delibera Fico.Vitalizi, oggi la riunione alla Camera sui ricorsi contro il taglio del 2018Photogallery10 fotoVisualizzaLa delibera Fico già azzerata per i più anzianiQuest’ultima stabiliva che il vitalizio – su suggerimento dell’allora presidente dell’Inps Tito Boeri – fosse calcolato con criteri contributivi: in pratica l’assegno veniva ricalcolato sulla base di coefficienti in cui rientravano non solo il monte dei contributi versati, ma anche gli anni in cui si era beneficiato di un assegno. Gli ex parlamentari più anziani si erano visti tagliare improvvisamente l’assegno dall’oggi al domani anche del 90%. In alcuni casi, come quelli di ex deputati centenari non autosufficienti ricoverati in Rsa, si sono verificate situazioni drammatiche.Nel 2022 il tribunale interno della Camera aveva dato ragione a quanti avevano fatto ricorso: il ricalcolo dell’assegno partiva non dal momento in cui era stato erogato agli ex parlamentari il primo, bensì dallo stesso 2022. Il Consiglio di giurisdizione e poi il Collegio d’appello avevano fatto propri il principio costituzionale della legittima aspettativa. LEGGI TUTTO
Palestina, le opposizioni chiedono sanzioni per Israele
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Regionali, le tensioni tra alleati pesano sui ritardi nelle candidature: ecco tutte le incognite
Ascolta la versione audio dell’articoloDa nord a sud: sono sette le sfide pronte ad accendere l’autunno della politica. L’alleanza tra Pd e M5s, dopo il via libera dello stesso Conte alla corsa del dem Matteo Ricci nelle Marche contro il governatore uscente di Fratelli d’Italia Francesco Acquaroli (nonostante l’inchiesta della Procura proprio su Ricci), non conosce più eccezioni. Ma a estate inoltrata, le due coalizioni di centrodestra e centrosinistra ancora non sono riuscite a definire tutte le intese. La Puglia è alle prese con Michele Emiliano che non ne vuole sapere di fare “un passo di lato” e con Antonio Decaro che, di conseguenza, non fa un passo avanti. In Calabria, che vota a inizio ottobre, non c’è ancora lo sfidante del governatore uscente Roberto Occhiuto. In Veneto si registra ancora il braccio di ferro tra Lega e Fratelli d’Italia su chi debba essere il successore di Luca Zaia. Che a sua volta tiene tutti col fiato sospeso sulla presentazione di una sua lista. A tutto questo si aggiunge poi la Toscana che, se registra l’accordo raggiunto per il sostegno di Eugenio Giani siglato da Pd e Movimento 5 stelle, vede il resto del fronte riformista (Azione, +Europa, Pri e Psi) spaccarsi e fallire l’intesa per una lista unica “del presidente”. Candidature da definire anche in Campania.Tenendo conto che per la Puglia e il Veneto (oltre alla Campania) mancano ancora le date del voto – ormai scontata per queste regioni la chiamata alle urne a fine novembre – particolarmente urgente appare la ricerca di una soluzione per la Calabria dove il 5 e 6 settembre scadono i termini per presentare liste e candidati.Loading…La partita del Veneto nel centrodestraLa partita principale si gioca in Veneto, tutta dentro il centrodestra. Se il campo progressista da tempo ha scelto Giovanni Manildo, il dopo-Zaia registra un estenuante braccio di ferro tra Lega e Fdi. Con il partito di Matteo Salvini che dà per scontato che tocchi alla Lega esprimere il successore di Zaia (non più candidabile), mentre quello di Meloni non manca di ricordare, come fa a cadenze regolari il coordinatore regionale Luca De Carlo, che «il Veneto è la regione in cui» Fdi ha ottenuto «i risultati migliori a livello nazionale». Cedere il passo, dunque, sarebbe da considerare «un atto di straordinaria generosità» per «un partito con il 37% verso un altro col 15%». L’unica via individuata per risolvere l’intera partita è il tavolo tra leader nazionali atteso solo a settembre.Il rebus Tridico in CalabriaIn Calabria si va alle urne il 5 e 6 ottobre. Manca ancora lo sfidante di Roberto Occhiuto (ricandidatosi dopo le impreviste dimissioni anticipate), in attesa che Pasquale Tridico – europarlamentare M5s – sciolga la riserva e decida se correre o meno. Per il centrosinistra calabrese si aprono dunque due strade: la prima, decisamente la più agevole, vede Tridico dare la sua disponibilità con la coalizione a convergere rapidamente su di lui chiudendo a cascata tutti gli altri dossier. Decisamente più tortuoso e di difficile lettura il percorso che vedrebbe Tridico tirarsi indietro. Perchè se su di lui i dem non farebbero obiezioni, di altri candidati pentastellati non sembra vogliano sentir parlare.Intesa Pd-M5s in ToscanaIn Toscana si vota il 12 e 13 di ottobre. Anche qui percorso a ostacoli per il centrosinistra che alla fine ha confermato Eugenio Giani. E di lunedì 18 agosto l’ok all’intesa Pd-M5s. Il centrodestra sembra aver scelto il sindaco di Pistoia Alessandro Tomasi, rinviando però l’annuncio ufficiale alla chiusura della partita veneta. – LEGGI TUTTO
POLITICA
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