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Referendum, per cosa si vota e come sono schierati i partiti
Ascolta la versione audio dell’articolo3′ di letturaManca un mese ai quattro referendum sul lavoro (promossi dalla Cgil) e a quello sulla cittadinanza (sponsorizzato tra gli altri da +Europa) dell’8-9 giugno. E i partiti iniziano a schierarsi. Nella maggioranza (contraria al merito dei quesiti) prevale la linea dell’astensione, per far fallire il raggiungimento del quorum. Pd, M5s e Avs sono invece mobilitati per la partecipazione al voto e per il sì ai quesiti (con l’eccezione del M5s che sul referendum sulla cittadinanza ha lasciato libertà di voto).Cosa chiedono i 5 cinque referendumI 5 referendum che hanno superato il vaglio della Corte Costituzionale, si svolgeranno l’8 e 9 giugno in occasione del secondo turno delle elezioni amministrative. Nel mirino c’è innanzitutto il Jobs act per il ripristino dell’articolo 18 e quindi del reintegro nei casi di licenziamento illegittimo per i lavoratori assunti dopo il 7 marzo 2015 (da quando sono entrate in vigore le norme del governo Renzi, che hanno introdotto il contratto a tutele crescenti); i contratti a termine per limitarne l’utilizzo a causali specifiche e temporanee; l’eliminazione del limite all’indennità per i lavoratori licenziati in modo ingiustificato nelle piccole aziende (l’obiettivo è aumentare le tutele per chi lavora in aziende con meno di 16 dipendenti); la responsabilità solidale delle aziende committenti negli appalti, in caso di infortunio e malattia professionale. L’altro quesito ammesso, proposto tra gli altri da +Europa, chiede di dimezzare da 10 a 5 anni la residenza in Italia degli extracomunitari maggiorenni per presentare la domanda di cittadinanza.Loading…Maggioranza per la linea dell’astensioneManca ancora una presa di posizione ufficiale di Fdi (così come della Lega), ma, in base ad alcune indiscrezioni circolate, i vertici di Fratelli d’Italia avrebbero indicato a deputati e senatori la linea dell’astensione sul voto referendario dell’8 e 9 giugno. Il leader di Forza Italia Antonio Tajani ha invece schierato chiaramente il partito. «Non so cosa dice FdI noi siamo per un astensionismo politico, non condividiamo la proposta referendaria». E la linea della non partecipazione al voto, secondo fonti del Carroccio, è quella scelta anche dalla Lega. Nella maggioranza, invece, a non seguire la linea dell’astensione è Noi Moderati, che però preannuncia 5 noSchlein schiera il Pd per cinque sì, ma riformisti su altra lineaLa segretaria del Pd Elly Schlein ha firmato per tutti i referendum. E ha schierato il partito a favore di 5 sì ai quesiti, compresi i 4 sul lavoro promossi dalla Cgil, tra cui quello sul Jobs Act. Ma consapevole dei mal di pancia dell’ala riformista del Pd, non ha chiesto abiure a chi non li ha firmati tutti e ha deciso in favore di tutti. Una sorta di libertà di coscienza, insomma, che alla minoranza tanto basta per veder garantita la sua agibilità politica. L’orientamento prevalente dei riformisti del Pd di Energia Popolare è di andare a votare, con l’indicazione di dire sì ai referendum sulla cittadinanza e a quello sulla responsabilità dell’impresa committente e di non votare gli altri tre sul lavoro.Conte: al referendum quattro sì per il lavoro Il leader del M5s Giuseppe Conte ha annunciato che ai referendum dell’8 e 9 giugno il M5s dirà 4 volte sì. Libertà di coscienza, invece, sul referendum cittadinanza. «Il Movimento 5 Stelle ha avviato il percorso dello Ius scholae – ha spiegato -. Riteniamo che sia il modo migliore per consentire l’acquisto della cittadinanza. Con la formazione scolastica c’è la possibilità di un’integrazione vera anche culturale, quindi è qualcosa di molto più concreto rispetto al dimezzamento puro e semplice dei termini attuali per l’acquisito della cittadinanza. Però abbiamo lasciato libertà di coscienza alla nostra comunità politica” LEGGI TUTTO
Troupe televisiva della trasmissione “Fuori dal coro” aggredita da un gruppo di occupanti abusivi di case
I fatti si sono registrati nel quartiere de Le Piagge, periferia nord di Firenze. Gli aggressori avrebbero minacciato giornalisti e operatori e avrebbero rotto lo specchietto dell’auto in dotazione a un cameramen. Troupe televisiva aggredita da occupanti abusivi di case – Nanopress.itSul posto agenti e sanitari del 118. Troupe televisiva aggredita da occupanti abusivi di caseUna troupe televisiva della trasmissione ‘Fuori dal coro’, il talk show presentato da Mario Giordano, è stata minacciata da alcuni occupanti abusivi di case a Firenze, in via Liguria, nel quartiere de Le Piagge, periferia nord ovest del capoluogo toscano. Gli aggressori avrebbero minacciato giornalisti e operatori, rompendo lo specchietto dell’auto in dotazione a un cameramen.Sul posto sono arrivate due volanti e un’ambulanza, ma non ci sarebbero feriti. Al momento, la polizia ha identificato due persone. L’equipe del programma Mediaset stava preparando un servizio sulle case occupate abusivamente a danno dei legittimi assegnatari o titolari. LEGGI TUTTO
Caso Santanchè, la Camera respinge la mozione di sfiducia. La ministra: sulle dimissioni rifletterò da sola
«Su cassa Covid ho difeso solo posti di lavoro»Quanto all’accusa di truffa per la cassa integrazione Covide, ha affermato Santanchè, «il mio coinvolgimento nella vicenda si è limitato a decidere, come praticamente quasi la totalità delle aziende italiane, di accedere a tale beneficio a tutela della salvaguardia e dei posti di lavoro. Comunque non toccherà a questo Parlamento decidere, io ho fiducia nella magistratura e vedremo il proseguo».«Non vorrei mai essere problema» e FdI applaude SantanchèApplauso dai banchi di FdI nell’Aula della Camera quando la ministra del Turismo Daniela Santanchè ha detto durante la replica (prima del voto della mozione di sfiducia): «Non vorrei mai essere un problema».FdI,apprezzate parole Santanché e disponibilità dimissioniUn passaggio apprezzato dal vicepresidente di FdI alla Camera, Massimo Ruspandini che ha ringraziato «per quello che ha chiaramente detto al termine del suo intervento e cioè che, qualora venga malauguratamente rinviata a giudizio per la vicenda Inps, farebbe prevalere il cuore alla ragione e lascerebbe il suo incarico governativo per amore e rispetto di FdI e del presidente del Consiglio».«Chi ruba nasconde e le mie borse non le nascondo»La ministra ha parlato anche della vicenda due due borse Hermès, risultate poi false, regalate a Francesca Pascale quando era la fidanzata di Silvio Berlusconi: «Nelle mie borse non c’è paura e lo dico con chiarezza: non ho nessun problema a dirlo qua in un’Aula del Parlamento: ebbene sì, ho una collezione di borse. Mio padre mi ha insegnato che si ruba solo quello che si nasconde e io non ho nulla da nascondere».Conte: state difendendo l’indifendibileNella dichiarazione di voto il leader M5s Giuseppe Conte ha attaccato: «Credo che questo Parlamento avrebbe dovuto occuparsi di altro, sono sconcertato che ci troviamo ore a ore a parlare di una questione che non doveva sorgere e una volta sorta andava affrontata e risolta. State difendendo l’indifendibile, la ministra Santanché è accusata di falso in bilancio e truffa sui fondi Covid. Vi siete impegnati a fare da scudo alla ministra mentre dovreste farlo ai tanti imprenditori che stanno vivendo sulla loro pelle il tracollo industriale, loro non sono accusati non hanno commesso truffe ai danni dello Stato ma non hanno santi in paradiso non sono amichetti di Giorgia Meloni». LEGGI TUTTO
Caso Santanchè, da Ruggiero a Sangiuliano: ecco i 33 ministri che si sono dimessi dal 2001
Ascolta la versione audio dell’articolo4′ di letturaL’attuale premier, Giorgia Meloni, ha già accolto le dimissioni di un suo ministro: quelle di Gennaro Sangiuliano. Che a settembre 2024 ha lasciato l’incarico di responsabile della Cultura per l’esplosione del “caso Mario Rosaria Boccia”. L’uscita dall’esecutivo di Sangiuliano non è affatto un inedito. Negli ultimi 25 anni sono 33 i ministri che per motivi vari (giudiziari, politici o personali) hanno abbandonato il dicastero loro affidato. In altre parole, dal 2001 il 12% dei 278 ministri nominati dai presidenti del Consiglio che si sono succeduti a Palazzo Chigi ha concluso prematuramente l’esperienza di governo: da Renato Ruggiero e Claudio Scajola nel secondo esecutivo Berlusconi a, appunto, Sangiuliano passando per Federica Mogherini, Maria Carmela Lanzetta e Maurizio Lupi nell’esecutivo Renzi e Lorenzo Fioramonti nel “Conte 2”. Una percentuale che potrebbe subire un aggiornamento per l’evoluzione delle vicende giudiziarie, e anche politiche, legate al ministro del Turismo, Daniela Santanchè. Vicende che sono al centro in queste settimane delle mozioni di sfiducia, presentate dalle opposizioni, che sono in discussione in Parlamento.Il picco di dimissioni con il secondo governo BerlusconiIn carica dall’11 giugno 2001 fino al 23 aprile 2005 il secondo governo presieduto da Silvio Berlusconi lungo il cammino vide diversi ministri lasciare l’incarico per varie ragioni. A partire da quelli degli Esteri, Renato Ruggiero, dell’Interno, Claudio Scajola e dell’Economia Giulio Tremonti. A presentare le dimissioni furono anche il ministro della Funzione pubblica, Franco Frattini, nominato da Berlusconi alla Farnesina al posto di Ruggiero, Giuseppe Pisanu, che abbandonò il ministero dell’Attuazione del programma per subentrare a Scajola al Viminale, e l’allora leader della Lega, Umberto Bossi, che lasciò il ministero delle Riforme (dove fu sostituito da Roberto Calderoli) per il seggio di parlamentare europeo. Poi nel novembre 2024 toccò ancora Frattini abbandonare pure il ministero degli Esteri (dove approdò l’allora vicepremier e leader di An, Gianfranco Fini) per la designazione a nuovo Commissario Ue al posto di Rocco Buttiglione, che aveva rinunciato dopo le polemiche suscitate dai suoi interventi sulle coppie gay. Nel dicembre 2004 il ministro della Funzione Pubblica, Luigi Mazzella, che due anni prima aveva preso il posto di Frattini a Palazzo Vidoni, rassegnò le dimissioni e venne sostituito da Mario Baccini (Udc). Quattro mesi più tardi, nell’aprile 2005, tutta la delegazione dell’Udc si ritirò dal governo: oltre a Baccini, i ministri per i Rapporti con il Parlamento, Carlo Giovanardi, e per le Politiche comunitarie, Rocco Buttiglione, e il vicepremier Marco Follini.Loading…Le uscite dal “Berlusconi III” e dal “Berlusconi IV”Il terzo governo Berlusconi resta in carica dall’aprile 2005 al maggio del 2006. Ma già nel settembre del 2005 il ministro dell’Economia, Domenico Siniscalco (che nel secondo esecutivo Berlusconi aveva preso il posto di Tremonti) si dimette per tensioni sulle vicende del governatore della Banca d’Italia, Antonio Fazio; e sulla legge Finanziaria. Nel febbraio del 2006 si dimette anche il ministro delle Riforme Calderoli dopo le polemiche seguite alla t-shirt con le vignette danesi su Maometto che aveva mostrato in Tv. E ad annunciare le dimissioni nel marzo 2006 è anche il ministro della Salute Francesco Storace per la vicenda delle intercettazioni, dopo l’arresto di 16 persone che avrebbero spiato i suoi rivali Piero Marrazzo e Alessandra Mussolini prima delle elezioni regionali del 2005. Anche il quarto governo Berlusconi, operativo dal maggio 2008 al novembre 2011, non rimane immune dall’effetto dimissioni. Il primo a lasciare l’incarico nel 2010 è il ministro delle Regioni e per la coesione territoriale, Raffaele Fitto (all’epoca esponente Pdl). Nell’aprile 2010 il suo collega di partito Giancarlo Galan viene nominato ministro delle Politiche agricole, alimentari e forestali, a seguito delle dimissioni del leghista, Luca Zaia, eletto presidente della Regione Veneto. Lo stesso Galan annuncia le sue dimissioni nel marzo del 2011, quando va a ricoprire l’incarico di ministro dei Beni culturali, lasciato da Sandro Bondi (Pdl). Sempre nel 2010 Paolo Romani (Pdl) è nominato ministro dello Sviluppo Economico, sostituendo Berlusconi, che aveva mantenuto l’interim del dicastero dopo le dimissioni di Claudio Scajola nel maggio dello stesso anno. Il 2010 vede anche le dimissioni di Aldo Brancher, all’epoca ministro per la Sussidiarietà e il Decentramento. Nel 2011 arrivano anche quelle di Angelino Alfano da ministro della Giustizia dopo essere stato nominato segretario del Popolo della Libertà.Mastella lascia il secondo governo ProdiNel gennaio 2008, durante il secondo governo Prodi (in carica dal maggio 2006 al maggio 2008), l’allora ministro della Giustizia, e leader dell’Udeur, Clemente Mastella, lascia l’incarico per le accuse di concorso esterno in associazione a delinquere della procura di Santa Maria Capua Vetere (dalle quali è stato poi assolto nel 2017). Le dimissioni di Mastella hanno provocano l’uscita dalla maggioranza dell’Udeur, che si è rivela uno dei passaggi decisivi nella caduta dell’esecutivo sostenuto da una coalizione di centrosinistra.Quattro i ministri usciti dal governo RenziAd abbandonare il governo Renzi, in carica tra il 2014 e il 2016, sono stati quattro ministri. A cominciare da quello degli Esteri, Federica Mogherini (Pd), che dal novembre 2014 era stata chiamata a ricoprire il ruolo di Alto appresentante per la politica estera della Ue a Bruxelles. Ad annunciare le dimissioni è poi il ministro per gli Affari Regionali, Maria Carmela Lanzetta (Pd), in vista di un incarico nella giunta calabrese di Mario Oliverio. A seguito di vicende giudiziarie legate al cosiddetto scandalo Grandi Opere, che aveva coinvolto il dicastero delle Infrastrutture, l’allora ministro Maurizio Lupi (all’epoca Ncd) lascia l’incarico. Così come nell’aprile del 2016 il ministro per lo Sviluppo Economico, Federica Guidi, per le ricadute relative all’inchiesta Tempa Rossa. LEGGI TUTTO
Elezioni Comunali in Trentino Alto Adige, ballottaggi il 18 maggio: dove e come si vota
Introduzione
In Trentino sono 11 i comuni con più di tremila abitanti che sceglieranno la nuova amministrazione nel secondo turno. A questi si aggiungono, in Alto Adige, Bolzano e Merano. Al primo turno delle comunali, il 4 maggio 2025, sono stati chiamati alle urne gli elettori di 111 comuni nella Provincia autonoma di Bolzano e di 154 in quella di Trento. L’affluenza è stata in netto calo: in tutto il Trentino si è fermata al 54,53%, circa 10 punti in meno rispetto alle precedenti. A Bolzano si è recato alle urne il 52,16% degli elettori, mentre nel 2020, quando però si votò su due giorni, fu il 60,65%. A Trento affluenza sotto al 50% LEGGI TUTTOReferendum, per cosa si vota e come sono schierati i partiti
Ascolta la versione audio dell’articolo3′ di letturaManca un mese ai quattro referendum sul lavoro (promossi dalla Cgil) e a quello sulla cittadinanza (sponsorizzato tra gli altri da +Europa) dell’8-9 giugno. E i partiti iniziano a schierarsi. Nella maggioranza (contraria al merito dei quesiti) prevale la linea dell’astensione, per far fallire il raggiungimento del quorum. Pd, M5s e Avs sono invece mobilitati per la partecipazione al voto e per il sì ai quesiti (con l’eccezione del M5s che sul referendum sulla cittadinanza ha lasciato libertà di voto).Cosa chiedono i 5 cinque referendumI 5 referendum che hanno superato il vaglio della Corte Costituzionale, si svolgeranno l’8 e 9 giugno in occasione del secondo turno delle elezioni amministrative. Nel mirino c’è innanzitutto il Jobs act per il ripristino dell’articolo 18 e quindi del reintegro nei casi di licenziamento illegittimo per i lavoratori assunti dopo il 7 marzo 2015 (da quando sono entrate in vigore le norme del governo Renzi, che hanno introdotto il contratto a tutele crescenti); i contratti a termine per limitarne l’utilizzo a causali specifiche e temporanee; l’eliminazione del limite all’indennità per i lavoratori licenziati in modo ingiustificato nelle piccole aziende (l’obiettivo è aumentare le tutele per chi lavora in aziende con meno di 16 dipendenti); la responsabilità solidale delle aziende committenti negli appalti, in caso di infortunio e malattia professionale. L’altro quesito ammesso, proposto tra gli altri da +Europa, chiede di dimezzare da 10 a 5 anni la residenza in Italia degli extracomunitari maggiorenni per presentare la domanda di cittadinanza.Loading…Maggioranza per la linea dell’astensioneManca ancora una presa di posizione ufficiale di Fdi (così come della Lega), ma, in base ad alcune indiscrezioni circolate, i vertici di Fratelli d’Italia avrebbero indicato a deputati e senatori la linea dell’astensione sul voto referendario dell’8 e 9 giugno. Il leader di Forza Italia Antonio Tajani ha invece schierato chiaramente il partito. «Non so cosa dice FdI noi siamo per un astensionismo politico, non condividiamo la proposta referendaria». E la linea della non partecipazione al voto, secondo fonti del Carroccio, è quella scelta anche dalla Lega. Nella maggioranza, invece, a non seguire la linea dell’astensione è Noi Moderati, che però preannuncia 5 noSchlein schiera il Pd per cinque sì, ma riformisti su altra lineaLa segretaria del Pd Elly Schlein ha firmato per tutti i referendum. E ha schierato il partito a favore di 5 sì ai quesiti, compresi i 4 sul lavoro promossi dalla Cgil, tra cui quello sul Jobs Act. Ma consapevole dei mal di pancia dell’ala riformista del Pd, non ha chiesto abiure a chi non li ha firmati tutti e ha deciso in favore di tutti. Una sorta di libertà di coscienza, insomma, che alla minoranza tanto basta per veder garantita la sua agibilità politica. L’orientamento prevalente dei riformisti del Pd di Energia Popolare è di andare a votare, con l’indicazione di dire sì ai referendum sulla cittadinanza e a quello sulla responsabilità dell’impresa committente e di non votare gli altri tre sul lavoro.Conte: al referendum quattro sì per il lavoro Il leader del M5s Giuseppe Conte ha annunciato che ai referendum dell’8 e 9 giugno il M5s dirà 4 volte sì. Libertà di coscienza, invece, sul referendum cittadinanza. «Il Movimento 5 Stelle ha avviato il percorso dello Ius scholae – ha spiegato -. Riteniamo che sia il modo migliore per consentire l’acquisto della cittadinanza. Con la formazione scolastica c’è la possibilità di un’integrazione vera anche culturale, quindi è qualcosa di molto più concreto rispetto al dimezzamento puro e semplice dei termini attuali per l’acquisito della cittadinanza. Però abbiamo lasciato libertà di coscienza alla nostra comunità politica” LEGGI TUTTO
Troupe televisiva della trasmissione “Fuori dal coro” aggredita da un gruppo di occupanti abusivi di case
I fatti si sono registrati nel quartiere de Le Piagge, periferia nord di Firenze. Gli aggressori avrebbero minacciato giornalisti e operatori e avrebbero rotto lo specchietto dell’auto in dotazione a un cameramen. Troupe televisiva aggredita da occupanti abusivi di case – Nanopress.itSul posto agenti e sanitari del 118. Troupe televisiva aggredita da occupanti abusivi di caseUna troupe televisiva della trasmissione ‘Fuori dal coro’, il talk show presentato da Mario Giordano, è stata minacciata da alcuni occupanti abusivi di case a Firenze, in via Liguria, nel quartiere de Le Piagge, periferia nord ovest del capoluogo toscano. Gli aggressori avrebbero minacciato giornalisti e operatori, rompendo lo specchietto dell’auto in dotazione a un cameramen.Sul posto sono arrivate due volanti e un’ambulanza, ma non ci sarebbero feriti. Al momento, la polizia ha identificato due persone. L’equipe del programma Mediaset stava preparando un servizio sulle case occupate abusivamente a danno dei legittimi assegnatari o titolari. LEGGI TUTTO
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