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Polemica sulle parole di Salvini: “I toscani hanno rotto le p…”
“I toscani hanno rotto le p….”. Una dichiarazione controversa che ha scatenato una bufera politica quella del vice premier Matteo Salvini, che ha ironicamente attaccato gli abitanti della regione di Dante durante uno scambio col presidente abruzzese Marco Marsilio. Il leader del Caroccio ha fatto questa battuta in risposta alla constatazione del governatore meloniano che, parlando di vino, aveva detto: “È più conosciuto ed esportato il Montepulciano d’Abruzzo, che il Nobile di Toscana”.
Le reazioni della politica
Immediata la reazione di Antonio Mazzeo, presidente del Consiglio regionale della Toscana:
“Queste dichiarazioni di Salvini sono vergognose e indegne di un ministro. Spero che abbia almeno il buon gusto di chiedere immediatamente scusa a tutte le toscane e i toscani”.
A scagliarsi contro Salvini anche il senatore PD Dario Parrini che lo invita a scusarsi: “Eccolo qua. Un vicepremier che insulta sguaiatamente una regione intera e i suoi quasi quattro milioni di abitanti. Poche persone disonorano le istituzioni e l’incarico che ricoprono come fa, quasi ogni giorno, il ministro Matteo Salvini. Come minimo lui stesso o qualche suo adepto locale dovrebbero rapidamente porgere delle scuse alla Toscana e a tutti i toscani”
Anche il segretario di Italia Viva, il toscano Matteo Renzi, ha attaccato il leader leghista: “Dice Salvini che i toscani hanno rotto. Può darsi, per carità. Sono i soliti pensieri raffinati e profondi di un uomo che cantava ‘Senti che puzza scappano anche i cani stanno arrivando i napoletani’ e poi è andato a chiedere i voti in Campania. Ma ammettiamo pure che i toscani abbiano rotto non si capisce cosa. Cosa ha rotto invece il Ministro delle Infrastrutture? A parte il pantografo dico”. LEGGI TUTTOSoprintendenze, ecco la proposta della Lega per rendere i pareri non più vincolanti
Ascolta la versione audio dell’articolo3′ di letturaPiù «semplificazione e sburocratizzazione». Dopo l’incursione (non andata a buon fine) di qualche mese fa, con un emendamento ad hoc al decreto Cultura, viaggia tra le ultime audizioni al Senato il disegno di legge della Lega per rivedere il ruolo delle Soprintendenze nell’ambito delle procedure di autorizzazione paesaggistica. In sostanza si punta a semplificare i procedimenti amministrativi «per evitare che la Pa diventi un ostacolo allo sviluppo economico e territoriale del Paese». L’opposizione insorge, così come alcune organizzazioni impegnate nella tutela del paesaggio.L’ambito di applicazioneAttualmente, è la tesi dei proponenti, le Soprintendenze sono chiamate a esprimersi su un numero elevato di pratiche, comprese quelle che non riguardano i grandi monumenti o le opere di particolare pregio storico-artistico. «Questo comporta un notevole rallentamento nei processi decisionali e una dispersione di risorse che potrebbe essere evitata». Alla lettera il disegno di legge intende introdurre modifiche normative che permettano di razionalizzare il sistema delle autorizzazioni, attribuendo ai Comuni maggiore autonomia decisionale per gli interventi di minore impatto e definendo tempi certi per l’espressione del parere delle Soprintendenze ed evitando lungaggini burocratiche.Loading…Silenzio/assenso e pareriIn particolare l’articolo 1 del Ddl (Atto Senato n. 1372, primo firmatario della proposta Roberto Marti) stabilisce i princìpi cardine della riforma, indicando come finalità la riduzione dei tempi amministrativi, il rafforzamento dell’efficacia dell’azione degli enti locali e il miglioramento della certezza del diritto. La revisione del Codice dei beni culturali e del paesaggio (Dlgs 22 gennaio 2004, n. 42), viene dunque considerata come uno strumento per garantire una gestione più razionale delle procedure di autorizzazione, «senza compromettere in alcun modo la tutela del paesaggio». La modifica all’articolo 146, comma 5, introduce un meccanismo di silenzio/assenso: se il parere della Soprintendenza non viene reso entro trenta giorni, si considera automaticamente favorevole, consentendo così all’amministrazione competente di procedere senza ulteriori ritardi. Ma la lettera b) interviene invece sull’articolo 152, comma 1, sostituendo le parole: «parere vincolante» con le parole «parere obbligatorio non vincolante». Per effetto del cambiamento proposta il parere reso dal Soprintendente viene trasformato da vincolante, in obbligatorio non vincolante. Di conseguenza l’amministrazione procedente sarà obbligata in fase istruttoria ad acquisire il parere (pena il vizio di violazione di legge), ma tale parere non sarà vincolante e quindi non acquisirà natura co-decisoria. Più semplicemente il parere che dovrà obbligatoriamente essere acquisito, potrà poi essere disatteso previa congrua motivazione da parte dell’amministrazione procedente.Delega al GovernoL’articolo 3 attribuisce una delega al Governo per adottare, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge, uno o più decreti legislativi finalizzati a una revisione organica delle procedure di autorizzazione paesaggistica. I decreti legislativi previsti dalla delega sono adottati su proposta del Ministro della cultura, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano.Floridia (M5S): Soprintendenze svuotate, governo si arrende a cemento?«Sul fronte culturale la destra di Giorgia Meloni continua a dare il meglio di sé: in commissione Cultura in Senato viaggia spedito un provvedimento della Lega che svuota le tutele paesaggistiche, indebolisce le Soprintendenze e spalanca la porta agli interessi peggiori. Tutto in nome della “semplificazione”, ovviamente. Fa quasi tenerezza ripensare ad Alessandro Giuli, che poco tempo fa si vantava di aver “sventato” il blitz leghista contro le Soprintendenze. Ora che quel blitz viaggia sereno in Parlamento forse si starà chiedendo quanto valgono davvero le sue “vittorie”». Così in una nota la senatrice M5S Barbara Floridia, presidente della commissione di Vigilanza Rai. «Intanto il silenzio-assenso sui vincoli e il passaggio da parere vincolante a semplice parere obbligatorio gridano vendetta. Un attacco frontale al paesaggio, alla cultura e alla decenza istituzionale. Quando il paesaggio viene sacrificato, non è solo un problema ambientale: è la resa totale di una politica – conclude Floridia – incapace di guardare oltre il cemento e gli affari». LEGGI TUTTO
Cercasi pianta femmina per pianta maschio in via di estinzione
Caricamento playerAnche le specie vegetali possono estinguersi e anche delle specie vegetali può succedere che sia rimasto un unico individuo sul pianeta. È il caso della cicas di Wood, un albero originario del Sudafrica, che è stato soprannominato “la pianta più sola nel mondo”. Ce ne sono circa 110 all’interno di giardini botanici di vari paesi, ma geneticamente si tratta della stessa pianta, che è stata propagata staccando steli dall’unica cicas di Wood trovata in natura finora. C’è però chi sta cercando di trovarne un’altra, e così evitare l’estinzione della specie, usando droni in volo sopra una foresta e un algoritmo per il riconoscimento delle immagini.
La cicas di Wood dei Kew Gardens di Londra, nel Regno Unito, nel 2019; venne propagata dall’individuo trovato in Sudafrica nel 1899 (il Post)
La cicas di Wood è, come suggerisce il nome, un tipo di cicas, un gruppo di specie di piante diverse. Apparentemente le cicas sono simili alle palme, ma in realtà sono molto distanti a livello evolutivo, e sono molto più antiche – esistevano già 270 milioni di anni fa, nel Mesozoico, detto anche “era delle cicas”. Sono piante dioiche, di cui cioè esistono individui femminili e individui maschili. La cicas di Wood di cui siamo a conoscenza è un individuo maschile, per questa ragione per preservare la specie non basterebbe trovare una cicas di Wood qualsiasi, ma un individuo femminile.
Il nome scientifico della cicas di Wood è Encephalartos woodii: la specie deve il suo nome a John Medley Wood, un botanico sudafricano vissuto tra il 1827 e il 1915. Nel 1895 Wood trovò l’individuo di cicas a noi noto nella foresta di Ngoye, un’area boscosa nell’est del Sudafrica che attualmente ha un’estensione di 40 chilometri quadrati. Dal 1916 quell’albero si trova a Pretoria, in un’area recintata e protetta, dove è stato portato perché il dipartimento forestale del Sudafrica temeva che potesse essere distrutto.
Dopo il 1895 vari esploratori hanno cercato altre cicas di Wood nella foresta di Ngoye, ma senza successo. La foresta però non è mai stata esplorata del tutto. Ispirato dalla “solitudine” della cicas di Wood maschio C-LAB, un collettivo di ricerca artistica che impiega metodi scientifici per i propri progetti, ha deciso di provare a cercare una femmina usando tecnologie contemporanee, a cominciare da droni e algoritmi.
La cicas di Wood trovata da John Medley Wood nella foresta di Ngoye nel 1907 (James Wylie)
Laura Cinti, ricercatrice dell’Università di Southampton e una dei fondatori di C-LAB, spiega che per il collettivo l’arte e la scienza sono «discipline interconnesse che possono ispirarsi a vicenda». «Nella nostra attività usiamo metodi sofisticati e materiali intricati, e lavoriamo a stretto contatto con scienziati ed esperti. Questa combinazione offre prospettive uniche sul modo con cui vediamo, capiamo e sperimentiamo il mondo», dice.
Per provare a trovare la cicas di Wood femmina, all’inizio del 2024 C-LAB ha fatto volare dei droni su una piccola porzione della foresta di Ngoye, meno di un chilometro quadrato, raccogliendo più di 15mila fotografie. Tutte insieme le immagini formano una mappa molto dettagliata della porzione di foresta esaminata.
Mosaico di immagini di cicas usate per addestrare l’algoritmo di C-LAB (Laura Cinti & Howard Boland © C-LAB)
La mappa è poi stata fatta analizzare a un algoritmo per il riconoscimento delle immagini precedentemente “addestrato” a riconoscere le cicas usando sia fotografie reali di diverse cicas, sia immagini di diverse cicas di Wood prodotte con un software di intelligenza artificiale. L’idea è di ottenere un sistema informatico in grado di individuare altre cicas di Wood nella foresta di Ngoye grazie alle fotografie fatte dall’alto coi droni.
Per ora non sono state trovate altre cicas, ma resta da esaminare ancora la stragrande maggioranza della foresta, e col procedere delle ricerche l’algoritmo di C-LAB dovrebbe migliorare le proprie prestazioni. Intanto il collettivo artistico sta avviando un’ulteriore ricerca per capire se utilizzando degli stimoli chimici o fisici si potrebbe far cambiare sesso a una delle cicas di Wood presenti nei giardini botanici. Infatti secondo alcuni studi è già successo che individui di altre specie di cicas abbiamo cambiato sesso in seguito a cambiamenti nel loro ambiente.– Leggi anche: Cosa fai tutto il giorno quando la tua specie si è estinta LEGGI TUTTO
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