IN EVIDENZA
Due donne in cima alla classifica dei redditi parlamentari: le avvocate Rossello e Bongiorno
Ascolta la versione audio dell’articolo2′ di letturaLa classifica è ancora provissoria perché non tutti i parlamentari hanno depositato la loro dichiarazione dei redditi 2024 e, tra questi, mancano alcuni che lo scorso anno erano in cima alla graduatoria come il senatore a vita e architetto Renzo Piano ma soprattutto Antonio Angelucci, deputato della Lega e proprietario delle cliniche del Gruppo San Raffaele oltre che editore dei quotidiani della galassia di centrodestra Libero, Il Tempo e Il Giornale. Al momento le più ricche tra Camera e Senato in base alla documentazione patrimoniale risultano due donne, entrambe di centrodestra e tutte e due avvocate: si tratta di Giulia Bongiorno e Cristina Rossello.Bongiorno a quota 2,541 milioniBongiorno, palermitana, senatrice della Lega e già ministro della Pubblica amministrazione nel primo governo giallo-verde di Giuseppe Conte, una popolarità da avvocata cominciata nel ’95 quando il principe del Foro Franco Coppi le chiese di occuparsi in prima persona della difesa di Giulio Andreotti, per il 2024 ha dichiarato un reddito di 2,541 milioni di euro. Un valore inferiore rispetto ai due anni precedenti (2,754 nel 2023 e quasi 3 milioni di euro nel 2022).Loading…Il primato di RosselloAndamento opposto per Rossello, in passato avvocata di Silvio Berlusconi, eletta deputata con Forza Italia (e coordinatrice del partito azzurro a Milano): dai 2,054 milioni dello scorso anno è salita a oltre tre milioni (3,159). Una cifra che al momento non ha uguali tra le colleghe e i colleghi che hanno depositato presso gli uffici parlamentari la propria documentazione patrimoniale aggiornata.L’ex ministro dell’Economia dei governi Berlusconi e ora deputato di Fdi, Giulio Tremonti, si ferma a 2,229 milioni (-365mila euro rispetto all’anno precedente). Più o meno sulle stesse latitudini l’ex premier Matteo Renzi: il leader e senatore di Italia viva ha dichiarato 2,339 milioni, con un calo più pronunciato rispetto al 2023 (-878mila euro). LEGGI TUTTO
Verso una nuova stretta sui cronisti, stop alla pubblicazione di atti
Ascolta la versione audio dell’articolo3′ di letturaNon solo gli atti di custodia cautelare. Non più pubblicabili potrebbero essere anche altre misure cautelari personali, le interdittive e i sequestri. Il Governo si prepara ad una nuova stretta sui giornalisti, che potrebbe essere inserita nello stesso decreto legislativo già approvato lo scorso settembre in via preliminare dal Consiglio dei ministri: il provvedimento nato dopo un emendamento e ribattezzato “legge bavaglio” dalle opposizioni e dalla Federazione nazionale della stampa.Si lavora all’ambito di applicazioneLa nuova versione del decreto, ricevuti i pareri e le indicazioni dalla commissione Giustizia, potrebbe approdare in uno dei prossimi Cdm, ma a via Arenula si è ancora in attesa di capire se Palazzo Chigi deciderà di dare il via libera per l’inserimento del decreto in calendario fin da subito o ci sarà una proroga. Al momento – spiegano fonti del ministero della Giustizia – si sta valutando il perimetro entro il quale estendere il divieto e decidere se includere in generale l’interdizione di pubblicazione per tutti gli atti, come tutte le misure cautelari personali, il carcere, le interdittive e perquisizioni, o solo determinati documenti. Sembra però chiaro che la formula di secretazione stabilita sarà comunque la stessa decisa già due mesi fa: il testo preciso del documento diventa di fatto segreto e la stampa non potrà pubblicarlo, almeno finché non siano concluse le indagini preliminari o fino al termine dell’udienza preliminare. Nel caso della custodia cautelare sarà pubblicabile soltanto il contenuto dell’atto, senza poterlo citare tra virgolette, e potrà essere fedelmente riportato solo il capo di imputazione per esteso.Loading…L’ipotesi di multe ai cronistiLa modifica riguarda l’articolo 114 del codice di procedura penale ed era stata decisa diverso tempo prima in Parlamento, quando il Senato approvò l’articolo 4 della legge di adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni della direttiva europea. A dare l’avvio all’iter fu un emendamento del deputato Enrico Costa (ex di Azione e ora in Forza Italia), durante il passaggio alla Camera. Poi il decreto legislativo è passato una prima volta al vaglio dei ministri nel settembre scorso per essere in seguito sottoposto alla lettura e agli eventuali suggerimenti, non vincolanti, delle due commissioni Giustizia di Camera e Senato entro sessanta giorni. Scaduto questo periodo resta resta da capire quando approderà in Cdm per avere il via libera definitivo dell’Esecutivo. E l’incognita potrebbe essere sciolta già nelle prossime ore. Al di là dei tempi, sono proprio le indicazioni arrivate dalle commissioni a stringere le maglie: la maggioranza, assieme a Italia Viva, chiede di estendere ulteriormente il divieto a tutte le altre ordinanze prevedendo anche multe per i giornalisti e non solo agli editori (fino a 500mila euro). Ma è molto possibile che il Governo non accolga tutte le proposte e frenerà sulle sanzioni troppo alte ai cronisti. Non si può escludere comunque che le multe possano essere inserite nel disegno di legge sulla diffamazione fermo al Senato.Passo indietro rispetto alla riforma OrlandoÈ certo che a breve le modalità dei contenuti giornalistici, riguardo alle inchieste giudiziarie, cambieranno: si torna indietro rispetto a quanto stabilito dalla riforma del 2017 dell’allora ministro Andrea Orlando, secondo cui le ordinanze sono pubblicabili senza limiti. Il provvedimento ha intanto suscitato la reazione dei Cinque Stelle: «Sono passati pochi giorni dal pericolo scampato sul bavaglio che il Governo voleva imporre ai magistrati e subito ci troviamo di fronte ad un nuovo tentativo di imbavagliare ulteriormente la libertà di stampa e colpire il diritto dei cittadini ad essere informati su atti giudiziari di particolare importanza. Con la slavina dei provvedimenti del governo Meloni ormai l’Italia è una Repubblica poco democratica, fondata sul bavaglio», sostengono i rappresentanti del M5S nelle commissioni Giustizia. LEGGI TUTTO
Migranti in Albania, il governo: “Andiamo avanti”. Oggi Meloni vede commissario Ue Brunner
Secondo la presidente del Consiglio servono “una soluzione ad ogni ostacolo che appare” e una “revisione della Direttiva rimpatri, per fare chiarezza su un tema molto controverso e oggetto di provvedimenti giudiziari che appaiono disattendere quanto stabilito con legge dal Parlamento italiano”. Nel pomeriggio incontro a Palazzo Chigi con il commissario Ue per gli Affari interni e le migrazioni, che sostiene l’Italia nel protocollo con Tirana
ascolta articolo
Il governo è determinato ad andare avanti sui centri in Albania, trovando “una soluzione ad ogni ostacolo che appare”. A dirlo è stata la presidente del Consiglio Giorgia Meloni che lunedì, prima di volare a Parigi per il vertice sull’Ucraina, è intervenuta alla Conferenza sulle linee d’indirizzo per le politiche di contrasto all’immigrazione irregolare dando un input a questori e prefetti ad aumentare i rimpatri dei migranti irregolari. Nel pomeriggio la premier incontra il commissario Ue per gli Affari interni e le migrazioni Magnus Brunner, che sostiene l’Italia nel protocollo con Tirana.
Meloni: “È urgente una revisione della Direttiva rimpatri”
Nonostante l’impegno di Parigi “ho ritenuto importante venire qui per fare il punto su quello che abbiamo fatto su una materia che è assolutamente centrale come il governo dei flussi migratori”, ha detto Meloni alla Conferenza. Per la premier “è urgente una revisione della Direttiva rimpatri del 2008. Penso sia importante anticipare l’entrata in vigore di quanto previsto dal nuovo Patto di migrazione e asilo sulla definizione di Paese sicuro, anche per fare chiarezza su un tema molto controverso e oggetto di provvedimenti giudiziari che appaiono disattendere quanto stabilito con legge dal Parlamento italiano”. Il riferimento è alle mancate convalide dei trattenimenti di richiedenti asilo in Albania da parte dei giudici italiani sulla base di una pronuncia della Corte europea di Giustizia che mette dei paletti molto stringenti alla definizione di Paese sicuro. Ci sono stati dei ricorsi e il 25 febbraio alla Corte ci sarà l’udienza di discussione del parti. Successivamente sarà emessa una sentenza. L’auspicio, ha affermato Meloni, “è che la Corte scongiuri il rischio di compromettere le politiche di rimpatrio, non solo dell’Italia, ma di tutti gli Stati membri dell’Unione Europea”. LEGGI TUTTO
Ucraina, reazioni dall’Italia dopo scontro Trump-Zelensky. Tajani: “Situazione si calmi”
Introduzione
Hanno fatto scalpore le parole del presidente americano Donald Trump, che ha definito il leader ucraino Zelensky “un dittatore mai eletto e un comico mediocre”. Secondo il Capo della Casa Bianca, è riuscito ad ottenere centinaia di miliardi dagli Stati Uniti “per una guerra che non avrebbe mai vinto. Si rifiuta di indire elezioni, è molto basso nei sondaggi ucraini ed è stato bravo solo a suonare Biden come un violino. L’Europa ha fallito”. Il presidente dell’Ucraina, dopo il vertice Usa-Russia a Riad, aveva detto del tycoon: “Trump vive in uno spazio di disinformazione russa. Aiuta Putin a uscire dall’isolamento”. Lo scontro ha suscitato reazioni internazionali e anche in Italia diversi esponenti politici si sono schierati nello scontro in atto (LO SPECIALE DI SKYTG24 SUL CONFLITTO – GLI AGGIORNAMENTI IN TEMPO REALE). LEGGI TUTTOLa getta da un cavalcavia sull’A4, poi simula il suicidio: arrestato il compagno di Giada Zanola
Nella notte è arrivata la svolta nel caso della donna morta dopo un volo da un cavalcavia dell’A4, nel territorio di Vigonza. Giada Zanola non si sarebbe uccisa, ma a lanciarla sarebbe stato il compagno, che è stato arrestato con l’accusa di omicidio volontario.Svolta nel caso della morte di Giada Zanola – Nanopress.itLa coppia, che ha un bambino di 3 anni, era da tempo in crisi. Svolta nel caso della morte di Giada ZanolaGiada Zanola non si è tolta la vita. La mamma di 34 anni di Vigonza (Padova), precipitata da un cavalcavia sull’A4, all’alba del 29 maggio, non si è lanciata nel vuoto, ma è stata spinta giù dal compagno. La svolta, in quello che sembrava un caso di suicidio, è arrivata nella notte. L’uomo è stato arrestato con l’accusa di omicidio volontario.Secondo quanto ricostruito finora dagli inquirenti, la donna è stata spinta giù dal cavalcavia sull’autostrada dal suo compagno, Andrea Favaro. La coppia, che aveva un figlio di tre anni, era in crisi da tempo. L’omicidio sarebbe avvenuto al culmine di una lite, l’ennesima, mentre la vittima e il compagno si trovavano sul ponte sopra l’autostrada. Dopo la tragica caduta, Giada è stata mortalmente travolta da un camion.Arrestato il compagno di Giada Zanola – Nanopress.itInterrogato dal pm di turno, l’uomo avrebbe fatto alcune ammissioni. LEGGI TUTTO
POLITICA
Caso Santanchè, la Camera respinge la mozione di sfiducia. La ministra: sulle dimissioni rifletterò da sola
Il sindaco di Buccinasco regala il libro di Veltroni alle scuole: polemiche della Lega
Elezioni Germania, le reazioni di politici e partiti italiani alla vittoria di Merz
Tensione sulla giustizia, oggi la Camera vota sulla sfiducia a Santanchè