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Scontro sul Garante per la Privacy. Opposizione chiede dimissioni, Meloni: “Scelti da voi”

L’ennesimo scontro tra maggioranza e opposizioni ha al centro il Garante per la Privacy. Dopo la puntata di Report che ha messo in luce conflitti d’interesse, opacità di gestione e contiguità con la politica, il Pd, il Movimento Cinque Stelle e Avs hanno chiesto l’azzeramento totale del collegio. “Questo Garante è stato eletto durante il governo giallo-rosso. Se il Pd e i 5s non si fidano di chi hanno messo all’Autorità, non se la possono prendere con me”, ha replicato la premier Giorgia Meloni. Più tardi Giovanni Donzelli, responsabile organizzativo di Fdi, ha aggiunto: “Favorevoli allo scioglimento di qualsiasi ente o autorità nominata dalla sinistra”. La maggioranza presenterà una mozione a “tutela del buon giornalismo”, ha poi annunciato Federico Mollicone, sempre di Fdi: quella di Report, ha aggiunto, è un’informazione “faziosa e a tesi”.

Lo scontro

“Penso che non ci sia alternativa alle dimissioni dell’intero consiglio”, ha detto la segretaria dem Elly Schlein parlando di un “quadro grave e desolante sulle modalità di gestione”, “che rende necessario un segnale forte di discontinuità”. Non si è fatta attendere la replica della premier Giorgia Meloni. “Non abbiamo competenza sulla possibilità di azzerare l’autorità. È una decisione che casomai spetta al collegio”, ha detto in un primo momento. Poi ha precisato: “Questo Garante è stato eletto durante il governo giallorosso, quota Pd e 5s e ha un presidente in quota Pd, dire che sia pressato da un governo di centrodestra mi pare ridicolo. Se Pd e 5s non si fidano di chi hanno messo all’Autorità, non se la possono prendere con me, forse potevano scegliere meglio”. Quelle di Meloni sono parole figlie di “ipocrisia”, ha attaccato anche il leader del M5s Giuseppe Conte. Più tardi Giovanni Donzelli, responsabile organizzazione di Fdi, ha ribadito che “all’epoca delle nomine, Fratelli d’Italia rappresentava appena il 4% dei parlamentari e che le scelte erano interamente nelle mani di Pd e M5S”. Poi ha aggiunto: “Delle due l’una: o i dirigenti di Pd e M5s sono stati talmente sprovveduti da nominare un’Autorità che oggi definiscono vicina a Fdi, oppure sono così confusi da lasciarsi dettare la linea da Report e dal suo conduttore, Ranucci. In ogni caso, la coerenza di Fratelli d’Italia resta la stessa di sempre: favorevoli, con grande slancio e giubilo, allo scioglimento di qualsiasi ente o autorità nominata dalla sinistra”.


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Ranucci: l’Autorità “è diventata un tribunale politico”

A Meloni ha risposto anche Sigfrido Ranucci: nel collegio del Garante, ha detto, “ci sono anche uno della Lega e uno di Fratelli d’Italia, anzi l’unico organico a FdI è Ghiglia mi pare, ex Fronte della Gioventù, candidato dal 2013 al 2019”. La frase della premier, ha aggiunto, “è corretta dal punto di vista istituzionale, spetta a loro dimettersi”. Poi il conduttore di Report ha ribadito: “Abbiamo documentato fatti non smentibili e cioè come l’Autorità sia diventata nel tempo una sorta di tribunale politico dove i garanti decidono in base alle sensibilità politiche, ai conflitti di interessi, ai giochi clientelari”. Per Ranucci, in ogni caso, le dimissioni sarebbero “una grande sconfitta”, la conferma di un’anomalia che “limita seriamente la libertà di stampa”.

FdI annuncia mozione a “tutela del buon giornalismo”

Dagli uffici del Garante di piazza Venezia a Roma, Guido Scorza prima evoca l’ipotesi del passo indietro, pur spiegando che “la scelta, per ora, è stata quella di restare”, poi si dice “certo” che il collegio arriverà a fine mandato. Più netta la posizione di Agostino Ghiglia, che non vede “nessun motivo” per dimettersi: “O questo è un Garante indipendente, e quindi non dipende dalla politica, o è dipendente, e quindi dipende dalla politica. Non si può andare a giorni alterni. Visto che siamo indipendenti, non teniamo conto delle suggestioni della politica”. Intanto Federico Mollicone, presidente FdI della commissione Cultura, ha annunciato “una mozione di maggioranza a tutela del buon giornalismo, della qualità dell’informazione, della vera imparzialità e del vero pluralismo”, attaccando il “giornalismo militante e a tesi di Report”, che a suo giudizio “viola le comunicazioni di un parlamentare che sono tutelate dalla Costituzione”.


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