«I dazi? Direttamente o indirettamente quasi tutti i settori sono impattati, ma soprattutto l’incertezza che ne deriva ha fortemente rallentato le decisioni su nuovi investimenti sia negli Usa sia nel resto del mondo. Il nostro portafoglio – con una grande penetrazione sui clienti nordamericani (33% del business), europei (38% del giro d’affari) e Asia-Pacifico, Cina inclusa (23%), a cui si aggiunge il Sud America (6%) – rappresenta un grande vantaggio proprio in un periodo così complesso come quello attuale. Comau, infatti, è un’azienda molto globale e ben bilanciata. Siamo in grado di disegnare, sviluppare e produrre autonomamente in ogni regione». È l’analisi di Pietro Gorlier, 62 anni, torinese doc, dal 2022 ceo di Comau, realtà industriale italiana, con sede a Grugliasco (Torino), che dalla fine del 2024 ha portato il fondo americano One Equity Partners a rilevare il 50,1% con Stellantis scesa al 49,9%. Operazione che è avvenuta con il benestare dell’Antitrust e le prescrizioni previste dalla golden power.
Gorlier, che ha ricoperto diversi ruoli di vertice nella galassia Exor, tra cui quello di capo di Fca Europa, oltre a commentare la situazione di Comau nel suo complesso a causa dei dazi, fa il punto sul nuovo corso di una multinazionale che negli anni ha consolidato la sua leadership nell’automazione e nella robotica industriale. E subito invia un messaggio per rassicurare i sindacati sul mantenimento dell’italianità dell’azienda e l’impegno di One Equity Partners sul nostro Paese: «Comau può contare su oltre 3.800 lavoratori a livello globale, di cui 850 in Italia. One Equity Partners vuole far crescere a livello industriale le aziende sulle quali investe. È molto focalizzata sull’Italia perché, come affermato dai suoi vertici, “qui ci sono ottime aziende, guidate da un valido management”; per Comau rappresenta sicuramente un’importante opportunità di ulteriore sviluppo».
L’uscita da Stellantis?
«Era dovuta per poter crescere, diversificando i nostri investimenti, al di fuori del mondo automotive, con l’intenzione Il riassetto societario era dovuto per diversificare il business verso ambiti alternativi a quello dell’auto A Grugliasco abbiamo realizzato la Dry Room, un laboratorio perla produzione delle batterie di nuova generazione di fare di Comau un vero hub italiano per l’automazione, leader a livello internazionale, capace di aggregare altri soggetti. Il primo passo è rappresentato dal recente investimento strategico in Automha, l’azienda di Bergamo che opera nell’automazione dei magazzini e della logistica interna, con cui abbiamo importanti sinergie. L’ultima novità che abbiamo sviluppato internamente, a Grugliasco, si chiama Dry Room, un laboratorio innovativo per i processi di produzione delle batterie di nuova generazione, oltre al lancio di prodotti nel campo della robotica mobile e collaborativa che abbiamo presentato a giugno in un’importante fiera internazionale».
Quindi, un’uscita propedeutica anche verso nuovi campi d’azione.
«Certo, con investimenti – oltre che nell’automotive, sempre centrale – nel navale, nell’aerospazio, nelle energie rinnovabili e nei magazzini grazie alla robotica avanzata e al digitale. In un momento difficile, come quello che sta attraversando il settore automotive, altri ambiti su cui puntare non avrebbero potuto essere una priorità per Stellantis».
Nuovi orizzonti all’ordine del giorno, dunque.
«Con la recente acquisizione di Automha, l’extra automotive sale dal 10 al 15% del business. Puntiamo a sfiorare il 50% nei prossimi 5 anni».
La crescita cinese?
«Differentemente da quanto si riteneva fino al recente passato, ora siamo noi che, a volte, dobbiamo imparare da loro.
In Cina hanno sviluppato le loro soluzioni industriali, che sono ottime, attraverso una grande produttività e un costo del lavoro assimilabile a quello di molti altri mercati, come ad esempio l’Est Europa. ll nostro team locale è al 90% cinese. Sono molto bravi, innovativi e con una grande energia».