«Considero le fusioni tra banche nell’area euro desiderabili, comportano benefici». Almeno in questo caso, la presidente della Banca centrale europea, Christine Lagarde, è stata cristallina. E, anche se precisa di non voler «commentare casi specifici», è chiaro che l’unico cantiere di fusione tra grandi banche europee è quello tra l’italiana Unicredit e la tedesca Commerzbank. Il gradimento della banca centrale era noto, ma certo sentirlo dalla bocca della numero uno – ieri in audizione alla commissione affari economici e monetari del Parlamento europeo – acquisisce ulteriore peso, con buona pace di chi in Germania vorrebbe fare il possibile per troncare le nozze.
Del resto, il motivo per cui l’operazione dovrebbe andare avanti è fin troppo evidente: «Non sono senza rischi potenziali», afferma Lagarde a proposito delle aggregazioni tra banche continentali, «tuttavia iniziative di fusioni transfrontaliere nel settore privato hanno senso per dar vita a entità in grado di competere con Usa e Cina». Parole, queste ultime, che sembrano quelle dette più volte dal ceo di Unicredit, Andrea Orcel.
Madame Lagarde, nel suo intervento, si è accorta che l’economia continentale – sottoposta a una cura con tassi da cavallo ormai da molti mesi per curare un’inflazione elevata che non c’è più – si è ripresa «lentamente» dalla fine della pandemia. La riapertura post-pandemia ha consentito all’economia dell’area dell’euro di crescere durante i primi nove mesi del 2022, ma «l’attività economica è rimasta sostanzialmente stagnante in seguito. Ciò è dovuto, tra gli altri fattori, allo choc dei prezzi dell’energia in seguito all’invasione dell’Ucraina da parte della Russia e alla crescente incertezza geopolitica, ma anche al rafforzamento della politica monetaria». Nonostante la presa di coscienza, in ogni caso, la Bce continuerà sulla politica di non fornire alcuna indicazione sulla parabola del costo del denaro: «Non ci stiamo impegnando in anticipo su un percorso di tassi particolare», un aspetto che complica non poco la vita agli imprenditori che devono pianificare investimenti o alle famiglie interessate a comprare una casa o un’auto. Lo ammette la stessa Lagarde: «La crescita nel secondo trimestre è derivata principalmente dalle esportazioni e dai consumi pubblici. La domanda interna è rimasta debole poiché le famiglie hanno consumato meno, le aziende hanno tagliato gli investimenti aziendali e gli investimenti immobiliari sono diminuiti». Per il 2024 le previsioni di crescita dell’Eurozona sono allo 0,8%, un dato che vedrebbe l’Italia andare a passo più spedito con una crescita attesa intorno all’1 percento.
Lagarde, tuttavia, riesce a essere ottimista anche in un quadro poco allegro: «Guardando al futuro», ha detto, «l’inflazione potrebbe aumentare temporaneamente nel quarto trimestre», ma «gli ultimi sviluppi rafforzano la nostra
fiducia che l’inflazione tornerà al target (sarà all’1,9% nel 2026, ndr) in modo tempestivo. Ne terremo conto nella nostra prossima riunione di politica monetaria di ottobre». La speranza è che stavolta lo facciano davvero.