L’Italia segue la strada Draghi sulle nuove tecnologie favorendone accesso e realizzazione. In quest’ottica, Amazon (con Aws) ha investito 1,2 miliardi per stabilire ed espandere l’infrastruttura e i servizi cloud nel Belpaese. Un accordo nato con il placet del ministero delle Imprese e del Made in Italy che consente al consiglio dei ministri di dichiarare di preminente interesse nazionale un programma di investimento estero in Italia di importo non inferiore a 1 miliardo. Di pari passo, nascerà un Commissario straordinario di governo, dotato di poteri di ordinanza anche in deroga alla normativa vigente, con il compito di rilasciare un’«autorizzazione unica»: aspetto indispensabile per l’esecuzione in tempi brevi delle opere legate alla realizzazione del programma che, nel caso specifico di Amazon Web Services, prevede la costruzione di nuove infrastrutture cloud nell’Area Metropolitana di Milano, a integrazione di quelle già esistenti avviate in Lombardia nell’aprile 2020.
«L’investimento di Aws consolida il ruolo dell’Italia come hub europeo d’innovazione ha commentato il ministro delle Imprese Adolfo Urso Oggi facciamo un ulteriore passo verso la sovranità digitale. Siamo a lavoro per creare in Italia l’infrastruttura necessaria a supportare la rivoluzione digitale e green: il governo c’è».
D’altra parte la competizione è altissima e l’Italia, con l’Europa, deve correre per non rimanere indietro rispetto agli Usa. Per (in foto) la sfida digitale rappresenta quindi un’occasione da non perdere per una Europa che puo dire la sua dopo i fallimenti nel settore auto e la supremazia asiatica su materie prime e chip.
Una mission dichiarata nel suo recente rapporto dove spiega come «l’approccio normativo dell’Ue nei confronti delle aziende tecnologiche ostacoli l’innovazione». Il motivo è semplice: «Molte norme dell’Ue adottano un approccio precauzionale, imponendo pratiche aziendali specifiche ex ante per prevenire potenziali rischi ex post». Il ritardo con cui talvolta intervengono appare quindi paradossale.
Una semplificazione che non deve prescindere dalla sicurezza del dato. Tanto che ieri il Garante della Privacy è intervenuto sull’accordo del gruppo Gedi, editore dei quotidiani La Stampa, la Repubblica e di altre pubblicazioni, con OpenAI: la società che ha lanciato ChatGpt. L’intesa prevede che OpenAI possa utilizzare i contenuti delle testate di Gedi per addestrare i suoi algoritmi di AI.
Ma il Garante dissente: «Gli archivi digitali dei giornali conservano le storie di milioni di persone, con informazioni, dettagli, dati personali estremamente delicati che non possono essere licenziati in uso a terzi per addestrare l’AI senza le dovute cautele».