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Cinque anni a Mr. Bio-on per i brevetti fantasma


La vicenda di Bio-on si è conclusa con una condanna a cinque anni e due mesi al fondatore Marco Astorri, la stessa inflitta al vice presidente Guido Cicognani. Il processo vedeva nove imputati, che si sono tradotti in otto condanne e un’assoluzione. Le accuse, a seconda dei casi, erano quelle di bancarotta fraudolenta impropria e per distrazione e tentato ricorso abusivo al credito.

Questo è il verdetto del processo di primo grado al Tribunale di Bologna, la Procura aveva chiesto dieci anni sia per Astorri che per Cicognani. La storia è iniziata a luglio del 2019, quando il fondo speculativo Quintessential (Qcm) – allora guidato da Gabriele Grego – pubblicava un report sulla società delle bioplastiche che prometteva di salvare il mondo dalla plastica con i suoi brevetti rivoluzionari. L’azienda era quotata sull’allora mercato Aim di Piazza Affari, quello riservato alle piccole e medie imprese più dinamiche, e aveva raggiunto la quotazione stellare di 1,4 miliardi di euro.

La denuncia di Qcm descriveva Bio-on come un «castello di carte», che includeva brevetti a registro per 5 milioni di euro, ma in alcuni casi sarebbero stati – come emerge dalle intercettazioni della Procura di Bologna – brevetti (una decina) che ancora non esistevano o che erano domande per ottenerli. La pubblicazione del report aveva portato al crollo del titolo, che aveva perso in un giorno il 70% del suo valore.

Astorri ha denunciato l’attività di Qcm alla Procura e alla Consob, con l’accusa di manipolare il mercato. Bio-on, poi fallita, è stata rilevata all’asta per 20 milioni dalla piemontese Maip, che ha poi chiamato a collaborare come consulente lo stesso Astorri. L’ex presidente continua a ritenere l’azione di Qcm un complotto. Ma, almeno secondo le dichiarazioni rese al processo dal funzionario Consob, Paolo Marchionni, sentito come teste nel giudizio penale pendente, il report di Qcm era stato valutato dall’autorità un’informativa al mercato perfettamente legittima. Più tardi, Grego dichiarerà di avere guadagnato dall’operazione un milione. L’ex presidente e fondatore di Bio-on a tutt’oggi accusa Qcm e ha mandato richieste di danni notevoli perfino ad almeno un consulente della comunicazione, al quale avrebbe chiesto complessivi 1,5 miliardi di euro. Secondo Astorri, e la sua difesa, l’azienda si sarebbe potuta salvare. Tuttavia, il Tribunale fallimentare di Bologna ha sottolineato che, già prima del report di Qcm, l’azienda avrebbe comunque avuto gravi problemi: tra cui 70 milioni di debiti in scadenza a fine 2019 e, in sostanza, «non era in grado di generare cassa, non riceveva pagamenti, non emetteva fatture». In un’intervista al Corriere edizione bolognese, il maggiore della Finanza Cataldo Sgarangella, che si è occupato delle indagini (cosa che aveva fatto anche per il famoso crac Parmalat), ha dichiarato che il report di Qcm non è stata la causa del crollo dell’azienda: «Bio-on non aveva liquidità, perché non incassava crediti vecchi di anni», ha dichiarato Sgarangella.

«Non si può pensare che la liquidità sia stata prosciugata in due mesi (ovvero dal report di Qcm, ndr). Fino a quando c’erano i proventi della quotazione e dei warrant è andata avanti poi non ce l’ha fatta e si è indebitata. Nessuno può andare avanti così».


Fonte: https://www.ilgiornale.it/taxonomy/term/40822/feed


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