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Alberto Stasi ammesso a un impiego esterno, da quattro mesi esce dal carcere per andare a lavorare



Alberto Stasi può lavorare fuori dal carcere: è la decisione emessa dal tribunale di sorveglianza, che da quattro mesi a questa parte ha concesso al 39enne – condannato in via definitiva per l’omicidio di Chiara Poggi – a lavorare in un’azienda esterna al penitenziario di Bollate. 

Alberto Stasi, che continua a professare la sua innocenza, ha raggiunto un accordo economico con la famiglia di Chiara. Il risarcimento per i Poggi doveva essere di un milione di euro, e 150mila di spese legali. L’accordo è stato fissato a 700mila euro, dei quali metà è già stata liquidata da Stasi. La restante parte arriverà con detrazioni mensili sugli stipendi del lavoro.

Alberto Stasi lavora fuori dal carcere

Da otto anni è in carcere per l’omicidio della fidanzata, Chiara Poggi, ma sono ormai quattro mesi che Alberto Stasi esce ogni giorno per andare a lavorare fuori dal penitenziario di Bollate, nel quale è attualmente recluso. Il 39enne, condannato in via definitiva a 16 anni per l’omicidio di Chiara Poggi, è stato ammesso dal Tribunale di sorveglianza di Milano al lavoro esterno.

Alberto Stasi si occupa di contabilità e amministrazione in un’azienda, ma deve seguire delle prescrizioni molto rigide per quanto riguarda spostamenti e itinerari. A dare la notizia del lavoro fuori dal carcere è il Corriere della Sera, che riporta la decisione finale dei giudici dopo un lungo iter, avviato proprio dai legali di Stasi. Inizialmente infatti la richiesta di un lavoro fuori dal carcere era stata rigettata dalla giudice, salvo poi essere accolta in seconda istanza. Il Tribunale ha dato invece l’ok, perché “confida che riattivare i contatti con l’esterno e gestire relazioni lavorative e personali possa favorire un più profondo scavo psicologico”.

L’omicidio di Chiara Poggi

Dal 2015 Alberto Stasi è detenuto nel carcere di Bollate, con l’accusa di aver ucciso la sua fidanzata, Chiara Poggi, il 13 agosto del 2007. Il 39enne continua a professarsi innocente, nonostante una condanna con sentenza definitiva. In una recente intervista a Le Iene, Stasi ha infatti parlato di “una cattiva gestione delle indagini” all’epoca dei fatti.

La mattina del 13 agosto del 2007 Chiara Poggi, studentessa 26enne, viene trovata morta nella villetta di famiglia a Garlasco, un piccolo comune in provincia di Pavia. Ad allertare l’ambulanza è proprio Alberto Stasi, che chiede l’intervento dei soccorsi. I sanitari giunti sul posto però non possono fare altro che constatare il decesso della vittima, trovata riversa sulle scale che portavano in cantina, in una pozza di sangue.

Le attenzioni degli inquirenti si concentrano immediatamente sul fidanzato di Chiara, tanto che – esattamente una settimana dopo il delitto – Alberto Stasi viene ufficialmente indagato. L’arresto scatta il 24 settembre di quello stesso anno, ma quattro giorni dopo l’indagato viene scarcerato per assenza di prove.

I primi due gradi di giudizio assolvono Alberto Stasi, ma la Corte di Cassazione ribalta completamente la sentenza, dichiarando l’imputato colpevole dell’omicidio di Chiara Poggi, escludendo l’aggravante della crudeltà.

Il 17 dicembre del 2014, Alberto Stasi viene condannato a 16 anni di carcere. Alla famiglia Poggi dovrà versare 700mila euro di danni, dei quali metà è già stata liquidata. La restante parte arriverà con detrazioni mensili sugli stipendi del lavoro.


Fonte: https://www.nanopress.it/s/cronaca/feed/


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